Tiziano Ferro: «Ecco il mio disco, canzone per canzone»

Il catante ci racconta in esclusiva e in prima persona «Il mestiere della vita», il suo nuovo strepitoso album

Tiziano Ferro
9 Dicembre 2016 alle 11:14

Dopo tanti anni di vita «a tappe», di decisioni ponderate e sconsiderate, ho tirato una linea.
Era il 2014 e per farlo scelsi di pubblicare una raccolta di brani significativi della mia carriera. Era la fine di un capitolo, ma davvero.
Avevo terminato il mio contratto discografico, sentivo di aver detto tutto quello che volevo dire, provavo la sensazione di chi esce da una casa nella quale ha vissuto per anni. Forse malinconico, ma curioso di sapere cosa sarebbe successo da quella casa in poi.
E mi sono chiesto: adesso come si scrive un disco nuovo?

Ho vissuto una vita insolita, diversa da quella di quasi tutti i miei coetanei, una vita quasi quasi surreale ma quello che ho provato - i sentimenti - è stato sempre fin troppo concreto.
Le emozioni, i ricordi, i dolori,
i distacchi. Non importa dove vai o cosa fai, quelli ce li abbiamo tutti in comune.
E quindi sono partito alla volta della California.
A cercare qualcosa di completamente diverso dagli ultimi dischi, quasi tutti registrati in presa diretta.
Un vita in diretta, sempre al centro, osservato ed enormemente esposto nonostante avessi provato a fare di tutto per continuare ad avere degli spazi di vita sempre e solo miei.
Ho abbracciato questa vita in diretta, l’ho accettata, direi anche amata.
Di certo celebrata.

L’unico vero obbligo che sento di avere come lavoratore: che la penna racconti sempre la verità.
Piano piano o ad alta voce. Ogni giorno la mia verità come un artigiano paziente.
Senza temere le imperfezioni, le crepe, le asperità, la fragilità.
Anzi questo è un disco che esalta la debolezza e la tramuta in super-potere.
Un disco scritto in due anni, senza fretta: le canzoni sono uscite fuori e pur non volendo sono diventati molti i richiami ai miei primi due dischi.
Ma non perché avevo bisogno di ripetermi, tantomeno perché avevo paura di osare. Semplicemente perché chi sceglie la verità come tema centrale del suo «scritto» conosce solo una versione delle cose, dei fatti, una sola versione di se stesso.
E quindi eccomi, in cammino verso i 40 anni con tanto del 20enne degli esordi.
E cosa c’è di male ad ammetterlo?
Ho dovuto riascoltarlo molto questo disco perché lo svantaggio delle canzoni scritte nel «flusso di coscienza» è che a volte nel tempo ti sorprendono, tornano e quasi non le riconosci.
Alcune volte ti rimproverano pure.

EPIC è l’introduzione del disco, e ho voluto mettere subito le cose in chiaro. Una batteria, sullo sfondo, detta un ritmo quasi militare: «Ora voglio un’altra vita, ora voglio stare meglio» canta lui. «Fine primo capitolo».
Il pezzo che riassume bene il sapore di questo disco secondo me è  «SOLO» È SOLO UNA PAROLA.
Un beat «west coast», duro. Melodia r&b e testo cantautorale. A esplorare il mondo interiore: «Il cuore è andato in guerra, ma vita non l’ho persa / è andato, è tornato ed è sgomento ciò che resta / Nutrito dai ricordi e dalle immagini che furono / fu tanto tanto amore, entri l’odio: ora è il suo turno». Ed ecco che capisco cos’è il mestiere della vita. Presentarsi ogni giorno al giorno nuovo, così come si è.
È un disco urbano, nei suoni e nelle storie. Le ballate sono principalmente due, POTREMMO RITORNARE e IL MESTIERE DELLA VITA e segnano il punto di congiunzione col recente passato.
Poi c’è IL CONFORTO, sempre una ballata ma dalla produzione atipica, elettronica, priva di elementi acustici nel corpo di arrangiamento e in totale contrasto con la scrittura minimalista, totalmente cantautorale, votata all’impegno della descrizione del mondo interiore.
E il canto segue queste direttive. La voce è a servizio del testo senza esagerazioni. E Carmen Consoli mi segue come se avessimo cantato insieme per dieci anni: la sintonia è stata immediata e meravigliosa.
LENTO/VELOCE è un esperimento folle, una sorta di ibrido.
Un brano dal beat urbano estremamente hip hop che incrocia, negli incisi, aperture di pop elettronico moderno.
Quasi una follia, non penso sia mai stato creato un pezzo bi-genere.
L’idea nacque di base a me, giocando con il brano appena scritto a quattro mani con Emanuele Dabbono. Sentivo che la melodia e il messaggio erano giusti, onesti, forti nella loro semplicità ma ci tenevo al fatto che questa semplicità non sembrasse «facilità». E allora mi sono detto: stravolgiamo tutto, creiamo un brano bipolare!
VALORE ASSOLUTO è una pura dichiarazione d’amore. «Se piovessero dal cielo tutti i cuori del mondo, io raccoglierei il tuo soltanto». È una canzone che mi piace lasciar parlare da sola.
LA TUA VITA INTERA è una «ballad» sporcata di elettronica, un grido di dolore e di speranza al rallentatore: «E stringimi adesso e il peggio poi passerà. Ciò che ci lega è l’amore, nego la tregua. Ora pretendo una guerra, la vita intera, voglio la tua vita intera».
Ho fatto fatica a cantarla, spesso mi commuovevo. Spesso avevo voglia di fermarmi.
Come nella vita, come prima di riuscire a scrivere questo.
Forse perché volevo che lui «scrivesse» me, forse perché dopo più di 15 anni di carriera mi sento ancora al punto di partenza.
E la cosa mi emoziona, mi mette in difficoltà, mi dà speranza.
Mi dà forza.
E a volte mi fa sentire piccolo.
Anche questo può succedere a un mestierante della vita!

Tiziano Ferro racconta «Il mestiere della vita»

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