Tony Hadley, un disco di Natale «made in Italy», l’intervista

Il cantante degli Spandau Ballet racconta a Sorrisi «The Christmas Album», in uscita il 27 novembre

Tony Hadley
19 Novembre 2015 alle 12:45

Si intitola «The Christmas Album», ma il nuovo disco di Tony Hadley non è la tradizionale raccolta di canzoni da ascoltare sotto l'albero. «Questo è il mio regalo al pubblico italiano» rivela a Sorrisi il cantante degli Spandau Ballet. «L'ho inciso a Milano con il produttore  Claudio Guidetti, e fin dall'inizio abbiamo deciso di evitare i cliché». 

Come?
«Evitando di proporre le solite canzoni con la solita orchestra. Qualche classico come ?White Christmas?  c'è, ma prevalgono brani meno conosciuti, alcuni dei quali non propriamente natalizi».

Per esempio? 
«?Somewhere only we know?  dei Keane e ?Stay another day?  degli East 17. Li ho scelti perché hanno comunque un testo e una melodia che contribuiscono a creare l'atmosfera natalizia. E come primo singolo ho scelto un brano rock, ?Shake up Christmas? dei Train (in radio dal 20 novembre, ndr)».

C'è anche un duetto con Nina Zilli. Com'è nata questa collaborazione? 
«Nina ha una voce fantastica, unica, e la sua pronuncia inglese è ottima. L'idea del duetto è venuta a Claudio. Abbiamo scelto ?Fairytale of New York?  dei Pogues e Kirsty MacColl, che secondo un recente sondaggio è la canzone natalizia più amata in Gran Bretagna. L'abbiamo resa meno irlandese e più country».

Manca però una canzone in italiano...
«Ci avevamo pensato, ma avrei avuto bisogno di più tempo per perfezionare la pronuncia».

Eppure lei passa molto tempo in Italia. Nel 2014 è stato anche concorrente nel talent «La pista» di Raiuno condotto da Flavio Insinna. 
«È vero, comunque con la vostra lingua me la cavo. Il problema è che in qualunque Paese io vada, tutti intorno a me parlano inglese. E questo un po' mi impigrisce. Prometto però che mi impegnerò».

Lei ha inciso queste canzoni natalizie alla fine dell'estate. È riuscito ugualmente a sentire lo spirito delle feste in sala d'incisione?
«Tutti registrano gli album di Natale in primavera o in estate, e c'è chi addirittura fa raffreddare lo studio e canta in pelliccia. A me è bastato concentrarmi sui testi delle canzoni e lasciarmi trascinare dal loro significato».  

Che ricordo ha di «Do they know it's Christmas?»,  la canzone di beneficenza che 31 anni fa diede il via a una gara di solidarietà a favore dell'Etiopia stremata dalla carestia? 
«Mi ricordo che la sera prima eravamo in Germania con i Duran Duran.  Abbiamo bevuto fino alle prime ore del mattino e poi siamo volati a Londra, noi Spandau sul nostro jet privato, i Duran sul loro. Quando siamo arrivati allo studio eravamo impresentabili. Ci siamo lavati nel bagno dello studio e pettinati alla meglio per apparire decenti. C'erano gli U2, George Michael e tutte le più grandi star degli Anni 80. Io ho dovuto cantare per primo». 

Nel suo futuro ci sono ancora gli Spandau Ballet?
«Dopo la conclusione del world tour a Hong Kong, lo scorso agosto,  ci siamo presi una pausa. Io adesso andrò per la mia strada per almeno un paio d'anni. Oltre al disco di Natale, ho gia pronto un album di inediti che uscirà in primavera. Ho anche uno show radiofonico e la mia birra a cui pensare». 

La sua voce è splendida oggi come 30 anni fa, Com'è possibile?
«Mi esercito sempre, non smetto mai di cantare, e prima di ogni concerto riscaldo la voce cantando ?Nessun dorma?. Non fumo, dormo molto e soprattutto non esco mai a bere dopo un concerto. Per la voce è la cosa peggiore».

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