X Factor, l’EP dei Melancholia è “What are you afraid of?”

«Ci sono tanti universi diversi ed è bello intraprendere questo viaggio» ci dice Benedetta, la cantante della band umbra, in questa intervista

Melancholia  Credit: © Ufficio Stampa
4 Dicembre 2020 alle 12:33

«Ho detto più di una volta che non so parlare, è meglio che canti. L'unica cosa che posso dire è: ascoltatelo bene, leggete anche i testi, perché sono molto importanti e lasciatevi trasportare da quello che è, perché sono tanti universi diversi ed è bello intraprendere questo tipo di viaggio. Dentro c'è così tanto cuore, c'è così tanta anima, così tanto stomaco, che c'è bisogno di ascoltarlo non solo con le orecchie» così ci ha detto Benedetta, la cantante dei Melancholia, la band umbra che da X Factor è pronta per conquistare l'Italia, e l'Europa. 

Benedetta, insieme a Fabio e Filippo, ha infiammato il palco dell'ultima edizione di X Factor, con la benedizione di Manuel Agnelli e ora esce "What Are You Afraid Of?", il loro EP d'esordio. Nove tracce, tra cui i due singoli "Léon" e "Alone", che racchiudo tutti gli standard musicali a cui ci hanno abituato nelle puntate del talent: sonorità cupe tra un crossover di suoni rap, elettronici e nu metal. Ma non vogliamo anticiparvi nulla, prepariamoci ad ascoltarle e viverle, per intreprendere un viaggio emozionale nelle menti dei tre membri della band e, perché no, nelle nostre. 

Prima le presentazioni: chi erano i Melancholia prima di X Factor e chi sono i Melancholia oggi?
«I Melancholia prima di X Factor erano tre tizi che tentavano in tutti i modi di farsi strada all'interno delle loro menti, lavorando su loro stessi, ma soprattutto nel mondo della musica. Quindi abbiamo preso l'occasione per crescere e farci conoscere. Oggi, in realtà, siamo le stesse tre persone disturbate di circa due mesi fa, ma con tante novità e tante possibilità davanti. Siamo cresciuti personalmente e grazie a questa esperienza siamo maturati anche artisticamente, ma siamo ancora quei tre strani tipi, oscuri figuri di sempre».

Visto il vostro genere musicale, com'è nata la decisione di partecipare a un programma del genere?
«Eravamo in una situazione in cui, nel tuo piccolo, hai fatto tutto quello che potevi fare per farti conoscere, ma non sei riuscito ad andare avanti per vari motivi. Tra le opzioni c'era anche la proposta di un talent come X Factor a cui non puoi non dire di no. Perché se vuoi fare musica, devi per forza metterti davanti una vetrina così grande, con i tutti i rischi e i pericoli. Ci siamo semplicemente messi in gioco e abbiamo scelto di fare questo percorso che ci ha dato tutto quello che poteva darci e a cui noi abbiamo dato quasi tutto quello che potevamo dare».

Raccontaci il vostro EP "What are you afraid of?"
«È composto da 9 tracce e, in realtà, è nato cinque anni fa. È un progetto che racchiude tutto il percorso della nostra crescita artistica e personale, anche all'interno dello studio in cui abbiamo lavorato (l'Urban Recording Studio di Perugia). È un viaggio in questi cinque anni di vita all'interno di noi stessi e delle nostre menti. Il titolo è "What are you afraid of?" perché ogni traccia parla di una paura, parla di un senso di stress, un senso di incompiutezza che ogni si porta dentro».

Contiene molte e varie contaminazioni sonore, dalla Dub al Funk, e perfino melodie arabeggianti ed esotiche. Quali sono le vostre principali inlfuenze?
«Sicuramente all'interno di X Factor ci siamo dovuti canalizzare verso una proposta sonora che avesse tanta botta, perché comunque sei in tv e devi dare spettacolo. Quindi abbiamo scelto di produrre dei pezzi che facessero molto clamore, che facessero uscire tanto di noi e della nostra musica. Nell'album, invece, ci sono tante variegate possibilità sonore, strade musicali che abbiamo preso in questi cinque anni che definiscono il nostro sound. Quindi quello che hai sentito è tutto ciò che noi ascoltiamo, è la commistione di tutte le nostre influenze musicali».


Il titolo dell'EP è "What are you afraid of?": e voi di cosa avete paura?
«Quello che ci spaventa personalmente e quello che ci spaventa artisticamente sono un po' la stessa cosa: viviamo un sacco di ansie e di insicurezze, siamo tre persone che difficilmente si espongono, per paura anche del confronto con gli altri. Ma tramite la nostra musica cerchiamo di uscire dai nostri corpi, dai nostri caratteri e portare fuori esattamente quello che siamo. La nostra paura più grande forse è l'accettazione, sia da un punto di vista personale che da un punto di vista professionale».

VE vi siete sentiti accettati dal pubblico? 
«Abbiamo notato molto amore dall'esterno. Per quest'anno a X Factor ci è stato permesso di avere il telefono e di gestire i social, quindi abbiamo potuto vedere, di settimana in settimana, cosa accadeva col pubblico – io in realtà mi distacco sempre un po', è Fabio quello che segue di più i social. Abbiamo visto che tante persone ci capiscono, si sentono vicine a noi e per noi è un privilegio. Quando le persone hanno cominciato a scriverci dopo l'esibizione di "Alone" all'Hot Factor, io sono stata due giorni a piangere, perché mi è arrivato tanto amore e tanta comprensione».

Progetti per il futuro? E, tra questi, c'è anche l'estero?
«Sicuramente progetteremo, quando si potrà, un tour, perché vogliamo suonare, suonare, suonare... In questo tempo in cui non possiamo, vogliamo continuare a scrivere per far uscire altro il più presto possibile. Per quanto riguarda l'estero: penso che sia uno sviluppo possibile, dopo aver gettato bene le basi qui in Italia. Quindi speriamo e con tutto il nostro cuore di riuscire in qualche modo a scavalcare il pregiudizio per il quale le band che fanno musica in inglese in Italia non funzionano. Poi arrivare anche in Europa e magari, senza esagerare, nel mondo, ma sicuramente almeno in Europa. Sono tutte sfide che vogliamo giocare, è una responsabilità grande che vogliamo prenderci».

Hai mai pensato di cantare in italiano?
«In realtà no. Il nostro genere e la nostra musicalità sono fondati su un concetto di musica che non è italiana e la nostra paura è che scrivendo in italiano tutto questo si snaturi. Ovviamente siamo aperti a mille possibilità, a un totale cambio di genere come a un totale cambio di lingua, però per ora quello che vogliamo fare è restare così come siamo».

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