Colonna della storica band italiana e considerato uno dei migliori chitarristi in Italia e nel mondo

Ci salutiamo affettuosamente e prima di iniziare la nostra chiacchierata gli ricordo che nell’ultima intervista mi aveva sorpreso la sua umiltà. «È sempre convinto che lei sia solo il più grande chitarrista dei Pooh?» gli domando intimidita. «No, assolutamente no. Sono il più grande chitarrista del condominio…». Signori, questo è Dodi Battaglia, colonna della storica band italiana e considerato uno dei migliori chitarristi in Italia e nel mondo. Gentile, riservato e con una gran voglia di fare.
Durante l’incontro, risponde come un fiume in piena alle domande sui prossimi impegni e sui figli. Abbassa lo sguardo e gli si inumidiscono gli occhi quando l’argomento scivola sulla moglie Paola Toeschi, grande amore della sua vita, scomparsa a settembre. Sul tavolo, il suo ultimo libro: “Le mie 60 compagne di viaggio”, ristampato più volte. «Riparto proprio da qui» mi dice Dodi.
Si rimette in pista con la scrittura?
«Il successo editoriale di questo libro mi ha spinto a progettare uno spettacolo teatrale. Si tratta di un dialogo aperto con ciascuna delle mie chitarre in cui racconto una storia. Durante il recital parlerò con i miei strumenti e dirò: “Ti ricordi quante lacrime ho versato quando Riccardo è uscito dal gruppo?”. Oppure prendendo quella con cui ho suonato a Sanremo del 1990 esclamerò: “Ricordi come vibravano le mie dita su quel palco?”. Non mancherà la frase e il ricordo con la chitarra che stringevo tra le mie braccia quando Stefano D’Orazio decise di lasciare la band. È un progetto a cui tengo molto, insieme a un altro…».
Ci racconti tutto…
«Covid permettendo, in primavera riprenderò il tour teatrale “Perle - Mondi senza età” partendo da Milano, Verona e Brescia. Non vedo l’ora. Stiamo valutando la possibilità di toccare anche molte altre città».
Nel privato il periodo che si lascia alle spalle non è stato facile…
«Sono in una fase di ripresa dopo la morte di Paola, un’esperienza che mi ha svuotato. Lei era una donna speciale. Aveva 18 anni meno di me e le dicevo sempre che, tra i due, il vecchietto ero io… Negli anni in cui è stata malata, Paola è riuscita a creare una famiglia meravigliosa e ha fatto un ottimo lavoro con mia figlia Sofia che, qualche settimana fa, ha compiuto 16 anni».
“La mia donna”, come cantava nei Pooh, ora è sua figlia Sofia?
«È una ragazza che mi riempie di coccole e sorrisi. Ci stiamo riorganizzando la vita a casa. Lei è in gamba. Mi dà mille soddisfazioni. A scuola prende voti alti, ha tante amiche. Non mi lascia mai. Per fortuna non mi sento solo avendo quattro figli, anche se due di loro vivono in America».
Domanda di rito. Le mancano i Pooh?
«Spesso sogno di stare in camerino con i miei colleghi a parlare di impegni o a scherzare. Non avrei mai sciolto i Pooh perché ci sono entrato a 17 anni da fan, quindi può immaginare… Ho proposto più volte una reunion a una condizione: che il ricavato di un ipotetico evento vada tutto in beneficenza per la ricerca sul cancro o per i malati di Covid».
Come immagina il suo futuro?
«Lo immagino vivo dal punto di vista professionale e ricco di affetti. E mi riferisco ai miei figli. Sofia ha intenzione di studiare in America e sono sicuro che anche io, per due mesi all’anno, vivrei lì».
Il suo sogno?
«Ne ho due: a maggio Eric Clapton terrà un concerto a Bologna e io desidero suonare con lui. Chiederò al mio amico Zucchero che lo conosce bene (sorride). E poi sogno di fare qualche pezzo con i Måneskin».