Fenomeno Tananai, tra musica e videogiochi

Al Festival è arrivato ultimo, ma ne ha fatto un vanto. E grazie alla sua simpatia ora lo invitano spesso in tv

Tananai: il suo vero nome è Alberto Cotta Ramusino. Arriva da Cologno Monzese (MI)
10 Marzo 2022 alle 08:34

Lui è un ragazzo con il cervello che va veloce, velocissimo. E poco importa se al Festival di Sanremo con la sua “Sesso occasionale” sia arrivato ultimo. Anzi, ne ha fatto quasi un punto di orgoglio, grazie a un video diventato virale in cui dopo la finale esultava come se avesse vinto. Da lì in avanti per Tananai è iniziata una piccola favola: concerti, inviti in televisione, milioni di ascolti su Spotify, persino l’attivazione di un numero di telefono (il 388.47.07.114) dove ascoltare alcuni suoi messaggi. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono e il singolo è già stato certificato disco d'oro.

Ti aspettavi un successo così?
«No, per niente. In realtà non avevo sul serio delle aspettative. Sono andato al Festival con molta incoscienza, volevo solamente godermi quel momento. Invece adesso la gente va persino a riscoprire le mie vecchie canzoni... Forse è proprio quest’ultima cosa il vero successo».

Quindi a Sanremo si può vincere anche senza vincere.
«Il pubblico si è accorto che ero un ragazzo andato lì a fare una cosa più grande di lui e lo scopriva trovandocisi dentro. Mi basta questo».

Com’è nata l’idea del video in cui festeggiavi l’ultimo posto?
«Qualcuno mi ha detto: “Neanche 20 agenzie di comunicazione ci avrebbero pensato”. La verità è che la sera della finale c’erano con me i miei amici e quello era solo un modo per riderci su. Ti dirò di più: dopo la prima classifica ero penultimo e scherzando con il mio staff ho detto: “Dobbiamo impegnarci per farci superare da Ana Mena”, che era ultima. Ne ho fatto un punto di onore (ride)».

I tuoi concerti di Milano (16 maggio, al Fabrique) e di Roma (il 18 maggio all’Atlantique) hanno fatto il tutto esaurito in pochissime ore. E hai dovuto aggiungere altre date…
«Secondo me la cosa che determina un successo nell’arco del tempo è quanto riesci a suonare in giro. Oggi pensare di riempire posti come il Fabrique o il TuscanyHall è folle! Il mio minitour del 2020 era saltato per via del Covid, mentre ora abbiamo anche date a Torino (il 13 maggio al Teatro della Concordia a Venaria Reale), Firenze (20 maggio, al Tuscany Hall) e di nuovo a Milano (il 23 maggio ancora al Fabrique). La considero come una storia di riscatto: per me e per gli amici musicisti che mi accompagnano e da anni hanno investito nel progetto Tananai».

Il tuo primo concerto?
«A Perugia, qualche anno fa, in un pub. Praticamente c’erano sette persone che erano lì per bere, non per noi. C’era una coppia che mi guardava indispettita mentre cantavo: stavo dando loro un fastidio tremendo (ride)».

Andiamo ancora più indietro nel tempo. Tu hai cominciato a fare musica ad appena 14 anni: raccontaci come è successo.
«Un giorno avevo finito tutti i videogiochi a disposizione e scaricai un programma per produrre musica. Ma solo per curiosità. Già strimpellavo un po’ la chitarra e il pianoforte, ma mi si aprì un mondo. Così ho iniziato a studiare, tutte le notti, quel programma. Arrivato all’Università ho prodotto il mio primo album, di musica elettronica, con lo pseudonimo di “Not for us”».

E poi?
«Mi sono reso conto che mancava una parte di me, perché quei brani erano cantati da altri. Allora ho preso il microfono, ho iniziato a cantare e a scrivere per me stesso: in quell’istante è nato Tananai (ossia “piccola peste”, nomignolo che gli aveva dato suo nonno, ndr)».

Tra i tuoi fan ci sono Fedez, con cui hai collaborato nel brano “La madre degli altri”, e Jovanotti con cui hai fatto il remix della sua canzone “Il boom”.
«Dopo la mia prima esibizione al Festival, Jovanotti mi ha mandato un messaggio per dirmi che il pezzo funzionava tantissimo e che anche lui a inizio carriera aveva ricevuto un sacco di critiche. Non ci potevo credere».

Oltre alla musica, Tananai cosa fai?
«Vado al supermercato a fare la spesa (ride) e amo fermarmi a chiacchierare con chi mi riconosce. Seguo l’Inter, la mia squadra del cuore e poi… ci sono i videogiochi. E su quelli devo stare attento, perché se ci sto troppo attaccato finisce che non esco più di casa (ride)».

E la televisione?
«Mi piace andarci quando mi invitano. È divertente, ma la musica avrà sempre la precedenza».

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