Le grandi star della canzone italiana snobbano in massa il Festival. La qualità dei brani non ne risente ma i risultati di vendite del 1964 non si ripetono. Vince Bobby Solo
Gli straordinari risultati dell’edizione precedente (sei milioni di dischi venduti, uno e mezzo solo per « Una lacrima sul viso» di Bobby Solo) convincono l’Azienda Turistico Alberghiera e Gianni Ravera a riproporre nel 1965 la stessa formula. Vengono dunque selezionate 24 canzoni, 12 delle quali (le più votate nelle prime due sere) accedono all’ultima serata. Come nel ’64 non è prevista una classifica: dopo la vincente, tutte le altri canzoni finaliste sono considerate seconde a pari merito. Confermata la presenza di una sola orchestra a dirigere la quale si avvicendano 16 direttori. Tra gli altri, Augusto Martelli (e suo padre Giordano Bruno), Enrico Intra, Franco Pisano, Gianfranco Reverberi, Franco Monaldi, Riccardo Vantellini ed Enrico Simonetti. Per il secondo anno consecutivo ognuna delle 24 canzoni in gara viene cantata anche da un artista internazionale. Tuttavia, la pattuglia straniera del 1965 non è all’altezza della precedente. Colpa anche del boicottaggio della RCA. L’etichetta romana avrebbe voluto iscrivere cinque canzoni ma il regolamento prevede un tetto di tre brani per casa discografica. In segno di protesta, la RCA rinuncia al Festival privandolo così della presenza di artisti come Paul Anka, Neil Sedaka e Dalida. Arrivano invece Dusty Springfield, Kiki Dee, Petula Clark, Gene Pitney e Connie Francis. A indebolire il cast contribuiscono anche l’assenza di Claudio Villa e Domenico Modugno, esclusi perché le loro canzoni (rispettivamente «La bandiera dell’amore» e « Un pagliaccio in Paradiso») non sono ritenute adatte alla manifestazione. Intanto, i divi della canzone come Rita Pavone, Mina, Adriano Celentano e Gianni Morandi continuano a snobbare il Festival proprio mentre si affermano nuove rassegne canore come il Festival delle Rose. In compenso, tornano a Sanremo Milva, Pino Donaggio e i protagonisti del ’64, Bobby Solo e Gigliola Cinquetti, mentre si affacciano al Casinò per la prima volta Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Bruno Lauzi (militare di leva in licenza), Fred Bongusto (reduce dal successo estivo di « Una rotonda sul mare»), Nicola di Bari e i vincitori di Castrocaro, Franco Tozzi e Vittorio Inzaina.
L’assenza dei divi viene apprezzata da Sorrisi: « Certe manifestazioni di divismo vecchia maniera conferivano all’avvenimento sanremese un’impronta un po’ paesana e dilettantistica. La figura dei “reucci”, degli “idoli a tutti i costi”, è ormai definitivamente scomparsa dal palcoscenico del Casinò Municipale, dove ormai i cantanti vengono apprezzati più per quel che valgono anziché per il nome più o meno illustre che portano. Anzi, come dimostra l’esempio della cantante “oriunda” Timi Yuro, la semplicità e l’umanità riescono ormai a far colpo più dei cappellini stravaganti o delle sontuose pellicce di visone». Timi Yuro, all’anagrafe Rosa Maria Timoteo Iuro, è un’italoamericana di origini molisane, nata a Chicago e famosa per la canzone « Hurt» (« A chi» in italiano). Giunta a Sanremo con la madre, impressiona tutti con la sua estensione vocale e il suo accento anglo-molisano. Tuttavia nessuna delle sue canzoni (« Ti credo» con Peppino Gagliardi, « E poi verrà l’autunno» con Don Miko) arriva in finale.
Nelle prime due serate raccoglie consensi « Io che non vivo (senza te)» di Pino Donaggio, brano che ha tutto ciò che serve per diventare un successo internazionale, ma alla fine trionfa « Se piangi se ridi» di Bobby Solo e i New Christy Minstrels, a conferma di una regola non scritta, quella del debito che il Festival paga ai vincitori morali dell’anno precedente. A questo proposito Antonio Lubrano scrive su Sorrisi: « Vince Bobby Solo con un motivo più costruito di “Una lacrima sul viso”, piacevole certo ma senza dubbio meno penetrante del precedente. Rischia di diventare una legge: come se il pubblico dicesse al cantante che poi ha comprato: “Scusa se l’anno scorso ti abbiamo trattato male”».
La vittoria di « Se piangi, se ridi» conferma il talento di un giovane paroliere, Mogol (Giulio Rapetti all’anagrafe), già autore di «Al di là» e «Uno per tutte», canzoni vincitrici rispettivamente nel ’61 e nel ’63. Era sua anche « Una lacrima sul viso», la vincitrice morale del ’64, ma l’eccezionale risultato di vendite di quella canzone non si ripete. Oltre a « Se piangi, se ridi» arrivano al primo posto in Hit Parade anche « Le colline sono in fiore» nella versione dei New Christy Minstrels e « Io che non vivo (senza te)», che lancia la stella di Pino Donaggio a livello internazionale. Il brano entra nelle classifiche inglesi (nella versione di Jody Miller) e viene inciso anche da Elvis Presley e da Dusty Springfield.
Due mesi dopo la conclusione di Sanremo 1965, a Napoli va in scena l’Eurofestival, organizzato dall’Italia in quanto nazione vincitrice dell’edizione precedente. Bobby Solo però non riesce a bissare il successo di « Non ho l’età (per amarti)» e si piazza al quinto posto con « Se piangi, se ridi». Il secondo trionfo italiano, quello di Toto Cutugno con « Insieme: 1992», arriverà nel ’90.