In finale trionfa Claudio Villa con Iva Zanicchi davanti ad Annarita Spinaci (« Quando dico che ti amo») e ai Giganti (« Proposta»)
Èannunciata come la più ricca nella storia del Festival ma l’edizione del 1967 finirà per essere ricordata soprattutto come il Sanremo della tragedia. In cartellone ci sono 58 cantanti (record assoluto e mai più eguagliato in 60 anni di Festival) e 30 canzoni di cui solo 14 sono ammesse alla finale di sabato. Per il quinto anno consecutivo presenta Mike Bongiorno affiancato questa volta da Renata Mauro, soubrette televisiva reduce da una fortunata partecipazione come cantante al Festival di Napoli del 1966. Dopo 16 anni, il palcoscenico del Festival si allarga: i solisti continuano a esibirsi al Salone delle feste mentre i complessi vanno in scena al Teatro dell’Opera, sempre all’interno del Casinò municipale. Il sistema di voto non cambia e la sua trasparenza viene messa in discussione anche sulle pagine di Sorrisi: « Il criterio di scelta delle sedi di giuria, i nomi dei notai, il meccanismo di trasmissione delle votazioni si prestano per lo meno a qualche interrogativo. Fino a qual punto è rigoroso il sistema di controllo? Chi assicura che le giurie vengano davvero prescelte all’ultimo momento, e perché soprattutto i verbali di votazione non vengono resi pubblici?
Il gruppo dei veterani conta 25 artisti. C’è Claudio Villa che insegue la quarta vittoria (e il record di Modugno) con « Non pensare a me», brano ispirato a « Strangers In The Night» di Frank Sinatra. Al reuccio è abbinata Iva Zanicchi, giunta a Sanremo con una fastidiosa faringite che rischia di metterla ko. Caterina Caselli, invece, torna al Festival da favorita dopo che la sua « Nessuno mi può giudicare» si è rivelata la vincitrice morale dell’edizione precedente. Presenta « Il cammino di ogni speranza» assieme ai divi americani Sonny & Cher. Gli altri habitué sono Domenico Modugno, Bobby Solo, Ornella Vanoni, Johnny Dorelli, Milva, Betty Curtis, Pino Donaggio, Little Tony e Giorgio Gaber. Fra i debuttanti italiani ci sono talenti sul punto di spiccare il volo verso una brillante carriera. Come il calabrese Mino Reitano, in gara con « Non prego per me», scritta da Mogol con un certo Lucio Battisti, chitarrista e autore già molto stimato dagli addetti ai lavori. Si affacciano per la prima volta al Salone delle feste anche Peppino di Capri, Memo Remigi e I Giganti.
Tra gli artisti che si esibiscono nel corso della prima serata c’è Luigi Tenco, 29enne cantautore della scuola genovese. In otto anni di carriera si è fatto apprezzare per splendide canzoni intimiste come « Mi sono innamorato di te», « Lontano lontano», « Angela» e « Un giorno dopo l’altro». In gara con « Ciao amore ciao», un brano sul tema dell’emigrazione, Tenco viene bocciato dalle giurie classificandosi al dodicesimo posto. Nemmeno la commissione di ripescaggio salva la sua canzone preferendogli « La rivoluzione» di Gianni Pettenati e Gene Pitney. Dopo l’eliminazione, Tenco rientra nella sua stanza all’Hotel Savoy. Poche ore dopo Dalida, l’artista francese a cui è stata affidata la seconda esecuzione di « Ciao amore ciao», lo trova morto. A ucciderlo è stato un colpo di pistola. Vicino al corpo c'è un biglietto su cui è scritto: « Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro), ma come atto di protesta contro una giuria che manda in finale “Io tu e le rose” e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi». Da subito la tesi del suicidio viene messa in discussione, soprattutto dal giornalista televisivo Sandro Ciotti, ma tutte le indagini successive confermeranno che Tenco si è tolto la vita. A caldo l'inviato di Sorrisi scrive: « È ancora difficile dire se Luigi Tenco sia stato la vittima occasionale di un delirio d'esaltazione e piuttosto di una nevrosi più profonda. O se sia stato l'alcool a indebolire i freni inibitori di questo ragazzo che godeva fama di irrequieto e di ribelle, ma che forse era soltanto terribilmente solo. Nell'un caso come nell'altro, Luigi Tenco non aveva i numeri per tenersi a galla in un mondo che può anche apparire ai profani tutto cornici dorate, ma che è regolato in effetti da leggi spietate di rivalità personale e concorrenza commerciale e industriale». Lo stesso mondo che all'indomani della tragedia si sforza di comportarsi come se niente sia accaduto o quasi.
In apertura della seconda serata, Mike Bongiorno così accenna alla tragedia: « Questa seconda serata comincia con una nota di mestizia per il lutto che ha colpito il mondo della musica leggera, con la scomparsa di un suo valido esponente». Poche ore dopo le giurie bocciano Milva, Bobby Solo, Caterina Caselli e Domenico Modugno. In finale trionfa Claudio Villa con Iva Zanicchi davanti ad Annarita Spinaci (« Quando dico che ti amo») e ai Giganti (« Proposta»). Ma sono altre le canzoni che entreranno nella storia della musica leggera italiana: « Cuore matto» di Little Tony e « L'immensità» di Don Backy e Johnny Dorelli.