Gianni Morandi: «Il miglior rimedio è sempre l’allegria»

Il grande cantante ci regala tanta spensieratezza: «Mettervi di buonumore è la mia missione»

Gianni Morandi  Credit: © Michele Lugaresi
5 Agosto 2021 alle 09:11

Gianni Morandi è il nostro uomo da copertina. Niente preamboli, entriamo subito nel vivo: la canzone che Jovanotti ha scritto per lui è una bomba. E quando Gianni la intona, “spacca”.

“L’allegria” è il brano che serviva in questo momento?
«Sono convinto di sì, perché c’è voglia di leggerezza. Jovanotti a giugno mi ha telefonato dicendomi: “Ho un pezzo bomba. Potrei farlo io, ma sarebbe il solito pezzo di Jovanotti. È perfetto per te, perché se lo fai tu assume tutto un altro significato”. Così sono andato a Milano con Anna (Dan, la moglie, ndr) per lavorarci su. C’era già l’arrangiamento per la versione cantata da Lorenzo (Cherubini, ovvero Jovanotti, ndr), ma poi è venuta fuori la mia, prodotta da Rick Rubin che è bravissimo, ha lavorato con Eminem, con gli U2, con Johnny Cash…».

Jovanotti l’ha definito «il pezzo del millennio».
«Non è un pezzo facile da interpretare. Ci sono salti complessi, un ritmo incalzante, degli scioglilingua. Ma alla fine ha convinto anche me: mi ha aiutato a guarire. La musica è la “spinta” per reagire e andare avanti».

Che tipo di sentimenti la legano a Lorenzo?
«È una persona super positiva, mi sento molto vicino a lui. Da sempre, da quando cantava “Penso positivo” o “Ragazzo fortunato”. La prima volta che ho sentito parlare di lui era il 1988 e io ero in tour con Lucio Dalla. Jovanotti era primo in classifica, ma Lucio pensava che non sarebbe durato a lungo: “Sarà uno dei soliti che lancia Claudio Cecchetto” mi diceva».

E invece…
«Io mi ci ritrovo, nei suoi messaggi positivi. Anch’io sono così, fin dai tempi di “Un mondo d’amore” e “Uno su mille”: non sono un piagnone, anche se ho cantato cose come “Non son degno di te, non ti merito più” (ride). Quando mi hanno ricoverato in ospedale per le ustioni e c’erano sei camere con i pazienti gravi, io volevo uscire in corridoio, camminare… Pensavo: “Sono un ragazzo fortunato”. Potevo morire in quella buca con le braci. E invece son vivo. Anche se ho ancora la mano fasciata e soffro perché vorrei ricominciare a suonare la chitarra, nel video di “L’allegria” sorrido».

Il video è uscito il giorno della vittoria dell’Italia agli Europei di calcio. Una bella coincidenza.
«Pensa un po’ se avessimo perso… “L’allegria” non sarebbe certo diventato l’inno della vittoria. Per Jovanotti il video non poteva essere “normale”, doveva essere una festa. Quindi ha coinvolto Valentino Rossi e l’abbiamo girato al suo Motor ranch VR46 a Tavullia (PU), dove lui ha una scuola per giovani talenti della moto».

Con Valentino vi siete incontrati per la prima volta. Com’è andata?
«Sembrava una barzelletta: io ero ancora malconcio, Jovanotti aveva appena avuto un incidente in bici e aveva tre costole incrinate, e anche Valentino il giorno prima era caduto. A un certo punto qualcuno doveva portare in scena un’anguria e Jovanotti non riusciva a sollevarla: quello che era messo meglio era Valentino, così nel video c’è finito anche lui. È stato il momento più divertente: si sa, una bella fetta di “cocomero” fa subito festa».

Cos’altro le mette allegria?
«Il mare. Anche se sono nato in montagna. Io e Anna ce lo diciamo sempre che vorremmo andare a vivere al mare, ci basterebbe una casupola con vista sulle onde infinite».

La parola più allegra del suo vocabolario qual è?
«Come tutti i bolognesi, direi una frase legata al cibo e alla convivialità: “Andem a magnér i turtlèin” (andiamo a mangiare i tortellini, ndr) mette di buon umore».

L’allegria per lei è una dote innata o anche lei si “sforza” di trovare il lato positivo in ogni cosa?
«Nel mio lavoro io voglio presentare solo una faccia sorridente, non voglio essere un “musone”. Anche se qualcosa va male, non mi concentro mai su questo, non mi piace. È stato così fin dagli esordi della carriera, quando ero il ragazzino di Monghidoro che aveva in tasca solo la quinta elementare. È stata una strategia di difesa, per farmi accettare dagli altri».

«Mi ci vuole quello che ci vuole, quello che ci vuole. E un calcio e ripartire» canta lei. Cos’è questo “calcio”?
«Può essere la spinta di un amico, ma a volte bisogna spronarsi da soli. Occorre ritrovare sempre la forza, l’entusiasmo, l’azione diversa che ti cambia la partita».

L’autoironia aiuta? L’abbiamo vista scherzare con la sua mano fasciata, trasformata in una racchetta da ping pong.
«Sì, è fondamentale prendersi in giro. Ti cambia la prospettiva, anche se non è sempre facile».

L’11 marzo ha avuto l’incidente che le ha provocato le ustioni, l’11 giugno è uscito il brano, l’11 luglio il video. L’11 ormai è un numero simbolico per lei?
«Tra l’altro sono anche nato il giorno 11 di dicembre. Io ci credo, nei numeri. Finora mi portava fortuna il 16: il 16 è uscito il mio primo disco, ho firmato il mio primo contratto importante, sono stato per la prima volta in televisione e ho fatto l’amore per la prima volta… Chissà l’11 cosa vuol dire».

Ha un significato di cambiamento.
«Lo vedi? Speriamo che ci porti fuori dalla pandemia».

L’11 di questo mese sa già cosa farà? Si prepara a un ferragosto di relax con tutta la famiglia?
«Non lo so, perché mi sto ancora curando all’ospedale Bufalini di Cesena e a Bologna, per la fisioterapia. Anna è sempre con me, è la mia infermiera. Mi fascia e mi sfascia (ride). Con i figli è più difficile incontrarsi: Marianna abita qui vicino e possiamo vederci di più. Ma Pietro, detto “Tredici Pietro”, vive per i fatti suoi a Milano, e anche Marco lavorerà alle sue cose a Roma. Vediamo, dai. Ma soprattutto voglio rimettermi in forma perché devo finire i miei concerti al Teatro Duse di Bologna».

Ci aggiornerà sulla sua attività sui social?
«Certo!».

Su Twitter e Instagram, giorni fa, ha spopolato un accostamento di foto sue a quelle di Harry Styles, perché avete spesso look identici, come l’abito rosa e la camicia scura che lei indossa nel video de “L’allegria”. Lei ci ha ironizzato su: «Sono io che copio lui o viceversa?».
«Incredibile, i vestiti sono proprio uguali! Io lui l’ho conosciuto a Sanremo nel 2012, quando era con gli One Direction. Chissà se si ricorda. Per quanto riguarda l’abito rosa e la camicia scura, la verità è che abbiamo copiato tutti e due Elvis Presley».

Da poco è approdato su TikTok. Anche lì c’è la “regia” di sua moglie?
«Ho iniziato per gioco, non so che succederà. TikTok è un social diverso rispetto agli altri: Manu Chao per esempio l’ha sfruttato e ora ha un nuovo successo. Anna mi consiglia di metterci le vecchie canzoni come “Andavo a cento all’ora” e “Fatti mandare dalla mamma”. Secondo lei funzionano».

Per far felice la signora Anna, che cosa le dice?
«Che non posso stare senza di lei. Un po’ si commuove, ma le dà anche gioia».

Parliamo un po’ di tv. A luglio sono andate in onda le repliche di “L’isola di Pietro 3”. Quando la rivedremo in una fiction o in uno show?
«Mi ero affezionato alla Sardegna, a Carloforte, dovrò tornarci prima o poi. Si era parlato della quarta stagione di “L’isola di Pietro”, ma il Covid ha bloccato tutto. Quanto agli show… chissà».

Di recente ha detto che il Festival di Sanremo è un capitolo chiuso. Cosa le farebbe cambiare idea?
«Basta vedere che cosa è successo con una telefonata di Jovanotti: tutto può cambiare, con un progetto che sconvolge i piani».

Ha voglia di sperimentare cose mai fatte?
«Sempre».

E se le proponessero un viaggio spaziale su un razzo come Jeff Bezos, il fondatore di Amazon?
«Lo farei subito, sarebbe una meraviglia. Io sono un uomo del Novecento, quante cose nel secolo scorso sembravano inimmaginabili?».

Chi porterebbe con sé a bordo della navicella?
«Mia moglie. Così, anche dallo spazio posterei una “foto di Anna”, come al solito».

A un alieno come spiegherebbe chi è Morandi?
«È difficile. Forse userei la musica, perché è un linguaggio universale. Gli direi che sono una specie di giullare, un Bertoldo che si salva sempre con le buffonate. Gli farei capire, anche a gesti, che sono uno nato per far sorridere e mettere allegria».

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