I Kalush Orchestra rappresentano l’Ucraina all’Eurovision Song Contest 2022

Il gruppo ucraino è uno dei favoriti per la vittoria

6 Maggio 2022 alle 10:59

Per molti sono i favoriti per la vittoria all'Eurovision, e del resto la loro canzone “Stefania” ti prende subito e rappresenta benissimo la loro musica, che è un mix di musica tradizionale, pop e rap… Ma con i Kalush Orchestra purtroppo non si può parlare solo di musica, perché sul palcoscenico di Torino porteranno anche la tragedia che oggi vive il loro Paese, l'Ucraina. Di tutto questo parliamo con Oleh Psjuk, che ha fondato il gruppo nel 2019 con Ihor Didenchuk e Vlad Kurochka, alias MC KylymMen, dandogli il nome della città nell'ovest del Paese da cui proviene.

Oleh, sulla vostra pagina Instagram avete fatto una promessa importante agli Ucraini: “Non falliremo”. Da dove viene tanta sicurezza?
«L’Eurovision è l’occasione per far conoscere al mondo la nostra cultura, per mostrare la forza dello spirito ucraino anche nella musica. E poi questa volta rappresentare l’Ucraina è una cosa molto seria. Sentiamo il sostegno di tutti quelli che incontriamo; spesso ci fanno i complimenti per il coraggio della nostra gente, ci dicono con quanto dolore seguono ciò che sta accadendo e ci chiedono come possono darci una mano».

Conoscete già qualcuno degli artisti con cui vi misurerete a Torino?
«Sì, sì, anche perché abbiamo fatto un tour promozionale dell'Eurovision con alcuni altri concorrenti. E poi, per esempio, ci saranno i finlandesi Rasmus, che sono una band che tutti noi abbiamo ascoltato quando andavamo a scuola: loro sono davvero forti, e noi finalmente ci esibiremo sul loro stesso palcoscenico».

Chi potrebbe essere il rivale più insidioso per la vittoria finale?
«Tutti hanno buone possibilità».

Vi guardo e capisco che il vostro look racconta molto di voi. Lei, Oleh, indossa coloratissimi vestiti tradizionali ucraini; MC KylymMen è il classico rapper, mentre gli altri spesso vestono perfino delle “ghillie suit”, le tenute mimetiche dei cecchini militari: lo avete sempre fatto o è un modo per attirare l'attenzione sulla situazione del vostro Paese?
«Noi non siamo solo il frutto delle varie influenze musicali ucraine, ma mostriamo le nostre origini anche attraverso il nostro abbigliamento. Per esempio, indossiamo il “keptar”, un giacchetto tipico degli Hutsuli (un gruppo etnico-culturale ucraino, ndr), il classico berretto ucraino a secchiello, oppure gli abiti dei “molfar”, gli sciamani hutsuli. Altri della band includono nel loro look elementi neri e rossi: il rosso come simbolo d'amore ma anche di sofferenza, mentre il nero ricorda sia il buio sia la nascosta fertilità della terra. Per Torino stiamo lavorando alla nostra performance e stiamo preparando un'immagine molto speciale: ve ne accorgerete».

All'Eurovision porterete anche la vostra testimonianza sulla situazione in Ucraina. C'è un'immagine che si porta dentro?
«Intanto le dico che non ho mai visto gli Ucraini così uniti. Ciascuno di noi fa del suo meglio perché la guerra finisca al più presto. Io penso a quel che ho visto a Lviv: stanno arrivando lì tantissime persone dall'est del Paese e vengono accolte dai volontari alle stazioni. Ci sono questi treni che continuano ad arrivare e ripartire… Il silenzio della città è rotto dalle sirene che annunciano un possibile attacco aereo e tutti corrono al riparo; poi, però, quando le sirene tacciono, ecco che tutti tornano alle loro occupazioni, a distribuire pasti gratuiti agli sfollati, a dare una mano con gli alloggi, a fare bottiglie molotov. Tutti credono nella vittoria e fanno qualcosa per ottenerla».

In che modo voi siete coinvolti in questa guerra di “resistenza”?
«Io ho creato “Ty De?” (“Dove sei?”), un’organizzazione di volontari che aiuta le persone a trovare alloggio e medicine, e a spostarsi dalle zone a rischio. Siamo in 35, divisi in varie città ucraine. Il mio compagno di band MC KylymMen è stato volontario nelle truppe a difesa di Kiev».

Avrebbe mai pensato di vivere una simile tragedia?
«Nessuno ci avrebbe mai pensato, e vorremmo ancora credere di essere in un brutto sogno, ma sfortunatamente è una realtà che nessuno di noi dimenticherà».

“Stefania”, la vostra canzone per l'Eurovision, è una commovente “serenata” dedicata a sua madre. Che cosa ha detto quando l'ha sentita per la prima volta? Di solito le mamme si imbarazzano quando i loro figli dicono pubblicamente cose belle su di loro…
«Ho scritto “Stefania” per mia madre molto prima della guerra. Non le avevo mai dedicato una canzone e volevo farlo da tempo: ora penso che sia la cosa più bella che io abbia mai fatto per lei. Mia madre l'ha sentita per la prima volta alla finale della selezione nazionale per l'Eurovision: era stata invitata dagli organizzatori, e dietro le quinte ci siamo abbracciati fortissimo, e per me è stata la più bella reazione che io potessi immaginare».

“Stefania” è diventata una sorta di inno della resistenza ucraina: quando ha capito che non era più solo una bella canzone?
«Dopo che i Russi ci hanno invaso, molti hanno iniziato a cercare un qualche significato “in più” nella canzone: penso, per esempio, a quanti sono tristi perché non riescono più a vedere le loro madri… Ecco, è per questo che “Stefania” è entrata nelle orecchie e nei cuori degli Ucraini».

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