La protesta delle radio contro le case discografiche: «Ci rifiutiamo di trasmettere i nuovi singoli»

Avete mai sentito in radio il nuovo singolo di Marco Carta, primo nella classifica dei download? E il duetto di Mina con Seal oppure l'inno ufficiale dei Mondiali di calcio cantato da Shakira? Se siete fedeli ascoltatori dei grandi network la risposta è sicuramente negativa. Perché da alcune settimane è in corso una protesta indetta dalla RNA, l’associazione delle reti radiofoniche nazionali, che ha invitato i suoi iscritti a sospendere la programmazione dei nuovi singoli pubblicati dalle case discografiche aderenti al consorzio SCF...

21 Maggio 2010 alle 11:40

Avete mai sentito in radio «Quello che dai», il nuovo singolo di Marco Carta, primo nella classifica dei download? E «You Get Me» di Mina con Seal oppure «Waka Waka» di Shakira, inno ufficiale dei Mondiali di calcio? Se siete fedeli ascoltatori dei grandi network (Rds, Deejay, 105, Radio Italia SMI, 102.5, 105 e altri) la risposta è sicuramente negativa. Perché da alcune settimane è in corso una protesta indetta dalla RNA, l’associazione delle reti radiofoniche nazionali, che ha invitato i suoi iscritti a sospendere la programmazione dei nuovi singoli pubblicati dalle case discografiche aderenti al consorzio SCF. L’industria del disco, infatti, chiede alle radio un aumento del 40% dei compensi spettanti alle case discografiche per la trasmissione dei loro prodotti.

In un comunicato ufficiale, Eduardo Montefusco, presidente della RNA, sottolinea che «le imprese radiofoniche nazionali hanno sempre sostenuto il prodotto musicale italiano e le imprese discografiche del nostro Paese convinti che queste possano favorire la cultura italiana e l’attività dei nostri artisti, aprendo spazi a giovani talenti. L’atteggiamento ostile ed intransigente della SCF rischia di minare questa collaborazione nata con l’avvio delle trasmissioni delle emittenti private italiane solo per incrementare il fatturato delle case discografiche multinazionali straniere».

Le case discografiche sostengono invece la ragionevolezza delle loro richieste: «Abbiamo fatto la richiesta iniziale di alzare i diritti dall’1% al 2%» ha spiegato al TgCom Saverio Lupica, presidente di SCF. «Oggi le radio pagano comunque meno del 2%. Ma non è stato raggiunto nessun accordo a dicembre 2008. Poi siamo passati a un altro piano di discussione chiedendo di stabilire un equo compenso della percentuale calcolando il minimo dei diritti applicati dalla Spagna del 2,16% e quello massimo francese del 5,8%. In sostanza si arriva a una richiesta del 4%. Siamo stati disponibili, abbiamo provato una conciliazione ma alla prima udienza, dopo mesi di promesse, è saltato tutto da parte delle radio. Quando abbiamo comunicato che saremmo ricorsi, come abbiamo fatto, ai giudici ecco che le radio hanno attuato questa iniziativa di rimodellare i loro palinsesti musicali non proponendo le nuove hit. Per carità, liberissimi di farlo, possono anche programmare canzoni degli anni 30 ma non trovo corretto la richiesta della liberatoria per la richiesta sui pagamenti dei diritti fonografici, chiamati anche comunemente diritti discografici».

Al momento, dunque, soltanto le radio locali trasmettono i nuovi singoli. Qualche esempio? «Quello che dai» di Marco Carta è già stato trasmesso 52 volte dalla toscana Radio Stop, mentre «Waka Waka» di Shakira spopola sulla veneta Bum Bum Energy.

«Gigolò» di Dalla e De Gregori, invece, si può ascoltare anche sui grandi network. I due cantautori, infatti, hanno concesso a tutte le radio l’utilizzo gratuito del loro singolo.

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