Ligabue festeggia 30 anni di carriera: «Certe notti… ripenso al passato»

Il Liga si racconta in occasione dell’uscita di un cofanetto con tutti i singoli dal 1990 a oggi. E si chiede: «Sono considerato un rocker, ma perché il mio pezzo più famoso è una ballata?»

Luciano Ligabue  Credit: © Ray Tarantino
4 Febbraio 2021 alle 08:06

Era l’estate del 1990, te la ricordi, Luciano?
«Certo che me la ricordo, per forza».

Mia moglie era incinta. E la radio mandava in continuazione “Balliamo sul mondo”, un travolgente pezzo rock di un cantante sconosciuto. È stata la prima canzone ascoltata da mia figlia Bianca. Nella pancia.
«Sì, lo so, conosco Bianca... Anche noi, Aldo, ci conosciamo da tanti anni e abbiamo vissuto tante cose insieme. Ma quell’estate è cominciato tutto e io non mi capacitavo di quello che stava succedendo. Anche perché andavo a fare promozione nelle radio e più che parlare della canzone parlavamo dei Mondiali di calcio, mi chiedevano di Schillaci e di Vialli: era l’estate di “Italia 90”, appunto».

Sono passati 30 anni. Si può dire che conosco tutte le tue canzoni, anche se alcune le avevo perse per strada. Ma me le ha fatte ricordare questa megaraccolta, “77+7”.
«Sono contento quando succede che le canzoni ritornino, e con loro i ricordi a cui sono legate».

Com’è che ti è venuta questa idea di uscire con un cofanetto con 77 canzoni del passato (più sette inediti)?
«Sono tutti i miei singoli, le canzoni che hanno circolato di più. Una mattina entra in studio Claudio Maioli, il mio manager, e mi fa: “Complimenti!”. “Complimenti per che cosa?” gli chiedo. “Perché compi 30 anni di carriera”. Penso, “Cavolo, 30 anni...”. Per la prima volta ho guardato indietro nel tempo. Ho chiamato un mio collaboratore che di me ne sa... più di me (lo chiamiamo “WikiLiga”) e gli ho chiesto la lista di tutti i miei singoli».

Sulla faccenda che “casualmente” siano 77 e sul ricorrere di questo numero nella tua vita, invito i lettori a leggere il box più in basso. Ma la cosa che impressiona è che...
«Sì, lo so cosa vuoi dire: che sono andato giù a testa bassa in questi 30 anni, ho prodotto tantissimo, in media una canzone ogni cinque mesi!».

Senza contare quelle che non sono diventate dei singoli. E quelle rimaste nel cassetto.
«Dal cassetto ne ho tolte sette, inedite, per “77+7”».

Ne avevi solo sette o...
«No, ne avevo di più, ma ho voluto far tornare i conti...».

Tra queste c’è il nuovo singolo che si intitola “Mi ci pulisco il cuore”. Un titolo che fino all’ultimo ti fa pensare a un’altra cosa da... pulire.
«Lo so, è volutamente provocatorio, ma il testo dice: “Finché tiene il cuore ci vediamo in giro, con le tue paure, con le mie, con le tue paure, l’han chiamato vivere”».


E poi c’è quella straordinaria “Volente o nolente”, in duetto con Elisa. Ma come si fa a tenere chiusa in un cassetto per 15 anni una canzone così bella?
«L’abbiamo incisa insieme con “Gli ostacoli del cuore”. La voce di Elisa è quella del provino, ho rifatto solo l’arrangiamento. Quel pezzo l’avevo messo da parte perché volevo cose nuove. Le canzoni sono un mistero, un mistero come nascono e un mistero come circoleranno nel mondo. Io sono sempre colpito da come quello che canto possa portare a immedesimarsi gente lontana da me, che ne so, magari un quindicenne di Bari figlio di un notaio, con un’età e una storia tutta diversa dalla mia. Credo che questo sia il fascino delle canzoni e anche l’aspetto più... drammatico: con loro non sai mai che cosa possa succedere, come possano essere accolte».


Che siano pezzi rock o ballate...
«Io sono identificato come un musicista rock, ma alla fine quelle che restano di più sono le ballate. Mi ricordo una volta che dovevamo scegliere il singolo per “Buon compleanno Elvis”. Venivo da tante canzoni rock, ma quelli della casa discografica mi fanno: il primo singolo sarà “Certe notti”. Ho pensato che fossero matti, ma avevano ragione loro: alla fine la mia canzone più famosa è una ballata!».

Una di quelle che scatenano il pubblico ai concerti. A proposito, il concertone di Campovolo, tutto esaurito, 100 mila biglietti venduti, si terrà nel 2021?
«È in programma il 19 giugno, ma sinceramente: chi lo sa?».


Ricordi il tuo primo concerto?
«A Correggio, avevo 27 anni, il palco era alto un metro, il pubblico formato da un centinaio di amici, la band si chiamava Orazero. Ricordo l’effetto che mi fece quell’esperienza. Finito il concerto gli amici, stupiti dalla mia trasformazione, mi dissero: “Esci da quel corpo!”, per dire quanto ero diverso sul palco. Dissi all’organizzatore: “Ora fammi fare più serate possibili”. Suonare dal vivo è la mia vera dimensione: lì mi lascio veramente andare».

Vivi sempre a Correggio?
«Sì».

E non ti è mai pesato, magari quando eri giovane, l’essere un provinciale?
«Solo per un breve periodo, verso i 20 anni, quando ti senti ingabbiato in una piccola realtà. Ma in verità sono orgoglioso di essere uno che viene dalla provincia».

E fuori da Correggio come ti senti?
«Ho la grandissima fortuna di poter girare il mondo, di andare dove voglio, ma di avere un posto dove tornare. Ho un forte senso delle radici, qui i ritmi sono più lenti, quando incontri una persona e ti chiede “come va?” non è solo una domanda formale, non si aspetta una risposta generica».

In questo periodo però di gente per strada se ne incontra poca. E con le regole imposte dal Covid il “Bar Mario” di tante tue canzoni sarebbe chiuso. Anzi, oggi non sarebbe nemmeno stato fondato.
«È vero. Ma c’è da dire anche un’altra cosa. Quel genere di bar lì oggi non esiste più: luoghi di ritrovo, punti di riferimento. Si dice, in senso dispregiativo, “è un’opinione da bar”. Ma erano luoghi di confronto dove incontravi una grande umanità. Oggi sono stati sostituiti dai social, ma non è la stessa cosa».

A proposito di Covid, come passi le giornate in questa situazione?
«Sto in casa. Mi manca tantissimo suonare dal vivo, andare in tour. Ma la quotidianità delle restrizioni non mi pesa, sono abituato a stare tanto a casa. Non sono mai stato un tipo che va molto in giro».

Come passi il tempo?
«Scrivo canzoni, suono musica, la ascolto...».

Cosa ascolti?
«Beh, lo sai, siamo coetanei, per noi tutto è cambiato: a volte compravamo i dischi a scatola chiusa e li consumavamo. Oggi hai tutta la musica che vuoi a disposizione e praticamente gratis. È una cosa che mi disorienta. Ascolto una canzone e penso sempre che me ne sto perdendo un’altra. Ultimamente mi piacciono alcune cose dei Kings of Leon. E Bruce Springsteen: mi ha fatto piacere rivederlo tornare con la E Street Band, risentire quei suoni...».

Ma si possono oggi scrivere canzoni che prescindono dalla pandemia? Non sarebbero fuori dal mondo?
«Secondo me si devono scrivere canzoni che non facciano per forza i conti col Covid. Il coronavirus è un problema grosso, ma non è la vita intera. È una fase di passaggio. Quando ne usciremo sarà interessante vedere in che cosa siamo cambiati, come lo stiamo pagando psicologicamente e dal punto di vista sociale».

E poi che cosa fai, guardi la tv?
«Sì, soprattutto Netflix. Mi sono piaciuti “La regina degli scacchi”, “Lupin”, “La casa di carta”. E la serie “Tales from the Loop”, mi piace quella lentezza esasperata... Poi ho recuperato i film della serie “Smetto quando voglio”, avevo visto solo il primo».

Ho finito, Luciano, ma prima dimmi come stanno i tuoi figli. E te lo chiedo da provinciale a provinciale, non per forma...
«Bene, grazie. Lorenzo suona la batteria, ha suonato anche in una mia canzone. Ha 22 anni e ora frequenta una scuola per diventare produttore musicale».

E sei contento? O preferiresti che si tenesse alla larga dalla musica?
«Sono contento, anche se il mondo della musica in questo momento non è tra i più in forma».

E Linda che fa?
«Linda ha 16 anni, ha ripreso da pochi giorni ad andare a scuola, fa il Liceo linguistico».

È giusto che i ragazzi tornino a scuola, ma non hai paura che porti il virus a casa?
«Beh, ci siamo organizzati e facciamo spesso i tamponi rapidi...».

Un 7 che cammina

Il cofanetto “77+7”, appena uscito, raccoglie in 7 cd tutti i singoli pubblicati dal Liga. L’ottavo cd è composto da 7 canzoni inedite. Ma perché questa “ossessione” per il numero 7?

«Una numerologa» racconta Ligabue «mi ha detto che sono “un 7 che cammina”. E infatti il mio nome ha 7 lettere, come il mio cognome. Se rovesci le elle delle mie iniziali sono due 7. Sono nato il 13 marzo (1+3+3=7) del 1960 (1+9+6=16, 1+6=7). San Luciano si festeggia il 7 gennaio. “Certe notti”, la mia canzone più famosa, era la traccia numero 7 del disco. Il primo concerto l’ho fatto nel 1987 e il mio primo stadio nel 1997...». E i singoli pubblicati nella sua carriera sono appunto 77...

In edicola con Sorrisi tutti gli album del Liga

Presto ci sarà una grande sorpresa per i fan di Ligabue: in edicola con Sorrisi uscirà un cofanetto con la discografia completa in edizione speciale e con arricchimenti editoriali inediti, per ripercorrere tutta la carriera del Liga, dagli inizi fino a “7”, l’ultimo album.

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