Lucio Dalla, che genio, la sua stessa vita era un’opera d’arte

A dieci anni dalla scomparsa dell’artista, lo ricorda per noi un giornalista che lo conosceva bene: Vincenzo Mollica

22 Settembre 2022 alle 08:35

Era il primo marzo 2012 quando Lucio Dalla ci ha lasciato. Sono trascorsi dieci anni e in occasione di questa ricorrenza arriva a Roma la mostra “Anche se il tempo passa”, un viaggio nel mondo di uno degli artisti più geniali della storia della musica. Abbiamo chiesto al giornalista Vincenzo Mollica, che Dalla lo conosceva bene, il racconto dei ricordi più belli condivisi con lui.

Vincenzo, lei e Lucio eravate amici?
«Sì. C’erano amicizia, affetto e stima reciproca. Dalla prima volta che ci siamo incontrati mi ha chiamato Vinz (ride)».

Quando è stato?
«Quando uscì il disco “1983”, lo intervistai per il Tg1».

Cosa l’ha colpita subito di lui?
«La sua capacità straordinaria di narratore, una capacità che si manifestava attraverso le sue canzoni e attraverso la sua vita. Lucio ha avuto la sapienza di trasformare i suoi brani in opere d’arte. La sua vita stessa era un’opera d’arte».

Come andò quella prima intervista?
«Alle prime domande mi rispose con il suo grammelot, i suoi fonemi: mi fece un piccolo “concertino” di risposte. Poi cominciò a parlare normalmente...».

Lei è rimasto spiazzato?
«Certo, era sorprendente, era capace di inventare qualunque cosa sul momento. Con la sua voce era in grado di ricreare una orchestra intera, imprimendo una tensione emotiva forte».

Il primo ricordo che le viene in mente di Lucio?
«Quando gli chiesi: “Cosa ti ha spinto a fare il cantante?”. E lui: “Una volta, a un concerto di Adriano Celentano, lo vidi arrivare con un martello e piantare un chiodo sul palco. La folla era in delirio e io ho pensato: stare sul palco sarà il mio mestiere”».

E poi?
«Un’altra volta gli chiesi invece quando avesse deciso di cominciare a fare il cantautore. Mi rispose: “Quando mi ha dato il via libera Francesco Guccini”».

In che modo?
«Lucio gli aveva sempre portato le canzoni che scriveva e lui gliele aveva bocciate tutte, finché non arrivò con “Come è profondo il mare” e Guccini gli disse: “Ora puoi iniziare a fare il cantautore”».

Cosa avevate in comune lei e Dalla?
«La passione per i fumetti, per la pittura, per il cinema. In particolare per Federico Fellini, e a lui è legato uno dei ricordi più belli che ho di Lucio».

Ce lo racconta?
«All’inizio degli Anni 90 Lucio faceva un programma di interviste radiofoniche. Mi chiamò perché voleva farne una a Fellini. Io combinai l’incontro. Fellini aveva una grande simpatia per Lucio, era andato a vederlo in concerto e poi mi disse che Lucio sul palco gli sembrava Sandokan per l’energia del combattente».

L’incontro tra Dalla e Fellini come andò?
«Per l’occasione Federico si era vestito particolarmente bene. Eravamo nel suo studio a corso d’Italia. C’era il pianoforte dove Nino Rota faceva sentire a Fellini le musiche che componeva per i suoi film. Lucio, emozionato, si sedette a quel pianoforte e improvvisando suonò il tema di “Amarcord” e di “La dolce vita”. Cominciò così tra questi due artisti visionari una lunga conversazione di una bellezza straordinaria sulla vita. Alla fine si abbracciarono».

Lei e Lucio avete anche lavorato insieme.
«Sì, in alcuni programmi. In uno di questi, “Taxi”, eravamo a Cervia. Una volta alle prove Lucio era sparito. Dopo ore di ricerche l’abbiamo ritrovato su una panchina dietro a un chiosco di piadine. Dormiva beatamente (ride)».

Uno dei tanti momenti divertenti.
«Come pure la tournée con Gianni Morandi: Lucio lo ammirava tantissimo e si divertiva a spiazzarlo».

In che modo?
«Gli faceva gli scherzi, lo sorprendeva. Preannunciava una cosa poi ne faceva un’altra, partiva all’improvviso cantando le canzoni. Morandi lì per lì rimaneva spiazzato ma poi recuperava sempre!».

Un’altra tournée indimenticabile fu quella con Francesco De Gregori.
«Anche con Francesco c’era una stima artistica straordinaria. Quando Lucio ascoltò per la prima volta “Santa Lucia” di De Gregori era in autostrada in macchina, si fermò per ascoltare la canzone come in uno stato ipnotico. La cantava ogni volta emozionandosi, così come Francesco si emozionava cantando “4/3/1943”».

Il ricordo di Lucio che l’emoziona di più?
«Quando mi mandò un provino di “Caruso”. Mi chiese di ascoltarlo e di dargli il mio parere».

E lei?
«Gli risposi che aveva scritto un capolavoro. Forse il capolavoro della sua vita».

Cosa le manca di più di Lucio?
«Le nostre chiacchierate in libertà, in cui si parlava di musica, di cinema, di canzoni, delle passioni che avevamo. Lui raccontava del suo amore per Roma. “La sera dei miracoli” è dedicata a Roma, perché di questa città amava il mistero».

Aveva scaramanzie?
«No, però lui amava tanto una canzone napoletana “Era de maggio”. Secondo lui aveva una delle più belle melodie del mondo e spesso, anche fuori di contesto, partiva a canticchiarla. E a proposito di canzoni che amava, una volta gli chiesi quale brano di altri avrebbe voluto scrivere. Mi rispose “Il cuore è uno zingaro” di Nicola di Bari. Da allora la misi come sigla delle nostre interviste video».

Le sue cinque canzoni preferite di Dalla?
«“Caruso”, “4/3/1943”, “La sera dei miracoli”, “Canzone”, “L’anno che verrà”».

Ha un regalo di Lucio che custodisce gelosamente?
«Mi regalò una borsa doppia in cuoio marrone come quelle che usano i cowboy a cavallo nei film western. Ne aveva fatte realizzare alcune per donarle ai suoi amici. L’ho sempre usata. Spesso partivo soltanto con quella borsa lì, da una parte ci mettevo il cambio, dall’altra quello che mi serviva per lavorare».

Perché Dalla è ancora così amato da tutti?
«Perché ogni volta che ascoltiamo una sua canzone abbiamo la sensazione che non se ne sia mai andato: è lì da qualche parte che combina qualcosa. E prima o poi so che spunterà fuori di nuovo...(ride)».

Un’imperdibile mostra-evento

Si chiama “Lucio Dalla - Anche se il tempo passa” la grande mostra che apre i battenti il 22 settembre nel museo dell’Ara Pacis a Roma (fino al 6 gennaio 2023). L’esposizione, curata da Alessandro Nicosia, ripercorre la vita e l’arte di Dalla, a dieci anni dalla sua scomparsa. Documenti, foto (molte inedite, come quella qui accanto che ritrae Lucio, piccolissimo, in braccio a suo papà Giuseppe), video, oggetti e abiti di scena, locandine di film, una ricca collezione di cappelli... Per una immersione emozionante nel mondo di uno degli artisti più geniali della nostra musica.

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