Mal: «A 75 anni farò ancora centro. Con un disco»

Il cantante festeggia mezzo secolo di carriera. E noi siamo andati a trovarlo a casa sua, a Pordenone

Mal scherza col fotografo sul campo del Golf Club Castel d’Aviano, dove gioca e si allena  Credit: © Stefano G. pavesi
21 Marzo 2019 alle 09:40

Ma che ci fa un cantante inglese purosangue (addirittura di Oxford) su un campo di golf a Pordenone? «È una lunga storia» risponde Mal «e ruota tutta attorno a una parola magica che è anche nel titolo del mio nuovo album, quello che ho inciso per celebrare oltre 50 anni di carriera. Se volete ve la racconto...».

Certo che vogliamo. Qual è questa parola magica?
«Piper».

Il mitico locale?
«Esatto. Anche se purtroppo aveva due sedi e questo ci ha giocato un brutto scherzo... Io e il mio gruppo, i Primitives, eravamo così spaesati, in quella estate del 1966, che abbiamo puntato dritto su Roma, solo per ritrovarci davanti a un locale con le serrande chiuse. Quando finalmente scovai un telefono (allora non c’erano i cellulari!) e chiamai il manager italiano che ci aveva messo sotto contratto, mi sentii dire: “Ma non il Piper di Roma, quello di Viareggio!”. Ci siamo dovuti fare otto ore di viaggio in più col nostro furgoncino Ford. E sì che per risparmiare sulla benzina guidavamo di notte e ogni tanto la “prendevamo in prestito” dalle altre auto con un tubo di gomma... Come dite in Italia? Ah sì, “sifonare”».

Ma questo ingaggio da dove saltava fuori?
«Il fondatore del Piper, Alberigo Crocetta, voleva importare la musica inglese ed era venuto a Londra con Gianni Boncompagni in cerca di talenti. Ci vide suonare in un club di Soho e ci scritturò».

Boncompagni era un famoso talent scout. Le ha dato molti consigli?
«Veramente era lui a chiedermi informazioni sulla musica inglese: aveva una curiosità inesauribile. Comunque ci esibiamo a Viareggio ed è il delirio. Ci sentivamo come i Beatles. Io e Patty Pravo diventiamo “il ragazzo e la ragazza del Piper”. La Rca mi propone di fare un disco con i testi di Luigi Tenco».

Addirittura. E come se la cavava con l’italiano?
«Malissimo. Ero un disastro e promisi che sarei migliorato, ma Tenco mi disse: “Sei matto? va bene così. L’accento inglese sarà la chiave del tuo personaggio”. Aveva ragione lui».

Ed è arrivata una sfilza di successi: “Yeeeeeh”, “Bambolina”, “Tu sei bella come sei”, “Pensiero d’amore”...
«Quest’ultima è la mia preferita. Ebbe così successo che ci facemmo tre film, tre “musicarelli”: io interpretavo un pilota e Lino Banfi era il manager della scuderia, mentre Ferruccio Amendola era il mio rivale in amore. E poi una valanga di fotoromanzi».

Le piaceva fare l’attore?
«Mah, giravamo così in fretta che non avevo neanche il tempo di imparare le battute. Il regista diceva: “Mal conta fino a 10, ma arrivato al 5 fai una pausa”. Ci pensava il doppiatore a farmi dire un sacco di frasi romantiche... Però non dimenticherò mai la gioia di quando ho portato mio papà sul set. Lui era un muratore, aveva vissuto i tempi duri della guerra e voleva che facessi l’elettricista per avere un lavoro sicuro. Quando mi sono licenziato per cantare gli ho dato un dispiacere e una grande preoccupazione. Quel giorno sono andato a prenderlo con la Porsche e sul set non credeva ai suoi occhi: “Signor Mal di qua, signor Mal di là”... Da allora ha smesso di preoccuparsi. E poi, intorno al 1972, è finita la pacchia».

Perché?
«È arrivata la moda dei cantautori e tutti gli interpreti sono andati in crisi. Mi sono ritrovato con Gianni Morandi a cantare in tedesco in Germania. C’è anche una foto dove guardiamo sconsolati di là dal muro di Berlino... Poi sono partito per l’America per fare concerti per gli italoamericani: un successone. A Las Vegas ho cantato sul palco di Elvis Presley e come guest star avevo B.B. King!».

Finché in Italia è “rinato” nel 1977 con “Furia”: un milione e mezzo di copie, Disco d’oro e Telegatto.
«Con quella canzone ho un rapporto di amore-odio. Ero già pronto per andare a Sanremo con un gran pezzo, “Tu sei bella da morire”. Ma due mesi prima mi propongono un lavoretto: “La Rai ha questi telefilm in bianco e nero degli Anni 50. Canteresti la sigla? È una cosa da niente, vanno in onda al pomeriggio, non li vedrà nessuno”. Il successo fu così enorme che la casa discografica mi impose di rinunciare a Sanremo per continuare a sfruttare il filone d’oro. E la “mia” canzone vinse il Festival! Mannaggia...».

Per la serie “Non si può avere tutto”.
«Già. A Furia devo anche l’incontro con la madre dei miei figli: mi stavo esibendo a Treviso e lei mi chiese di cantarla. La invito sul palco, ci scambiamo i numeri di telefono, un lungo corteggiamento... ed eccomi a Pordenone: lei è di qui. Per cui non posso davvero odiare “Furia”. Però il problema è che quando ho cercato di tornare a fare rock tutti mi dicevano: “Mal, ci spiace ma ormai ti sei rovinato, sei un cantante per bambini, nessuno ti prenderà più sul serio”. Ero disperato. Finché un manager, Freddy Naggiar, ha avuto un’idea geniale: far uscire un disco con il mio vero nome, Paul Bradley, e senza foto in copertina. Sesto posto in classifica e tutti che si chiedono: “Chi è questo nuovo talento inglese?”».

Ed è “rinato” ancora.
«Ho cambiato pelle tante volte...  Per Fabio Fazio sono stato un computer, “Mal 9000”, nello show “L’ultimo valzer”. Sono diventato “l’angelo dei ragazzi” (TeenAngel) nel musical “Grease” a fianco di Lorella Cuccarini. Ho condotto un programma per bambini,“Il dirigibile”, insieme con Maria Giovanna Elmi; a proposito lei vive qui vicino, a Tarvisio, è tanto dolce, ci vediamo sempre a Capodanno. Incontro spesso anche Bobby Solo che sta a due passi, ad Aviano. Forse prima o poi faremo qualcosa insieme. Ho quasi vinto il programma “La fattoria” che ringrazio ancora oggi, perché è lì che ho imparato a mungere le mucche  e ho smesso di tingermi i capelli. Che liberazione, il giorno più bello della mia vita. Avevo una ricrescita assurda, metà grigi e metà neri: oggi sono orgoglioso della mia chioma bianca. Ah dimenticavo: sono stato persino un papa».

Un papa?
«Nel musical “Anonymous”. Ma purtroppo eravamo in un teatro tenda alle porte di Roma, in inverno, e non c’era il riscaldamento. Un freddo pazzesco.  Ogni giorno i ballerini protestavano... Lì mi è successa la cosa più pazzesca su un palco: a un certo punto uno spettatore si è inginocchiato davanti a me e ha baciato l’anello. Si vede che sono convincente anche come papa».

Mal, ci tolga l’ultima curiosità: abbiamo chiarito il mistero di Pordenone, ma non quello del golf.
«Colpa del mio medico. “Tu hai bisogno di camminare, fai una vita troppo sedentaria. Vieni con me a giocare a golf”. Io non avevo voglia, e invece è stato un colpo di fulmine: adesso sono il presidente di Golf Musica, l’Associazione italiana cantanti e musicisti golfisti. Organizzo tanti tornei. I premi ce li mettono gli sponsor di qui: per lo più vino e grappa».

Prossimi progetti?
«Aumentare gli iscritti all’associazione. Per questo non siamo troppo fiscali sulle qualità musicali dei nuovi soci. Basta saper suonare uno strumento qualsiasi, pure il campanello... e sei dentro».

Seguici