I vincitori del Festival ci hanno raccontato la loro storia, dalla gavetta a quando hanno pensato di mollare tutto…

Li abbiamo lasciati felici e increduli nella notte che li ha incoronati a Sanremo: «Siamo andati a dormire alle 5 dopo una birra, ma alle 9 eravamo già in piedi». Li ritroviamo una settimana dopo con un album in uscita («“Teatro d’ira - Vol. I” è il racconto in musica di quello che abbiamo vissuto dallo scorso album»), l’Eurovision da preparare («Per ora siamo tranquilli, ci concentriamo sul presente») e due nuove date che si sono aggiunte ai concerti di dicembre a Roma e Milano, già sold out.
La vostra vita è cambiata da quella notte?
Damiano: «Siamo un po’ sballottati tra radio e interviste, ma non abbiamo ancora sperimentato gli effetti sulla normalità. Solo oggi (giovedì 11 marzo, ndr) torneremo a Roma dalle nostre famiglie».
Ora tutti vi conoscono, anche se nessuno pronuncia bene il vostro nome, che si dice Moneskin.
Victoria: «Ci teniamo alla pronuncia giusta! Ma ormai lo diciamo pure noi con la “a”, ci siamo arresi...».
Perché avete scelto proprio questa parola?
Vic: «Mesi dopo esserci messi assieme, dovevamo partecipare a un concorso per gruppi emergenti e serviva un nome. Abbiamo rimandato la scelta fino al giorno prima della scadenza dell’iscrizione. Ho letto un po’ di parole in danese (Vic è di origini danesi, ndr) e abbiamo scelto questa perché suonava bene, anche se pensavamo di cambiarla. Invece è rimasta, ci ha portato fortuna».
Ognuno di voi, tranne Damiano, ha iniziato a suonare da bambino: come vi siete avvicinati alla musica e al vostro strumento?
Vic: «Sono cresciuta ascoltando musica rock grazie a mamma che mi faceva sentire David Bowie e Nirvana. Poi a 8 anni, dopo avere visto un film danese, “Papà per quattro”, in cui una ragazza suonava la chitarra elettrica, ho iniziato a farlo anche io. Un musicista amico di mia madre mi ha dato le prime lezioni e regalato qualche cd. Poco dopo ho iniziato con il basso e ho capito che mi piaceva ancora di più».
Thomas: «Ho avuto la fortuna di ascoltare tanta musica da piccolo: papà amava il metal e il rock. Un giorno, in macchina con lui, ho visto una chitarra classica in un negozio di strumenti e me la sono fatta regalare. Ho iniziato a suonare in quinta elementare. Un annetto dopo sono passato a quella elettrica».
Ethan: «Nel Natale del 2005, a 5 anni, papà mi ha comprato la mia prima batteria. Mi affascinava. A 13 anni, dopo vari traslochi, ci siamo trasferiti in campagna e svuotando gli scatoloni l’ho ritrovata. Mi sono appassionato».
Damiano, tu ha invece iniziato a cantare a 15 anni. Come mai così “tardi”?
«Mi è sempre piaciuto cantare ma facevo pallacanestro a livello agonistico e non avevo tempo per la musica. Inoltre un po’ mi fermava il fatto di non sapere suonare uno strumento e di non trovare qualcuno con cui cantare. Poi a scuola ho trovato loro, avevo già cantato con Vic quando eravamo piccolini, ma era durata poco perché stavo cambiando voce e un po’ stonavo...».
Vic: «Non era bravo a 14 anni, ma era meglio di tanti amici a cui avevo chiesto di cantare. Poi il gruppo si è sciolto. In seguito io e Thomas abbiamo fatto un’altra band con una cantante molto brava, ma abitava troppo lontano da noi e ha lasciato. Quando stavamo pensando se continuare o mollare tutto, Damiano mi ha contattato, abbiamo fatto una prova ed era diventato bravissimo».
Ethan, tu invece ti sei aggiunto rispondendo a un annuncio su Facebook, giusto?
«Sì, mi hanno preso anche perché sono stato l’unico a rispondere!».
Avete iniziato a esibirvi per strada. Una scelta coraggiosa...
Vic: «Non avevamo soldi e dovevamo pagare la sala prove e registrare. Suonavamo sempre nello stesso posto e una signora che abitava lì ogni giorno chiamava la polizia».
Thomas: «È stata un’ottima scuola, ci ha insegnato ad arrangiarci».
Damiano: «All’inizio ero un po’ timido, mi bloccavo, c’era il coatto che ti sfotteva... poi ce ne siamo fregati e abbiamo iniziato a fare casino!».
Oggi avete paura di qualcosa?
Damiano: «Dell’altezza. Ho una paura folle anche dei balconi! Quando sono andato sulla terrazza al quarto piano dell’Ariston per fumare mi sono quasi messo a piangere!».
Vic: «Io ho la fobia del vomito. Una volta Damiano si è strozzato durante un concerto e io temevo che avrebbe vomitato. Avevo un’ansia pazzesca e mi veniva da piangere. Oppure quando i fan stanno male, mi giro perché temo che vomitino».
Ethan: «Io ho paura di diventare come loro! E un po’ temo il buio».
Per finire, una curiosità: il prof che vi diceva «Zitti e buoni», da cui viene il titolo della canzone vincitrice, si è fatto sentire?
Damiano: «La questione del prof è nata da un tweet di @Dio, un influencer che gestiva il nostro profilo e che ha sparato a zero un po’ su tutto, anche durante il Festival. “Zitti e buoni” non è riferito a nessuno della mia carriera scolastica, anche se... Ho visto un’intervista alla mia preside, diceva quanto fossi bello, bravo, simpatico e quanto fossimo amici, ma non era vero niente! Smentisco tutto. La verità è che ci odiavamo reciprocamente. Che ora vadano tutti a dire che sono amici miei non mi va proprio!»