Siamo stati al concerto del mitico artista americano. Che all’ingresso ha fatto “sequestrare” i cellulari
La grande musica richiede concentrazione assoluta. Al Teatro degli Arcimboldi a Milano ho assistito a uno dei concerti del primo tour italiano di Bob Dylan da cinque anni: all’ingresso le maschere del teatro hanno sigillato il mio cellulare in una busta con chiusura magnetica e l’hanno riaperta solo a fine serata con una grossa calamita, simile a quella dell’antitaccheggio nei negozi. Il sistema si chiama Yondr, è usato da tempo in America da diversi artisti (e comporta anche un costo aggiuntivo di qualche euro sul biglietto).
L’effetto è piacevolmente strano: senza alcuna distrazione ho percepito ogni dettaglio di Dylan, che ama stare nell’ombra e si nasconde dietro il piano. Immerso totalmente nel concerto, ho ascoltato le canzoni dell’ultimo album “Rough and rowdy ways”, suonate con una band stellare che passava dal blues al folk e al rock, con la sensazione di vivere in una dimensione senza tempo. Ed è stato persino piacevole non dover dimostrare sui social che «io c’ero».