J-Ax ritorna tra i banchi di scuola: «Promosso!»

Il giudice di «The Voice» è andato in un liceo classico di Milano per tenere una (seguitissima) lezione

J-Ax (vero nome Alessandro Aleotti) posa con i 500 studenti che hanno affollato l’aula magna del liceo Beccaria di Milano. «Facciamo un gesto rock!» chiede. E anche due prof, dal corridoio, rispondono all’invito...  Credit: © Pigi Cipelli
23 Marzo 2018 alle 18:08

di Bianca, Guido, Rosita, Francesca, Tommaso, Matteo, Elena, Ludovico e Flavia

Questa intervista dovete proprio leggerla. Meriterebbe di comparire nel Guinness dei primati, perché vanta il maggior numero di intervistatori: 500, se si considerano tutti quelli che hanno partecipato all’iniziativa. Un po’ meno, ma comunque parecchi, se si contano solo gli autori delle domande qui  selezionate. Da record è stato anche il coraggio di J-Ax, che ha accettato di tornare a scuola (con un po’ di commozione) per confrontarsi senza filtri con gli studenti del liceo classico Beccaria di Milano nell’ambito di una lezione sul valore della musica nella vita. Pronti a farvi sorprendere?    
 
All’inizio della tua carriera i tuoi genitori ti hanno supportato o volevano che facessi un lavoro «serio»? Tommaso, I A
«Ehi, fare il musicista è un lavoro serio! Ma i miei genitori, ovvio, non erano d’accordo sul fatto che potessi vivere con il rap. Ho sempre avuto un “piano B”: mentre registravo il mio primo disco avevo un lavoro e andavo in studio dopo l’ufficio fino alle 4 del mattino, poi dormivo due ore e tornavo a lavorare. Ed è questo che devo ai miei genitori: “Puoi fare ciò che vuoi, a patto che non stai a casa tutto il giorno a pensare ai tuoi sogni”. Da allora ho sempre lavorato sodo finché la musica non mi ha ripagato».
 
A scuola eri bullizzato: che consigli daresti a chi oggi è nella stessa situazione? Francesca, I G  
«Non vi dirò soltanto, come fanno tutti, di parlarne con gli adulti a casa. Quello che vi voglio trasmettere è: non pensate che, siccome la vittima del bullismo non siete voi, non dobbiate preoccuparvene. Quel bullo domani potrebbe essere un capo al lavoro, o il vostro vicino di casa. Mettetevi in mezzo, fermiamoli subito. Ora sta a voi fare gli Avengers!».
 
In un pezzo dici: «Sarà che al posto di un bambino Dio mi ha dato 2 milioni di nipoti». Ora che hai avuto un figlio è cambiato il tuo modo di scrivere canzoni? Ludovico, I A
«Detestavo tutti quelli che mi dicevano: “Vedrai, con un figlio la tua vita cambierà completamente” mostrandomi migliaia di fotine del loro bambino sul cellulare. Ma il giorno dopo essere diventato padre sono diventato esattamente così. Da quando ho un bambino (Nicolas, che ha un anno, ndr) penso a lui tutto il giorno. E sì, anche il mio modo di scrivere è cambiato, ma in meglio. Ho passato la prima parte della mia vita a fare la rivoluzione, a distruggere, ora mi preoccupo di costruire per chi arriverà dopo di me».
 
Dopo averla cantata e ricantata tante volte una canzone perde di significato? Flavia, II B
«Bisognerebbe sempre dire che ogni volta è come la prima. La verità? Certi pezzi storici che devo fare a tutti i concerti sono ormai “automatici”. Mentre li canto riesco a pensare ad altro: a come vanno il concerto, le luci, la scenografia. Invece le canzoni che non canto da tempo mi portano a pensare a com’ero quando le ho create. A volte non mi riconosco più e mi chiedo come abbia potuto scriverle».
 
Quale momento della tua carriera ti rimarrà impresso per sempre? Rosita, II F
«Nel 1994 gli Articolo 31 stavano vivendo una fase controversa. La nostra etichetta era riuscita a iscriverci a una manifestazione tv per eleggere il singolo dell’estate, ma solo perché gestiva anche molti artisti dance popolarissimi: impose la nostra partecipazione come “merce di scambio”. Tutte le star dormivano al Grand Hotel, noi invece eravamo sistemati a chilometri dal palco, in una pensione piena di anziani incuriositi dal nostro look bizzarro. Ma quell’anno fu introdotto il televoto e questo ci premiò: vincemmo e tutto cambiò. Dopo il trionfo, invece di festeggiare con gli altri artisti al Grand Hotel, tornammo al nostro alberghetto per brindare con i “nostri” vecchietti».
 
Qual è stato il tuo periodo professionalmente più impegnativo? Elena, II F
«Dopo lo scioglimento degli Articolo 31 mi sono fermato a riflettere a lungo, ma intanto la musica e i gusti cambiavano. Da rapper di successo mi sono ritrovato a essere “uno che era passato”. Ho dovuto ricominciare da capo, gavetta compresa».

Cosa pensi dell’evoluzione che sta avendo il rap in questi ultimi anni? Matteo, I E
«È giusto che la nuova generazione abbia il suo modo di intendere il rap. Non ho nulla da ridire se non per il look. Ma in fondo, a pensarci bene, anche noi eravamo pieni di tatuaggi. Oggi invece i rapper preferiscono farsi i capelli rosa...».
 
Sarai tu il padrino di Leo, il figlio del tuo «socio» Fedez? (Anonimo, II B)
«No! C’è già una lunga lista di persone nelle famiglie di Fedez e di Chiara (Ferragni, ndr) in gara per fare da padrino. Ma sarò felice di essere lo zio più figo di tutti».

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