Riki, il nuovo fenomeno del pop italiano rivela le proprie mosse

Nel 2017 in Italia ha venduto più dischi di tutti «Non sarei arrivato fin qui se non fossi così testardo e infatti l'album che sta per uscire si chiamerà Mania»

Riccardo «Riki» Marcuzzo. Ha scritto la sua prima canzone quando aveva sette anni durante una vacanza al mare  Credit: © Julian Hargreaves
29 Settembre 2017 alle 09:49

Nessuno in Italia quest’anno ha venduto più dischi di Riki, il vincitore di «Amici 16» nella categoria canto, ma le 150 mila copie dell’album d’esordio «Perdo le parole» e le otto settimane al primo posto della Superclassifica non equivalgono a una consacrazione, non ancora. Perché adesso arriva la parte più difficile e lui, la popstar di bell’aspetto alla Justin Bieber che in Italia mancava (definizione di Simona Ventura), lo sa bene: «Non dirmi “bravo” ma “è solo l’inizio”» ha scritto qualche settimana fa su Instagram per festeggiare il traguardo del milione di follower.

Armato di questa consapevolezza,  Riccardo Marcuzzo, 25enne di Pessano con Bornago (piccolo centro a una ventina di chilometri da Milano), sta preparando le sue prossime mosse, che saranno decisive per il consolidamento di un successo arrivato all’improvviso. Ne parliamo con lui nello studio di registrazione in cui stanno prendendo vita le canzoni del nuovo album «Mania», in uscita a fine ottobre, preceduto, il 29 settembre, dal singolo «Se parlassero di noi».

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Cinque mesi tra il primo e il secondo disco non sono pochi?
«Forse sì, ma gli straordinari risultati di “Perdo le parole”, che è un Ep di sole sette canzoni, mi hanno convinto a realizzare subito un vero e proprio album con alcuni dei brani che avevo tenuto da parte».

Come nasce il titolo «Mania»?
«Potrei inventarmi una spiegazione profonda, ma la verità è molto più semplice: Riki e Mania letti di fila suonano benissimo. È anche vero, però, che il titolo riflette il mio essere maniacale in quello che faccio. Non posso negarlo, sono un vero rompiscatole e mi fido solo del mio gusto».

In che modo «Mania» sarà diverso dal primo disco?
«Cambia il mix tra ballad e brani ritmati, è un disco invernale, riflessivo, dove prevalgono le canzoni nate da momenti di profonda tristezza rispetto a quelle nate dalla felicità. Il primo singolo, “Se parlassero di noi”, di cui ho scritto il ritornello appena dopo aver saputo di essere stato sospeso per tre giorni da “Amici”, lo rappresenta bene. Ma sia chiaro, non è un disco deprimente». 

Ci sarà anche la canzone nata nel talent durante una delle prime lezioni con Elisa?
«Quella melodia improvvisata, che è piaciuta subito a Elisa, è diventata una delle più belle canzoni del disco».

Tra i brani rimasti fuori dal nuovo album c’è quello che vorresti portare a Sanremo?
«Il Festival non è nei miei piani, adesso non lo voglio fare».

Diresti di no al direttore artistico Claudio Baglioni?
«Gli direi: “Guarda Claudio, mia madre ti ascolta tutti i giorni da una vita, sei un fenomeno, ma io non mi vedo a Sanremo quest’anno, mi dispiace”».

Tu non suoni uno strumento, quindi le tue melodie non nascono alla chitarra o al pianoforte, ma solo nella tua testa. Non ti senti limitato da questo?
«In questo momento non sento l’urgenza di imparare a suonare e comunque non ho tempo. Lo farò sicuramente, ma la verità è che mi fa un po’ paura cambiare una cosa che funziona così bene. Io compongo e scrivo con l’istinto, poi ci pensa il mio produttore Riccardo Scirè a trasformare quelle melodie e quelle parole in canzoni. Imparare a suonare significherebbe dare una struttura a questo processo creativo. Allora sì che mi sentirei limitato».

A novembre debutterai dal vivo con due concerti a Milano e Roma in locali di media capienza già tutti esauriti. Forse potevi puntare da subito ai palazzetti e alle grandi arene. Da dove nasce questa prudenza?
«Io in realtà volevo subito i palazzetti, i 3.000 posti dell’Alcatraz di Milano, per esempio, mi sembravano pochi e per questo ho protestato con Francesco (Facchinetti, il manager di Riki, ndr) ma poi ho capito che aveva ragione lui. Essere accolti da 6.000 fan in un centro commerciale per firmare autografi non ti garantisce il tutto esaurito al Forum di Assago, non funziona così. Al limite si fa sempre in tempo a spostare il concerto in un posto più grande».

Per Francesco Facchinetti non deve essere facile tenerti testa.
«Il rapporto è diretto, con tanti momenti di confronto. È una tensione costruttiva, che mi insegna molto». 

Durante «Amici» il tuo carattere ti ha creato qualche problema. La stessa Maria De Filippi ti ha definito, seppure in senso buono, testone e pignolo. È cambiato qualcosa nel frattempo?
«Ci sto lavorando e certe cose non le rifarei più allo stesso modo. Ma il pubblico deve capire che in quel contesto, sotto quella pressione, è molto facile perdere le staffe. Adesso che sono tornato nel mondo reale riesco a gestire meglio certi aspetti del mio carattere. E lo sto dimostrando in questi giorni, sotto una pressione ancora più forte, quella che sento lavorando a un album così importante per la mia carriera».

Che cosa è rimasto del Riccardo Marcuzzo di un anno fa, della tua vita prima del provino di «Amici»?
«Caratterialmente sono lo stesso, purtroppo però ho dovuto rinunciare allo studio di design che avevo aperto con un amico. Quello che ho imparato all’università ora lo applico alla mia nuova realtà. E così mi occupo io delle copertine dei miei dischi e, prossimamente, del palco dei miei concerti».

Hai già comunque lasciato il segno anche in quel campo. Sul sito dell’istituto che hai frequentato fa bella mostra di sé una delle tue creazioni.
«Si, è un sistema di lampade a sospensione per interni che ho progettato per la tesi con altri tre allievi. È fatto in modo da depurare l’ambiente con la luce».

È mai entrato in commercio?
«Un’importante azienda del settore  lo aveva  preso in considerazione ma i costi di produzione erano alti e alla fine non se ne è fatto più niente».

Tua mamma Raffaella ha sempre cercato di farti rinunciare al sogno di diventare un cantante di successo. Si è finalmente convinta o cerca ancora di scoraggiarti?
«Si è convinta, per forza, ma non lo ammette così esplicitamente. Avverto in lei un conflitto interiore tra il dover ammettere di essersi sbagliata e l’essere contenta di come vanno le cose. Ogni tanto le ricordo di quando diceva che con le mie canzoni non sarei andato da nessuna parte».

Forse vederti vincere a Sanremo la convincerebbe definitivamente.
«Probabilmente sì, di certo so che sarà contentissima di vedermi sulla copertina di Sorrisi».

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