Il libro esce il 2 novembre per Rizzoli ed è l’autobiografia di Sergio, a partire dalla sua infanzia a Inglewood, Los Angeles, fino a oggi. Il disco natalizio arriverà, invece, il 17 novembre
Si chiama «Big Boy», come la canzone scritta per lui da Ermal Meta, il primo libro di Sergio Sylvestre, il cantante portato al successo da «Amici» e che ha partecipato allo scorso Sanremo con il brano «Con te». Esce il 2 novembre per Rizzoli (252 pagine, 16,90 euro e-book 9,99 euro) ed è l’autobiografia di Sergio, a partire dalla sua infanzia a Inglewood, Los Angeles, fino a oggi: alla sua vita come musicista in Italia.
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Sergio, com’è nata l’idea del libro?
«Tutto è iniziato a maggio, quando è morto mio padre Felder. Fin da piccolo ho sempre tenuto con me un diario per trascrivere le mie emozioni, specialmente nei momenti difficili. Per me è stata durissima perderlo, ma ho capito che stavolta non bastava concentrare il dolore in poche righe. Dovevo fare di più: scrivere la mia storia per ringraziare papà della sua generosità. È solo grazie a lui se oggi sono l’adulto che sono. Se vivo qui, in Salento, se ho trovato la mia strada. Papà mi ha insegnato a non arrendermi mai, a guardarmi dentro e a guardare lontano».
Già dal primo capitolo si capisce che hai avuto un’infanzia in cui hai dovuto lottare.
«Sì. Non a caso la prima immagine del libro è quella di me e mio fratello Gallieni che lottiamo come i wrestler, combinando disastri in casa. Racconto di mia sorella Natalie che ci ricatta pensando di dire tutto a mamma e papà e poi si mette a fare l’arbitro della lotta».
Gallieni è uno strano nome. Come mai tuo fratello si chiama così?
«Anche il mio nome vero non scherza (ride). Mi chiamo Sergiofeld. Papà era un tipo bizzarro. Mio fratello lo ha chiamato così perché gli piaceva il profumo Galliano. A me voleva chiamare Felder, come lui. Mamma invece voleva chiamarmi Sergio. Alla fine è venuto fuori il mix. Ma tutta la mia famiglia è un bel mix».
Perché?
«Papà è haitiano, mamma messicana. E poi con noi, nella nostra casetta bianca a Los Angeles, ha vissuto anche lo zio Manfred. Uno zio acquisito, tedesco, bianchissimo. Avevamo anche tanti animali in casa. Tre pavoni sul retro e due conigli che hanno fatto una brutta fine».
Aiuto...
«Me li ricordo ancora: Bugs ed Elizabeth. Un giorno sono spariti e con mio fratello ci siamo messi a cercarli con tanto di cartelli “Conigli smarriti”. Poi quella sera a cena abbiamo mangiato pollo e carote. Che fosse pollo (e non coniglio) è quello che ci hanno fatto credere per anni...».
Che trauma! Adesso hai animali in casa?
«Sì, ho preso un cane, un bulldog francese e l’ho chiamato Pablo. Sai, ero triste per papà. Sono stato malissimo. Avevo bisogno di qualcuno da accarezzare. Dal mio libro si capisce che sono stato sempre un ragazzo troppo, troppo sensibile».
Per chi hai scritto la tua autobiografia?
«Non solo per i miei fan, ma per tanti ragazzi che oggi magari hanno problemi di bullismo o di razzismo come è successo a me fin dai tempi dell’asilo perché ero diverso. Troppo big, troppo grosso, troppo nero per i bianchi, troppo messicano per gli altri neri. Magari molti ragazzi non hanno qualcuno che li capisca, a cui chiedere aiuto. Voglio essere la loro voce».
Cosa consiglieresti ai ragazzi che vogliono scrivere un romanzo, ma che magari non ci riescono?
«Di non aver paura di provare emozioni. Può essere doloroso rivivere i ricordi del passato che ci hanno fatto soffrire, ma poi la scrittura ti guarisce, ti serve. Quando per me era troppo difficile scrivere, io me ne andavo in spiaggia, qui, nelle spiagge di Gallipoli, a guardare il mare. Puntare lo sguardo lontano, prendere le distanze, guardare l’orizzonte mi è stato utile».
Quando presenterai il libro?
«Sui miei social ci sono tutte le date dei firmacopie e man mano le aggiorno. Inizio a Roma il 3 novembre, il 4 a Torino, il 5 a Milano, l’11 nella mia Lecce, la città dove è iniziato il mio riscatto, come racconto nel libro, e poi Napoli il 12».
Canterai durante le presentazioni?
«No, mi concentrerò sulla storia e risponderò a tante domande e a tutte le curiosità. Però riguardo alla musica sto preparando qualcosa di bello: un disco di Natale. Si chiama “Big Christmas” e uscirà il 17 novembre».
Dopo questo libro è cambiato il significato dell’aggettivo “Big” per te?
«Sì, è cambiato tante volte e ancora cambierà. Prima “Big” era un difetto. Adesso so che essere “grande” è la mia forza, il mio coraggio. Dio ci ha creati tutti diversi perché altrimenti il mondo sarebbe stato noioso. In fondo il messaggio del libro è questo: la diversità è una cosa bella e può diventare un’occasione di felicità».
In arrivo l'album di Natale
Il 17 novembre uscirà «Big Christmas», il suo nuovo album prodotto da Diego Calvetti che raccoglie classici natalizi come «Let It Snow», «White Christmas», «Santa Claus Is Coming To Town», «Have Yourself a Merry Little Christmas» e un inedito medley di «Jingle Bells» e «Jingle Bell Rock».
Non mancano poi le sorprese come le versioni gospel di «I Will Follow Him», «Oh Happy Day» e una struggente ed emozionante versione di «Hallelujah».
Tracklist:
1) Let It Snow
2) The Christmas Song
3) Jingle Bells/Jingle Bell Rock
4) White Christmas
5) I Will Follow Him
6) Over the Rainbow
7) Santa Claus Is Coming to Town
8) Little Drummer Boy
9) Oh Happy Day
10) Hallelujah
11) Have Yourself a Merry Little Christmas