Tony Maiello: «Sono rinato. Come persona e come autore»

Da X Factor 1, il vincitore di Sanremo Giovani 2010 racconta il suo percorso (delicato) nella musica

6 Luglio 2016 alle 16:24

La storia di Tony Maiello mi ha davvero affascinato. Sembrava un po' sparito, mi sono girato e dopo un attimo (diciamo qualche anno) lo ritrovo autore di un brano di Laura Pausini, a mio parere uno dei più belli di "Simili": "200 Note". Dopo pochi mesi la sua carriera di autore decolla, lavorando (anche) con Francesco Renga. Parlando con lui ho scoperto un artista molto diverso dal ragazzo visto durante il primo X Factor e più maturo rispetto al vincitore di Sanremo "Nuova Generazione" nel 2010. È stato bello chiacchierare con Tony Maiello: oggi, dopo un momento davvero difficile, ha ripreso in mano la sua vita. E ha tante cose belle (delicate, anche) da raccontare.

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Che ricordi conservi del tuo X Factor?
«Ho un ricordo lucidissimo del casting, a Roma. Io mi trovavo lì per caso, ho preso il numero e mi sono trovato dentro all'improvviso, senza nemmeno crederci molto. Ero un ragazzo timidissimo, non che adesso sia troppo diverso! (Ride) Ma è stato un percorso di crescita inaspettato, bellissimo».

Una persona timida che affronta la tv è una bella sfida!
«All'inizio non era com'è adesso, X Factor era un po' più reality. Oltre a non avere contatti con l'esterno avevamo le telecamere addosso per molto più tempo di oggi. Poi quell'edizione è durata tantissimo, ci sono stati un sacco di nuovi ingressi. Io ero arrivato alla fine del tutto stremato».

La tua voce non era pronta a uno stress così forte?
«Avevo fatto un po' di piano bar, ma avevo poca esperienza. Non so se ve lo ricordate ma ho cantato l'inedito "Mi manca il respiro" con tre siringhe di cortisone in corpo. No, probabilmente non ero ancora pronto».

Ti sarebbe piaciuto partecipare oggi a X Factor e non così "prematuramente"?
«Avrei sicuramente aspettato un po', almeno per avere più chiaro in mente il percorso che volevo intraprendere, magari con delle mie canzoni. Oggi chi arriva in gara a X Factor ha già un percorso discografico in potenziale imbastito per loro, noi autori possiamo andarli a conoscere. In quel talent non ci si va solo per farsi vedere o per dire cose a caso. Ti può anche andare bene, ma se non hai nulla da dire o degli autori che hanno qualcosa di bello da dire attraverso la tua voce, non si va lontano».

Cosa ti ha insegnato Mara Maionchi?
«Attraverso i cazziatoni intendi? (ride) Un sacco di cose belle, sia lei che suo marito. Poi, dopo Sanremo, non c'erano più le condizioni per continuare il percorso assieme. Ma ci sentiamo tutt'ora, abbiamo fatto un bel pezzo di strada assieme, permettendomi di maturare dal punto di vista lavorativo, ma soprattutto umano».



Hai vinto Sanremo Giovani in un'annata stranissima!
«È vero! Era un anno particolare, non avevo una major dietro e il peso dei giovani non è quello che c'è adesso con Carlo Conti. È stata un'edizione di successo, ma dopo questa vittoria tutto si è mosso al di sotto delle nostre aspettative. A posteriori, quasi mi dispiace aver vinto! Visto che tra i big forse non potrei mai entrarci, almeno avrei riprovato tra i giovani. Ma da vincitore, purtroppo, non si può più fare».

Quando sei entrato a X Factor sognavi di diventare una pop star?
«Più che altro sognavo di mostrare di saper fare qualcosa di bello nella musica. Quando pensi di saperla fare, la fai, il pubblico lo riconosce e inizia a riconoscerti per questo, è una bellissima conseguenza. Anche se, va detto, la popolarità è una droga alla quale bisogna stare un po' attenti. Per me essere pop star è stare su un palco e comunicare con il pubblico attraverso la mia voce, attraverso le mia parole. Tutto qui».

Come nasce la svolta da autore?
«Da un cassetto che stava per scoppiare. Ho avuto un lungo periodo di crisi negli ultimi anni, più o meno mi riferisco al 2013. Mi stavo perdendo, credo di essermi del tutto perso. Mi sono staccato dalla musica dopo tanto tempo, ho fatto il broker assicurativo nel settore ospedaliero, mi sono travestito da muffin per una pasticceria. In quel momento, all'improvviso, sono nate tantissime canzoni: le proponevo ma nessuno le voleva».

Stavi per mollare tutto?
«Sì, stavo mollando la musica e anche Milano e qui ci vivo da tanti anni. Mi sono detto: "Tony, se qui non riesci a vivere di musica, torni a Napoli e smetti di farla. La tua musica non interessa a nessuno". Il punto è che un ragazzo che ha fatto X Factor dieci edizioni fa e ha vinto Sanremo Giovani cinque anni prima, non convinceva. Ma ho trovato la forza di reagire».

Come hai fatto?
«Ho insistito per farmi ascoltare. Non farò nomi, ma tra le varie follie ho scavalcato il cancello di un'etichetta discografica per poter entrare e lasciare i miei brani facendomi poi buttare fuori, giustamente, a calci nel sedere. Una di queste persone "inseguite", "stalkerata" tra Facebook e dopo qualche piantone sotto il suo ufficio, mi ha ascoltato e mi ha proposto di ripartire seguendo la strada di autore».

E la tua nuova vita da autore è cominciata da Laura Pausini.
«Sì. Io "200 note" l'ho scritta nel 2011, era un brano pronto per essere proposto a Sanremo tra i Big dopo la mia vittoria dell'anno prima. Non lo volevo dare a nessuno, tenendolo nel cassetto e aspettando l'occasione che non è mai arrivata. Ho inviato dei miei brani all'attuale manager di Laura, Fabrizia Cerciello. Mi sono arrivati dei complimenti ma mai avrei creduto che qualcosa di così bello potesse succedere».

Com'è stata selezionata "200 note"?
«Il giorno di Pasqua 2015 mi arriva la notizia che il brano è stato scelto. Sono scoppiato in lacrime perché sono passato dalla resa alla rinascita con un brano che per me rappresenta tutto, le mie gioie e i miei dolori. Abbiamo lavorato a distanza, poi con Laura ci siamo incontrati e abbracciati. Dopo quel momento davvero brutto, di perdizione e in qualche modo anche di depressione, qualcosa è cambiato".

Quando eri nel momento più buio hai cercato aiuto?
«Sono andato da un professionista per valutare il problema e appena ho sentito la parola "depressione" me ne sono andato. È una parola che mi ha fatto paura. Quella fuga non è stata solo con le gambe, ma anche con lo spirito e con la testa. Avevo due strade, quella in cui mi sarei perso del tutto, oppure quella giusta. Mi sono aiutato e in quel periodo avrei preferito avere un ginocchio rotto piuttosto che quel dolore dell'anima».

Di recente hai lavorato a parecchi brani con Francesco Renga.
«Sì, per il suo album "Scriverò il tuo nome". È una persona umilissima, è venuto in studio, abbiamo lavorato ai testi e ragionato senza filtri sui brani. In questi anni dove ci fanno intendere che un artista di successo ce la fa quasi solo grazie a se stesso e ai fan, è bello lavorare con persone che hanno un forte senso di squadra, lo dicono e ne vanno orgogliosi».



Quali sono i percorsi musicali che hai apprezzato di più, da chi è uscito da X Factor?
«Sicuramente Marco Mengoni, ha fatto un percorso e delle scelte giustissime. Ha una voce stupenda, personale e dopo l'album "Solo 2.0" ha ripreso in mano le fila della sua carriera beccando una serie di coincidenze, singoli ben selezionati, lavorando con autori e una squadra che l'ha portato dov'è adesso. È una grande fortuna essere parte di una catena dove tutti gli anelli sono forti e non si spezzano».

Altri nomi?
«Mi piace tanto Francesca Michielin: ha purezza, dolcezza e tenerezza che si mescolano a una grinta interiore fortissima. Poi suona tanti strumenti. Per la sua età è qualcosa di grandioso. Mi piace tanto anche il percorso di Giusy Ferreri».

Se dovessero fare una gara tra i nomi di tutte le edizioni di X Factor, parteciperesti?
«Perché no? Considera che noi veniamo da un'edizione Rai quasi sperimentale con un palco microscopico. Oggi sono al Forum a fare la finale, hanno le coreografie, un pubblico in studio enorme, gli schermi. È uno degli show più belli della tv oggi, è normale che mi farebbe piacere farne parte».

Vivi solo di musica adesso?
«Sì, tra le attività autorali attuali e future (c'è un progetto in cantiere molto interessante), qualche piccolo concerto dove canto anche i brani che ho scritto per altre persone: sì, vivo solo di musica. Penso anche che vivere così oggi sia un lusso concesso a chi lavora a un livello medio-alto, altrimenti, purtroppo, questo genere di lavoro non paga».

Oggi quante consapevolezze hai in più?
«Arrivavo a X Factor come un dilettante alle Olimpiadi, ho bruciato troppo le tappe. In questi anni in me c'è stato un cambiamento sostanziale, ho imparato a trasformare la mia passione in un mestiere. Dopo così tanti anni in cui ero in qualche modo esposto nel momento sbagliato, oggi da "non esposto" mi sento finalmente in grado di raccontare chi sono davvero».

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