Violetta Zironi: «X Factor con il broncio? Non è stato Semplice»

La finalista nel 2013 si racconta tra aneddoti della sua esperienza nel talent e il presente

20 Luglio 2016 alle 20:18

Violetta Zironi arriva a X Factor nel 2013 come Viò, poi si riprende il suo nome. Nella squadra di Mika delle Under Donna, dimostra fin da subito di avere un carattere forte. Con il suo inseparabile ukulele è arrivata fino in finale, nell'edizione vinta poi da Michele Bravi. Ha pubblicato a inizio giugno il singolo "Semplice", scritto con un autore eccezionale, Zibba. Per la sua giovane età (ha appena 21 anni) dimostra una maturità fuori dal comune. Oggi è una ragazza con le idee ancora più chiare sul suo passato e sul presente. Buona lettura.

Sto chiedendo a tutti quali sono i ricordi più vividi che hanno di quel periodo a X Factor.
«Ho dei ricordi molto belli della vita nel loft con gli altri ragazzi. In generale X Factor è stata un'esperienza davvero forte per me, sotto ogni punto di vista. Ricordo anche con affetto Rossana Casale, è stata amorevole come una madre e mi ha portata per mano fino alla finale. Ricordo anche lucidamente tutta la macchina produttiva professionale che mi circondava. Per una ragazza di 18 anni che ha appena finito la scuola e si ritrova d'improvviso negli studi di Sky, è qualcosa di incredibile».

Quando ti abitui a una macchina produttiva così forte, quando poi non c'è l'hai, ne senti la mancanza?
«Sì, ma credo non valga per tutti. Noi in quel periodo eravamo trattati come dei principi e come delle principesse. Viziati, se posso dirlo in questi termini. Però io non ho mai avuto grandi scenografie, sia Mika che Tommassini ci hanno sempre tenuto a rendere le mie performance il più spoglie possibili. Ho notato che altri colleghi del mio anno avevano delle scenografie che davano loro moltissima forza. Quando non hai più i mezzi del talent e suoni in un localino, il pubblico per qualche motivo si aspetta quella magnificenza. Purtroppo se non hai ballerini, luci pazzesche, installazioni artistiche e devi reggere il palco da solo, puoi avere delle difficoltà enormi, specie se non hai esperienza. Così, si rompe la magia».

Come mai Rossana Casale ti ha lasciato così tanto il segno?
«Perché io non avevo mai seguito una lezione di canto prima di allora e non avevo mai cantato in italiano. Rossana ha un grandissimo cuore, un cuore raro che mi ha aiutato a "vivere" le canzoni. Mi faceva piangere da quanto le comprendevo, è una professionista straordinaria. È stata una mamma e una "psicologa della voce",  anche severa quando serviva. È stato un onore poter lavorare con lei».

E con Mika?
«La presenza di Mika a X Factor non era facile. È una persona dolcissima, ma è una star internazionale che pagava lo scotto di non capire a fondo i meccanismi della tv italiana, quindi è stato difficile per lui aiutarci sempre nel modo giusto. Noi lo conosciamo tutti come una persona solare e divertente, ma è anche molto severo: ci ha insegnato a essere più forti, anche se mi sono ritrovata a dover gestire in poche ore e da piccolissima una preparazione per cose che talvolta richiedono mesi. Non ero del tutto pronta».

Quindi come ti sei sentita in quei mesi?
«Come una persona presa alla sprovvista. Ho capito con la maturità di oggi che X Factor è un percorso che ti apre tante porte e ti permette di seguire più strade, non una soltanto. Sei tu a dover essere forte e decidere quali attraversare o percorrere. In pochissimo tempo bisogna imparare anche a saper dire di no, altrimenti potresti trovarti a sconvolgere l'idea che hai di te e questo non va bene. Questo malessere che a volte mi sentivo addosso, mi ha fatto chiudere in me stessa a per questo ho sofferto un po' l'esperienza».

Il tuo inedito «Dimmi che non passa» ha avuto un riscontro interessante nel 2013.
«Eppure adesso non la canto più di tanto nei live. Quando me la chiedono la faccio perché so che il pubblico è affezionato a quella canzone, quindi la ripropongo volentieri. Però diciamo che oggi mi sento più a mio agio in altro: sento davvero l'esigenza di mostrare che sono cresciuta, che ho sviluppato qualcosa di più profondo dei brani pubblicati in quella fase di carriera».


Cambieresti qualcosa di quel periodo a X Factor?
«Chi mi conosceva in quel periodo, mi ha visto in tv sempre imbronciata, poco serena. Non mi riconoscevano. A volte mi sono scordata di essere in un programma televisivo, questo è successo. Il pubblico televisivo non vuole vedere il broncio, vuole vedere persone gentili e sorridenti e anche gli autori del programma vogliono questo perché conoscono il loro pubblico. Mostrare anche nei momenti più difficili una carica di entusiasmo spiccata, non può che farti del bene».

Chi era Violetta in quel periodo?
«Alle me stessa di tre anni fa non fregava niente della parte televisiva. Vedevo tutto X Factor come un fatto musicale. Mi presentavo con un atteggiamento un po' freddo e l'ho mantenuto imperterrita. C'era della timidezza mescolata al disagio, perché non sopportavo di essere inquadrata continuamente. Sapevo di essere in televisione, ma era più forte di me. Qualche volta ammetto di aver risposto anche male perché volevo essere lasciata in pace. Questo genere di cose influisce molto sull'immagine che passa di te e su come poi ti vede il pubblico».

Come ti saresti comportata oggi?
«Sarei stata più "easy", cercando di vivere tutto con leggerezza. Invece sono apparsa capricciosa, un po' triste. Eppure sai cosa? Pensandoci bene quel mio non espormi mi ha portato fino alla fine. Quel senso di integrità, quella volontà un po' ferma di non concedermi troppo è stata una strategia inconsapevolmente vincente. Certo che però una risata me la potevo fare ogni tanto! (ride)».


Oggi ti vediamo spesso duettare con Jack Savoretti. Cosa gli piace di te?
«È da più di un anno che lavoro con lui e è così carino da farmi partecipare ai suoi concerti, invitandomi anche all'estero come Parigi e Londra. In quelle occasioni mi permette di cantare anche qualcosa di mio. Credo che ci accomuni il genere musicale e un tipo di sensibilità simile. Abbiamo gusti musicali identici, siamo molto in sintonia».

A giugno hai pubblicato un nuovo singolo, si chiama «Semplice», in duetto con Zibba.
«Non mi voglio fare la recensione da sola, ma è un brano molto bello! Ho conosciuto Zibba attraverso Jack Savoretti e abbiamo scritto il brano in un modo per me inusuale. Lui a un certo punto mi chiedeva cosa avevo nella testa in quel momento. Mentre parlavo, metteva le parole che dicevo in versi. Non ci potevo credere».

Cosa gli raccontavi?
«Gli raccontavo i miei pensieri sconclusionati su come certe esperienze arrivano alla loro conclusione e su come sia importante affrontare i "cambi epocali" di un rapporto con più semplicità. In questo modo spogli tutta la tensione di una storia cercando di vivere le cose in modo un po' più semplice, anche prima che finiscano. Abbiamo lavorato per la produzione a Londra, sono davvero contenta. Spero poi di riuscire a pubblicare l'Ep nato da questo progetto subito dopo l'estate».


La tua edizione è stata vinta di Michele Bravi. Cosa pensi di lui?
«Di lui ho sempre avuto tanta stima. Ho pensato fin da subito che avrebbe vinto quell'edizione, perché se lo meritava. Ha una voce particolare, un modo di interpretare altrettanto eccezionale: mi piace. Poi dopo, un po' come tutti, ha avuto una fase difficile. Trovarsi a 18 anni a essere improvvisamente la nuova star di X Factor non deve essere stato facile. Si è preso del tempo per capire chi fosse davvero e mi pare che oggi stia riprendendo le fila della sua carriera in modo super positivo».

Dimmi dei nomi di X Factor che ti piacciono tanto.
«Ti dico solo Aba! Sono proprio una sua fan. Ha sempre dimostrato una forza e un carattere unico. Affronta in modo fantastico le cose, lavorando tantissimo. La sua anima da manager le permette di auto gestirsi perfettamente, facendo a gomitate quando serve per arrivare dove vuole. Il suo, secondo me, è un bellissimo percorso».

Per chi come te oggi lavora in modo indipendente, è difficile catturare l'attenzione.
«È esattamente uno degli argomenti sui quali sto ragionando in questo periodo. Mi chiedo: come mi colloco nel mercato? Come entro nel radar dell'interesse del pubblico? Girando un po' per l'Europa in questo periodo mi sono accorta che in Italia non esiste la classe media della musica. Si passa dagli ultra milionari ai "signor nessuno" in un attimo, con qualche sparuto benestante. Quindi o fai i palazzetti oppure sei fuori dalle attenzioni dei grandi media».

La cosa ti sta un po' frustrando?
«No, davvero, non è una polemica. Più che altro mi dispiace che l'attenzione del pubblico si concentri su pochissime cose. So di non essere al 100% commerciale oggi, ma è davvero un peccato dover spendere le mie energie per trovare contatti che mi permettano di lavorare, sì, ma all'estero. È bello che ci siano brani che hanno un successo spropositato, ma che bello sarebbe vederne altri un po' meno ignorati! Chi lavora nel sottobosco della musica, questa attenzione se la merita»

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