Pinguini Tattici Nucleari: «”Giovani Wannabe” è nata quasi per caso. E invece…»

La band bergamasca spopola con il suo scatenato tormentone. Intanto lavora al prossimo disco

22 Agosto 2022 alle 07:44

Quattrocento milioni di ascolti sulle piattaforme streaming come Spotify. Basterebbe questo numero per raccontare la strepitosa ascesa dei Pinguini Tattici Nucleari. Partito nel 2012 dalla provincia bergamasca, il gruppo è arrivato fino al terzo posto del Festival di Sanremo nel 2020 e ha proseguito la sua marcia a colpi di Dischi d’oro e di platino. E mentre l’ultimo singolo “Giovani Wannabe” è diventato uno dei pezzi più ascoltati e amati di quest’estate (forse anche un po’ a sorpresa vista l’agguerrita concorrenza), i Pinguini hanno finalmente potuto portare in giro il loro tour (conclusosi a Ferragosto), rinviato per due anni a causa del Covid. È da qui che cominciamo a chiacchierare con Riccardo Zanotti, fondatore, voce e autore dei brani del gruppo. «È stato fantastico. Abbiamo suonato, tra gli altri, all’Arena di Verona, uno dei luoghi sacri della musica italiana, e al Forum di Assago (tre volte, ndr), altro palcoscenico importantissimo. Quando suoni in luoghi del genere ti confronti con due tipi di storie. Innanzitutto quella tua, di band che ha iniziato dal nulla, dai piccoli club di provincia e che adesso si ritrova davanti a 10, 20, alle volte anche 30 mila persone. E poi l’altra, la storia dei grandi che hanno calcato quei palchi. Da lì sono passati grandissimi nomi e altri ne passeranno. Si può dire, a questo punto, che abbiamo lasciato un piccolissimo segno e la cosa ci rende orgogliosi».

Una lunga strada...
«Esatto. Per questo abbiamo deciso di rendere omaggio alla nostra storia con una nuova canzone dedicata alla nostra gavetta. S’intitola “Dentisti Croazia”, dal nome del furgoncino che usavamo per le trasferte: durante la settimana portava gli anziani in Croazia a fare cure dentistiche low cost e nel fine settimana era il nostro mezzo di trasporto. Non vogliamo mai scordarci da dove veniamo».

Il successo è come lo immaginavate?
«Il mondo ti spinge a credere che se lavorerai bene alla fine ce la farai. In realtà devi anche essere disposto ad accettare qualche compromesso: l’equilibrio all’interno della band, con i manager, con la casa discografica... Alla fine il successo può essere sia una droga, sia una medicina. Dipende dalle dosi. L’importante è non perdere la cognizione del mondo, perché altrimenti rischi di perdere l’arte, di non essere più interessante. Devi sempre agire come parte di un insieme, non come la cima di una montagna».

Vi aspettavate il successo di “Giovani Wannabe”?
«Per niente! Il brano è nato una sera in studio, con un mio amico, quasi per caso, per gioco. Insomma, era una canzone non destinata a essere una hit, ma che alla fine, con estrema gioia, lo è diventata. La cosa bella è che non è una tipica canzone dell’estate: parla della cosiddetta “Generazione boh”, ossia quella di chi dice: “Non sappiamo cosa siamo, ma sappiamo quello che vogliamo diventare”. Forse è proprio un invito a diventare ciò che si vuole».

Irene, Giulia, le donne di cui parlate nei vostri dischi, sono reali o degli archetipi?
«La risposta è a metà, sono tante donne chiuse dentro la stessa canzone. In “Giulia”, per esempio, ci sono tre o quattro storie diverse che s’intrecciano fino a crearne una nuova. “Irene”, invece è una storia vera. Sarà che ero troppo giovane, ma non avevo ancora imparato bene a filtrare».

Tu e Lorenzo Pasini siete gli unici “superstiti” della formazione originale. Come sono stati questi cambiamenti?
«In alcuni casi qualcuno ha mollato perché, lavorando, non poteva stare al passo della crescita della band. Noi siamo stati fortunati perché eravamo ancora studenti e avevamo solo quello. È più facile se non hai ancora costruito nulla: non hai nulla da perdere. Altri membri, invece, avevano già costruito qualcosa e la musica è un lavoro precario, puoi cadere da un giorno all’altro. È il pubblico che decide e questa variabile spaventa. Uno ha studiato tecnologie birrarie e gira il mondo, un altro fa l’infermiere, un altro ancora lavora alla British Library, abbiamo persino un professore. Ma non c’è astio, quando vengono a vederci ci si ritrova».

È ora di un nuovo disco?
«Uscirà tra qualche mese. Ha avuto una lunga gestazione, contiene molte canzoni scritte durante il tour. Ci stiamo lavorando».

Titolo?
«Non c’è ancora, ma a me piacerebbe che avesse all’interno l’idea di insieme. Per esempio “Band”, anche se è un po’ semplice potrebbe essere una buona soluzione, ma non so se gli altri me lo faranno passare...»

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