Lucio Battisti attraverso dieci indimenticabili canzoni
Abbiamo selezionato dieci canzoni per omaggiare il grande Lucio Battisti, dagli esordi al periodo d'oro con Mogol, fino alla collaborazione con Panella
Quando si nomina Lucio Battisti vengono istantaneamente in mente decine e decine di canzoni, sia ai grandi appassionati sia a chi lo conosce poco, tale è stato il suo impatto sulla musica italiana. Battisti è tra i pochissimi artisti ad aver messo d’accordo sia il pubblico, che lo ha premiato con oltre 25 milioni di dischi venduti, sia la critica, grazie alla sua costante volontà di spingersi oltre e sperimentare.
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Il cofanetto
«Un artista non può camminare dietro il suo pubblico, un artista deve camminare davanti» è la sua celebre frase: e infatti nel corso della sua carriera è riuscito ad unire la musica leggera con tantissime influenze diverse, dalla musica latina al progressive, dalla disco music a persino il rap e la techno nei suoi ultimi album sperimentali.
Con le dieci canzoni che trovate di seguito vogliamo omaggiare alcuni dei suoi più grandi successi e i brani più significativi della carriera, dagli esordi portati al successo da Dik Dik ed Equipe 84, al periodo d’oro della collaborazione con Mogol fino agli ultimi lavori con Panella.
«Un'avventura»
Battisti esordisce come compositore di brani portati al successo da band come i Dik Dik, gli Equipe 84, i Ribelli e i Balordi, poi nel 1969 decide di partecipare alla 19esima edizione del Festival di Sanremo come interprete. Il brano portato è «Un’avventura», in coppia con Wilson Pickett per via dell’atmosfera del brano rhythm and blues, che si classificherà al nono posto.
La partecipazione sanremese aumenta chiaramente la sua popolarità e la canzone sarà una delle sue più celebri, raccontando una classica storia d’amore in cui due ragazzi si giurano fedeltà eterna («Tu sei mia, tu sei mia/fino a quando gli occhi miei/avran luce per guardare gli occhi tuoi»). Del brano esistono diverse cover, tra cui una versione di Mietta del 2000 e una più recente di Gianna Nannini (inclusa in «Hitalia» del 2014).
«Non è Francesca»
La canzone è stata interpretata inizialmente da I Balordi nel 1967, senza ottenere però grandi riscontri, finché Battisti decide di inciderla nel gennaio del 1969 includendola come lato B di «Un’avventura». Il brano diventa così tra i più amati di Battisti, grazie anche ad un testo ironico in cui un amico riferisce un tradimento ma il protagonista non crede possa trattarsi realmente della “sua” Francesca, che gli è sempre stata fedele.
Anche a livello musicale dimostra la genialità di Battisti e dell’arrangiatore Giampiero Reverberi, con un accompagnamento semplice di chitarra acustica e archi che evidenziano la voce ed una coda strumentale di due minuti in cui compaiono diversi altri strumenti.
«Mi ritorni in mente»
Si tratta non solo di una delle canzoni più significative e famose di Lucio Battisti, ma di un vero e proprio classico della musica leggera italiana. Nel 1969 Battisti sta per pubblicare il nuovo singolo «7 e 40» con il lato B «Una», ma appena completa «Mi ritorni in mente» decide di inserirla come lato A al posto di «Una».
La canzone ha in realtà origini lontane, in un brano scritto nel 1965 insieme a Roberto Matano dal titolo «Non chiederò la carità», a cui Mogol scrive un testo completamente nuovo. Il produttore Alessandro Colombini ha raccontato che una sua storia d’amore sarebbe l’ispirazione per il racconto del pezzo (anche se Mogol ha in seguito smentito).
«Il tempo di morire»
Nel 1970 Battisti vince il Festivalbar per la seconda volta consecutiva (con «Fiori rosa fiori di pesco»), ma il brano ancora più celebre è il lato B «Il tempo di morire». Per quanto riguarda la musica si tratta di un brano che unisce rock e rhythm and blues e in cui Battisti regala una delle sue interpretazioni migliori, rendendo perfettamente la disperazione e l’ossessione del protagonista. Il testo di Mogol racconta infatti di un ragazzo innamorato di una donna già impegnata, alla quale vuole offrire di tutto pur di convincerla ad amarlo.
In un celebre passaggio della canzone offre persino la sua motocicletta 10 hp, tanto preziosa, anche se Mogol si rese conto soltanto anni dopo che 10 cavalli fossero una potenza decisamente modesta. Anche di questa canzone esistono numerose cover, tra cui una versione rock dei Litfiba del 1990 e una dal vivo di Vasco Rossi (registrata live al Mugello nel 1996).
«Emozioni»
Sempre nel 1970 (ad ottobre) esce uno dei singoli più celebri di Battisti, la meravigliosa «Emozioni», scritta di getto all’indomani di un viaggio a cavallo tra Roma e Milano. Mogol riesce a raccontare perfettamente nel testo le diverse emozioni che un uomo può provare, dalla rabbia al dolore alla gioia, attraverso alcune metafore che ricalcano le riflessioni interiori (come seguire con gli occhi un airone e trovarsi a volare, o stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro di noi).
La canzone affascinò anche il chitarrista degli Who Pete Townshend, al punto che si vociferò di una sua possibile collaborazione con Battisti e Mogol durante un incontro a Londra. Alcuni versi in particolare sono entrati nella storia, come «guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire» o il ritornello «capire tu non puoi/tu chiamale se vuoi emozioni».
«La canzone del sole»
Non esiste chitarrista che, muovendo i suoi primi passi, non abbia imparato gli accordi di questa canzone del 1971. Semplice, ma al tempo stesso efficacissimo, il brano descrive un incontro tra due amici d’infanzia dopo molti anni, evidenziando come si cambi a livello fisico e psicologico. Mogol trae ispirazione da un’amica di nome Titty incontrata da bambino a Silvi Marina e mette in contrasto l’innocenza dei giovani con i sentimenti degli adulti attraverso il celebre «mare nero», opposto al mare che era «chiaro e trasparente».
Battisti ne ha registrato anche versioni in lingua straniera: in inglese con il titolo «The Sun Song» e in spagnolo «La canciòn del sol». Chiaramente è una delle canzoni che vanta più cover italiane, da parte di artisti tanto diversi come Fiorello, Mina, Ligabue e i Formula 3.
«I giardini di marzo»
«Il carretto passava e quell'uomo gridava gelati!», uno degli incipit più celebri della musica italiana, introduce la splendida canzone del 1972 in cui Mogol racconta autobiograficamente gli anni del dopoguerra. «Mi ricordo il punto esatto dove passava un carretto dove potevamo comprare per 10 lire dei gelati quadrati e due biscotti, ma quando si era vicini alla fine del mese mia madre non mi dava i soldi, la vita era dura anche per i miei e la situazione economica non era florida» ha raccontato qualche anno fa.
L’interpretazione quasi sognante di Battisti l’ha resa un enorme successo, incluso nel disco «Umanamente uomo: il sogno» che esce per la prima volta per l’etichetta Numero Uno, fondata dallo stesso Battisti con Mogol, Colombini ed altri autori.
«Il mio canto libero»
Il 1972 è anche l’anno di uscita di un altro classico della musica pop italiana, «Il mio canto libero», vero e proprio inno nuovamente con musica di Battisti e testo di Mogol. Quest’ultimo si ispira alla separazione dalla moglie e l’incontro con una nuova compagna, riferendosi nel testo anche alla cascina ricoperta «dalle rose selvatiche» in cui va ad abitare, oltre al celebre mulino che diventerà poi uno studio di registrazione.
Anche per questa canzone Battisti incide versioni internazionali, ad esempio in inglese («A Song To Feel Alive»), in spagnolo («Mi libre canciòn») e in tedesco («Unser Freies Lied»). Il brano è stato interpretato poi da Laura Pausini nel 2006, in duetto con Juanes, e più recentemente da Francesca Michielin al Festival di Sanremo 2016.
«Con il nastro rosa»
Il magnifico sodalizio artistico con Mogol termina nel 1980, con l’uscita del disco «Una giornata uggiosa», per divergenze artistiche e anche per questioni di diritti d’autore. Il duo lascia comunque il segno, per l’ultima volta insieme, con questa celebre canzone sui dubbi assillanti di un uomo che sta per sposarsi («chissà chi sei, chissà che sarai»,«spero tanto tu sia sincera»).
Il brano esce come lato B del singolo «Una giornata uggiosa» ma diventa decisamente più famoso e l’espressione nel ritornello «lo scopriremo solo vivendo» è ormai praticamente un proverbio per esprimere una situazione incerta. Nell’album viene inclusa anche «Amore mio di provincia», l'ultima canzone cantata in TV da Battisti, alla televisione svizzera, forse per via di una scommessa persa con un amico.
«La metro eccetera»
Da metà anni ottanta in poi Battisti inizia una nuova collaborazione per i testi, affidati al poeta e paroliere Pasquale Panella. Questa seconda fase è sicuramente criptica, musicalmente Lucio si avvicina sempre di più a dub, techno e persino all’hip hop, mentre i testi sono poco decifrabili o complessi (ad esempio nell’ultimo album «Hegel», con alcuni richiami all’idealismo tedesco). Delle 40 canzoni pubblicate nel corso del sodalizio con Panella, una delle più orecchiabili è «La metro eccetera», contenuta nel disco del 1992 «Cosa succederà alla ragazza».
La melodia è più tradizionale, con alcuni passaggi che ricordano «Il paradiso» (brano del 1968) e il testo descrive nei dettagli un viaggio in metropolitana. Senz’altro la seconda parte della carriera di Battisti ha diviso e spiazzato il pubblico (e la critica), ma merita di essere ascoltata e rappresenta la sua volontà di non fermare mai la sperimentazione.