Neil Young, il "cavallo pazzo" del rock canadese, ha una lunga e gloriosa storia rock alle spalle, fatta di decine di album e centinaia di canzoni, tutte superlative. La sua carriera iniziò negli anni Sessanta, quando, ancora giovanissimo, cominciò a suonare la chitarra in quel di Los Angeles, assieme ai Buffalo Springfield (dove militavano anche musicisti come Stephen Stills e Richie Furay). Venne il turno del gruppo Crosby, Stills, Nash & Young, assieme al quale il Nostro incise due lp considerati dei classici: Déjà vu (del 1970) e il live 4 Way Street (del 1971). Il successo di critica e pubblico fu eclatante e la carriera solista di Neil, con o senza la sua band di accompagnamento preferita, i Crazy Horse, decollò per davvero. Album quali Harvest (del 1972), l'elettrico Zuma (del 1975), o ancora Ragged Glory (del 1990) e Sleeps With Angels (del 1994), dedicato a Kurt Cobain, sono le tappe più salienti di una carriera artistica foriera di soddisfazioni per l'artista nativo di Toronto. Ora, nel 2016, Neil si ripresenta ai suoi fan con un nuovo disco, dal titolo Earth, e una nuova serie di concerti, come quello che si terrà il 18 luglio a Milano.
È quindi giunto il momento di riprendere in mano i dischi di Neil, e riassaporarne assieme la grande bellezza attraverso 10 storici pezzi.
Buffalo Springfield - Nowadays Clancy Can't Even Sing (1966)
Il primo singolo dei Buffalo Springfield, Nowadays Clancy Can't Even Sing, fu pubblicato nell'agosto 1966 senza riscuotere particolare successo. Oggi è considerato un classico, al pari dei primi due 33 giri della band (l'omonimo del 1967, e Buffalo Springfield Again, del 1967).
Neil Young & Crazy Horse - Down By The River (1969)
Accompagnato dai fidi Crazy Horse, arriva il primo classico della discografia di Neil (contenuto nel disco Everybody Knows This Is Nowhere). Down By The River è un pezzo straripante elettricità e poesia, uno dei migliori in assoluto vergati dalla penna del cantautore canadese.
Neil Young - Heart Of Gold (1972)
È il pezzo che trascina ai vertici delle classifiche di mezzo mondo il disco Harvest, inserito dai tipi della rivista Rolling Stone al 78° posto fra i 500 migliori album di sempre.
Neil Young - Cortez The Killer (1975)
Il pezzo dedicato a Hernán Cortés, il conquistador spagnolo che sottomise il Messico nel Sedicesimo secolo, inizia con l'arrivo di "Cortés e dei suoi galeoni pieni d'armi" nel Nuovo Mondo, e poi si trasforma in una struggente storia d'amore narrata in prima persona, dai contorni sfumati e sognanti. Dal vivo, la musica di questa canzone si dilata in jam session infinite, tipiche di Neil.
Neil Young & Crazy Horse - Hey Hey, My My (Into The Black) (1979)
L'ultima traccia del disco che chiude gli anni Settanta di Neil è un'ode ispirata ai nuovi barbari della musica rock, i punk, e scritta sull'ondata emotiva della morte, due anni prima, di Elvis Presley.
Neil Young - Sample And Hold (1982)
Gli anni Ottanta di Neil, in bilico fra tradizione e modernità, ci regalano un disco, Trans, che all'epoca sembrò una specie di insulto ai suoi fan più ortodossi, ma che oggi, con quel suo uso spregiudicato dell'elettronica e del vocoder, ci pare attualissimo.
Neil Young - Rockin' In The Free World (1989)
Il decennio reaganiano è ormai alle spalle, ma rimangono le macerie di una società, quella statunitense, piena di contraddizioni e malessere. Neil, dal canto suo, guarda al futuro con speranza, attraverso uno dei suoi pezzi-inno più duri di sempre, nonché vincitore di un Grammy Award alla miglior interpretazione vocale maschile rock di quell'anno.
Neil Young & Crazy Horse - Sleeps With Angels (1994)
Il disco Sleeps With Angels era già quasi completato quando si diffuse la notizia del suicidio del cantante dei Nirvana, nonché futura icona rock, Kurt Cobain. Questo pezzo è il sofferto omaggio di un grande artista ad un altro grande artista.
Neil Young & Crazy Horse - Psychedelic Pill (2012)
Il ritorno del leone Neil Young ad un suo vecchio amore, la psichedelia.
Neil Young - The Last Trip To Tulsa (1969)
Il loner canadese si cimenta, all'altezza del disco omonimo col quale esordì sul finire degli anni Sessanta, con la forma ballata nel modo stralunato e sognante che poi diventerà il suo marchio di fabbrica.