Dopo lo scioglimento dei Pooh continua da artista solista, fa il giudice in «Ora o mai più» su Raiuno e scrive opere «verdi»

3 volte Red: dopo lo scioglimento dei Pooh, Red Canzian continua da artista solista, fa il giudice in «Ora o mai più» su Raiuno e scrive opere «verdi».
Il coach
Il venerdì sera lo vediamo su Raiuno tra gli otto giudici del programma di Amadeus «Ora o mai più», dove è il coach di Marco Armani. Red Canzian si dà da fare: suona, duetta, sorride ai colleghi e... alle colleghe. Casualità vuole infatti che nel cast ci siano tre artiste con cui in passato ha avuto un flirt: Marcella Bella, Loredana Berté e Patty Pravo. «Cose di gioventù, avevamo vent’anni» scherza lui, innamoratissimo della moglie bolzanina Beatrice Niederwieser: «È lei la mia musa ispiratrice» sottolinea.
Perché è nello show di Amadeus?
«Perché l’Italia consuma in fretta i talenti e poi li dimentica. Non tutti vanno negli stadi, certo. Ma non vuol dire nulla. Tra i cantanti che si sfidano nello show ce ne sono alcuni che in certi periodi hanno venduto più dischi di me».
Quale altro giudice teme di più?
«Nessuno. Con Marco Masini siamo fratelli. E adoro Orietta Berti: quando la vedo mi appaiono gli angeli».
La trasmissione si intitola «Ora o mai più». L’ultima volta in cui ha detto questa frase a se stesso?
«Non la dico. La vita sa sorprenderci, prenderci e comprenderci. Non c’è occasione che per me sia l’ultima».
Che cosa l’accomuna al suo «allievo» Marco Armani?
«Ho prodotto io il suo album che conteneva il grande successo sanremese del 1985 “Tu dimmi un cuore ce l’hai”. Di carattere siamo poli opposti: io l’energia e l’impeto, lui la prudenza che a volte si trasforma in fragilità».
Tra i format televisivi, meglio i talent o i reality?
«I talent sono troppo brevi e non seguono le sorti di chi arriva secondo o terzo, i reality a volte sono morbosi».
Talk show o quiz?
«Mi appassionano “L’eredità” e “Soliti ignoti”, li guardo fino alla fine».
Programma preferito di sempre?
«Il Festival di Sanremo, anche quando non sono in gara io» (ride).
Un rito prima di andare in onda?
«Sistemo il microfono e via!».
Il cantante
Cantautore, compositore e polistrumentista, Bruno in arte «Red» Canzian ha mosso i primi passi nella carriera musicale negli Anni 60. Con i Pooh, dal 1973 al 2016, ha pubblicato più di 30 album. Il suo ultimo lavoro da solista è «Testimone del tempo», l’album da cui è tratto «Ognuno ha il suo racconto», il brano con cui si è esibito quest’anno a Sanremo.
Perché è diventato un musicista?
«Da bambino salivo sulle sedie per strada e cantavo “24.000 baci” di Adriano Celentano. A 13 ho avuto la certezza che avrei fatto il cantante quando mi sono esibito in un piccolo festival di provincia a Treviso. Ho sentito il brivido dell’applauso che non mi ha lasciato più».
Il suo ultimo album si intitola «Testimone del tempo». Che messaggio lancia ai suoi fan?
«Volevo raccontare, senza nostalgia, i tempi che ho vissuto, attraverso la musica che ho amato. E volevo trasmettere impegno. La cosa, a quanto pare, è piaciuta» (ride).
Con quale degli ex Pooh è rimasto più in sintonia?
«Con tutti. Roby (Facchinetti, ndr) c’è sempre per una pacca sulle spalle o i pianti al telefono nei momenti duri. Stefano (D’Orazio, ndr) è un signore, gli voglio un bene dell’anima. Con lui c’è complicità creativa».
Che cosa l’accomuna a Ermal Meta che ha firmato «La notte è un’alba», l’ultimo estratto dal suo disco?
«Ermal è un nuovo amico che è arrivato nella mia vita. La prima volta al ristorante abbiamo parlato per ore. Ne ha passate tante... In lui rivedo me a 17 anni: ha la curiosità, ha la fiducia, la voglia di capire, di farsi voler bene e di andare avanti».
Tra i generi musicali, rap o trap?
«La trap negli Usa sta già finendo».
Pop o rock?
«Rock!».
Canzone preferita di sempre?
«“Yesterday” dei Beatles».
Un rito prima di salire sul palco?
«Respiro e vado».
Il vegano
Vegetariano dal 1996, Canzian ha abbracciato il veganesimo (eliminando anche latte, formaggi e miele) nel 2009. Sostiene che questo regime alimentare gli abbia salvato la vita. E lo racconta nel libro «Sano vegano italiano», scritto con la figlia Chiara. Lei, nata nel 1989 dal primo matrimonio di Red con Delia Gualtiero, è una cuoca provetta («Sa riconoscere la qualità degli ingredienti al primo assaggio» dice lui) e canta spesso ai concerti del padre.
Perché è diventato vegano?
«Una scelta di salute. Una notte, a Firenze, dopo una cena a base di bistecche chianine sono stato malissimo».
Il suo libro si intitola «Sano vegano italiano». Quello che mangia ha queste tre caratteristiche o a volte «sgarra»?
«Sano sempre. Italiano pure: conosce il muscolo di grano calabrese (alimento a base di acqua, farina di frumento e di legumi, ndr)? È davvero ottimo. Quanto agli “sgarri”, non li considero tali. Non sono un integralista e non voglio fare proseliti. Ogni tanto mangio le uova di galline felici. Magari tre albumi e un rosso, ecco».
A quale chef si ispira la sua dieta?
«Allo svizzero Pietro Leemann, il “Salvador Dalì dell’impiattamento”, un poeta della forma, del colore e del gusto. Con il suo ristorante milanese “Joia” ha inventato l’alta cucina vegetariana. Mia figlia ha fatto lo stage da lui».
Che cosa l’accomuna a San Francesco di Paola, considerato da alcuni il «Santo vegano»?
«La spiritualità e l’amore per gli animali. Ma non sono un santo: ricordo bene quanto siano buoni i formaggi, è un sacrificio non toccarli» (ride).
Meglio il cibo cotto o crudo?
«Poco cotto. Amo le verdure che restano croccanti».
Dolce o salato?
«Salato».
Piatto preferito di sempre?
«Ne dico due: paccheri al pomodoro e la purea di fave con la cicorietta».
Un rito prima di mettersi a tavola e mangiare?
«Ringrazio e sorrido, come mi ha insegnato mio padre».