«Dovremmo ringraziare Dio tutto l’anno per ciò che abbiamo» dice. «Anche se l’abbiamo avvelenato, il mondo è una meraviglia». E con Sorrisi arriva una super raccolta
Renato Zero sta per salire sul palco del Palalottomatica per l’ultima tappa romana del suo «Alt in tour». Ha l’influenza, ma non se ne accorgerà nessuno. La generosità con cui si concederà ai suoi fan sarà la stessa di sempre. Non una nota, un cambio d’abito o una mossa di ballo di meno. A cantare, a ballare, ad applaudire, a piangere per l’emozione saranno in 7.600: il palasport è gremito.
I costumi più stravaganti di Renato Zero
Renato, come va la tournée?
«I “tutto esaurito” parlano da soli».
Intende quelli delle date che ha fatto finora?
«Già. Sono tre ore e un quarto di concerto con i brani del nuovo disco “Alt” e i classici (“Il cielo” non manca mai, ndr). Neanche l’Aida ha questi tempi! Serve una bella resistenza psico-fisica. Ma la cosa meravigliosa è vedere il pubblico andare via con i “lucciconi” e con la gioia nel cuore».
Cosa fa prima di salire sul palco?
«Un’ora di training autogeno: non devo vedere né parlare con nessuno. Mi serve quel tempo per cancellare la lavagna e riscriverla. Io non amo replicare: ogni sera canto quella stessa canzone, ma rivisitandola con stimoli e atteggiamenti diversi».
Com’è la sua vita in tour?
«Da seminarista. Ho molti amici sacerdoti, li osservo e mi sembra che abbiano la necessità di tenere a distanza la realtà per essere più obiettivi e servire meglio le anime. Io faccio la stessa cosa: cerco di rilassarmi, di non avere grandi contatti con l’esterno. I miei cari sanno che quando sono in tournée preferisco essere io a contattarli piuttosto che ricevere chiamate che interrompano i miei momenti di riflessione. Soprattutto quelli durante il viaggio tra una città e l’altra».
Le tournée dunque sono occasioni importanti.
«Sì. Tra me e i fan c’è un confronto continuo e questi sono i momenti per capire se quello che canto e che provo è sentito anche da loro. Sennò è un soliloquio e diventa un jukebox... Io voglio essere un artista che riesce ogni volta a emozionare perché quello che racconta lo sta provando in quel momento».
Il suo rapporto con i fan è speciale.
«Si è modificato nel tempo. Abbiamo cercato di trovare un equilibrio: il pubblico ha compreso la mia necessità di avere spazio e di non essere imbrigliato in un’isola che dovrebbe essere felice ma che può diventare punitiva».
Cosa intende?
«Per alcuni anni della mia vita il successo l’ho subito in maniera traumatica. Ma ho trovato il coraggio di parlare al mio pubblico e abbiamo ottenuto questa “tregua”».
Che periodo era?
«Dagli Anni 80 ai 90. Per una decina d’anni sono spesso uscito di casa nascosto nel furgone della lavanderia: i miei amici della tintoria mi offrivano passaggi garibaldini. Non solo per muovermi senza avere occhi indagatori addosso, ma anche perché quando uscivo con la macchina e mi venivano dietro con i motorini, pur di starmi accanto passavano col rosso, correvano: io rischiavo pure di avere sulla coscienza quei ragazzi».
Uno dei brani del suo ultimo album è «Gli anni miei raccontano». Se si volta indietro cosa pensa del ragazzo degli inizi?
«Il rammarico è che quel ragazzo è ancora dentro di me».
Perché «rammarico»?
«Perché quel mio desiderio di ribellione oggi è davvero difficile. Mi piacerebbe ancora stare sulle barricate ma ci sono tante cose che me lo impediscono. Io sono ancora Don Chisciotte, però i mulini a vento cominciano a diventare davvero troppi».
Eppure sul palco è un combattente. Canta «Rivoluzione» e infiamma il pubblico.
«Sì, il graffio ce l’ho ancora, per fortuna. Come pure l’urlo. Ci hanno provato in tanti a imbavagliarlo ma non ci sono mai riusciti».
Se si pensa ai suoi inizi vengono subito in mente i travestimenti stravaganti.Da cosa nascevano?
«Me ne servivo per suscitare delle reazioni nella gente e per provare a capirla meglio. Perché quando ti presenti agli altri in maniera scioccante è vero che fatichi di più per farti apprezzare, ma nel momento in cui ci riesci diventi loro amico per sempre. Viceversa, dietro il doppiopetto a volte si nascondono orrori».
Chi cuciva quei costumi?
«Inizialmente io: mi facevo i cartamodelli, tagliuzzavo, imbastivo… poi ho trovato delle alleate».
Il capo a cui è più legato?
«Alla bombetta che indossavo con Mimì (Mia Martini, ndr) e Loredana (Berté). Era il simbolo di un’Inghilterra conservatrice e rappresentava il nostro disagio nell’accettare le regole».
E il più folle?
«Quello da albero di Natale, con tanto di punteruolo in testa. Tenevo dei concerti alla vigilia di Natale nel tendone di “Zerolandia” e a mezzanotte facevo venire il sacerdote che celebrava la messa in jeans in mezzo ai ragazzi con le chitarre... Anni meravigliosi».
Ce l’ha ancora, il vestito?
«Sì. Conservo tutti i costumi in un magazzino. Ho pure delle scarpe con le zeppe di 16 centimetri che avrebbero fatto impallidire la Carrà».
Come passerà il Natale?
«In famiglia. La vigilia per noi è il momento importante, così come la messa di mezzanotte. È un immancabile appuntamento con i cari, con chi non c’è più, un dovere spirituale e della memoria».
Lo fa l’albero di Natale?
«Certo! Lo faccio in collaborazione con le mie nipotine. E lo terrei addobbato tutto l’anno per mantenere sempre vivo il rapporto con la natività. Ogni giorno dovremmo ringraziare Dio per quello che troviamo: anche se intossicato e vilipeso, questo mondo è sempre una meraviglia».
Che regalo le piacerebbe trovare sotto l’albero?
«Vengo da una famiglia non ricca, le cose che mi donavano mia madre e mio padre erano regali immensi, doni che venivano dal cuore. Per questo gli unici doni che desidero sono sincerità, lealtà e amore. E adesso teso’ me vado a fa’ un cappuccino… Ciao Ni’!».
LA SUA carriera (e tanti inediti) IN 12 preziosi DVD
Per la prima volta arriva in edicola la videografia completa di Renato Zero in dvd. I live introvabili, il suo film cult «Ciao Ni’», le storiche registrazioni di concerti che non sono mai state pubblicate in dvd. Una collezione di 12 uscite con tutte le tappe fondamentali della carriera dell’artista più camaleontico e geniale della musica italiana, divenuto ormai un’icona di stile e del costume del nostro Paese.
Il 29 dicembre in edicola con «Sorrisi» il primo appuntamento è con «Zerofobia», il dvd inedito della data romana dello «Zerofobia tour» del 1977 con le interpretazioni dal vivo di «Il cielo», «Mi vendo», «La favola mia» e tante altre. Il prezzo del dvd è di 10,90 euro, con il cofanetto in regalo. Ogni uscita è accompagnata da un libretto esclusivo con un’intervista inedita a Renato, foto di repertorio, immagini famose e memorabili.