La Giuria Demoscopica che vota a Sanremo: tutti i segreti

Durante la prima serata votava solo la giuria “demoscopica”. La classifica generale del Festival sarà la combinazione tra questo voto, il voto dell’orchestra, quello della sala stampa e il televoto

Annalisa a Sanremo 2021
3 Marzo 2021 alle 11:35

Quando alla fine della prima serata di Sanremo 2021 Amadeus e Fiorello hanno svelato la classifica provvisoria, molti spettatori, che negli ultimi anni si erano forse abituati a qualche cambiamento nei gusti e nelle preferenze dei giurati e ai primi posti di cantanti che solo dieci anni prima sarebbero stati considerati outsider in gara solo per il premio della critica, sono rimasti ancora una volta sorpresi.

Durante la prima serata votava solo la giuria “demoscopica”: “demoscopia” è una parola che deriva dal greco e che significa “osservazione del popolo”. La classifica generale del Festival sarà la combinazione tra questo voto, il voto dell’orchestra, quello della sala stampa e il televoto.

Il sistema di voto dei singoli giurati (sala stampa, orchestrali e membri della giuria demoscopica che hanno votato ieri) quest’anno è cambiato rispetto agli ultimi otto anni: dal 2013 fino all’anno scorso, infatti, ogni giurato aveva a disposizione o un numero fisso di preferenze secche o un certo numero di punti, che poteva distribuire tra i concorrenti rispettando certi criteri.

Quest’anno si è tornati - non succedeva da nove anni - al sistema dei voti «scolastici» assegnati a ogni singolo cantante. Se le ragioni sono senz’altro nobilissime, ovvero mettere tutte le canzoni sullo stesso piano indipendentemente dalla divisione dei concorrenti tra la prima e la seconda serata, l’effetto è quello di premiare chi prende tante sufficienze rispetto a proposte più originali o interpreti meno conosciuti.

Già dagli anni Sessanta il Festival prova a organizzare le giurie, allora riunite nelle sedi dei principali quotidiani, secondo criteri di rappresentanza del pubblico. Le testate che ospitano le giurie del Festival pubblicavano bandi dove si cercavano, per esempio, un impiegato e un operaio dai 30 ai 45 anni, una dattilografa e una commessa dai 25 ai 30 anni, un militare, una casalinga uno studente e una studentessa dai 21 ai 25 anni, due professionisti, e così via. Tra tutti coloro che compilano il bando, si procede a un sorteggio. Nel 1972 i giurati sono estratti a sorte dall’elenco telefonico da uno straordinario strumento, un «cervello elettronico» grande come un armadio il cui terminale era descritto dai cronisti come «un incrocio tra un televisore e una macchina da scrivere».

Fino al 1973 i giurati votavano con preferenze ‘secche’ indicando nelle serate eliminatorie il nome dei cantanti che volevano vedere qualificati e nella finale i tre da premiare. Nel 1973 vengono introdotti i voti in scala da 1 a 10, come nelle pagelle a scuola. I giornali notano subito che qualcosa può cambiare: chi prende tanti ‘6’ e ‘7’ si piazza davanti a chi magari entusiasma la metà dei giurati ma viene ignorato dagli altri. Il nuovo sistema di voto porta i cronisti a sbagliare tutte le previsioni. Sul podio arrivano i veterani del Festival: Peppino Di Capri, Peppino Gagliardi e Milva.

Negli anni Ottanta, quando la classifica dei «Big» è il risultato di un voto popolare attraverso le schedine del Totip, entrano in scena le giurie demoscopiche propriamente dette per la sezione nuove proposte: dall’azienda di sondaggi, prima la Demoskopea poi la Doxa. Nel 1990 è la società Telecontatto a curare tutte le classifiche del Festival, interpellando telefonicamente il campione nel pomeriggio precedente alla serata finale, nel 1991 c’è la Doxa. È l’edizione 1992 a vedere l’ingresso delle giurie demoscopiche che conosciamo tuttora: i giurati, selezionati in modo da rappresentare il pubblico delle «famiglie italiane» sono riuniti nelle sedi regionali della Rai. Alla fine di ogni esibizione assegnano un punteggio da 1 a 10 a ogni concorrente. Nel 1992 e nel 1993 i punti si azzerano ogni sera, negli anni successivi sono sommati serata dopo serata.

Giovani conduttori Rai presentano al pubblico la raccolta dei voti dalle sedi delle società di rilevazioni demoscopiche. Nel 1994 il collegamento con le giurie, allora coordinati dalla società Explorer, c’è Antonella Clerici. Nel 1995 c’è un primo cambiamento: l’età media dei giurati viene abbassata. L’effetto immediato è, un anno dopo, il ruolo di protagonista di una band come gli Elio e le storie tese, in testa per tutto il Festival e superati da Ron solo in dirittura d’arrivo (anche se è quasi certo che, per un inconveniente tecnico scoperto solo alla fine del Festival, non riescano ad arrivare i punti della giuria di Bolzano che assegnerebbero la vittoria a “La Terra dei Cachi”).

Nel 1999 alla giuria demoscopica (che un inascoltato Renato Dulbecco prova a semplificare in ‘giuria popolare’) viene affiancata una giuria di qualità. Tutti i giurati votano nello stesso modo, assegnando un punteggio da 1 a 10 alla fine di ogni esibizione ma un punto di ogni giurato ‘di qualità’ vale 50 punti di un giurato ‘popolare’. Quando nel 2000 i dieci giurati di qualità lo capiscono, interpretano il regolamento in modo estensivo, assegnando pochi ‘10’ e molti ‘1’ e portando alla vittoria la piccola orchestra Avion Travel, a metà classifica dopo le votazioni del campione demoscopico. Nel 2001 il regolamento è ancora cambiato: ci sono due giurie ‘demoscopiche’: una rappresenta tutto il pubblico, l’altra solo i ‘consumatori di musica’. Per evitare strategie e voti ‘tattici’ la giuria di qualità vota per prima, ma riesce comunque a consegnare ad Elisa un vantaggio che Giorgia, preferita dalle due ‘demoscopiche’ non riuscirà a colmare.

Nel 2002 è di nuovo solo il campione demoscopico a determinare la classifica del Festival. Nel 2002 a vincere il Festival una canzone tradizionale e cantata benissimo come ‘Messaggio d’amore’ dei Matia Bazar, mentre ‘Salirò’ di Daniele Silvestri, che conoscerà un grandissimo successo, arriva solo quattordicesima. Nel 2005, nonostante per un problema tecnico possano ripetere il brano e le votazioni, i Negramaro sono eliminati al primo turno: passano La Differenza e Giovanna D’Angi. 

Il risultato finale del Festival dal 2004 è deciso dal televoto. Dal 2007 al 2008 i voti sono ‘percentualizzati’ e sommati a quelli delle giurie demoscopiche, sempre riunite nelle sedi della Rai. Dal 2009 al 2012 la giuria demoscopica si riunisce nella galleria dell’Ariston, ma solo nelle prime due serate, quando il loro responso serve a determinare chi degli Artisti passa il turno e chi invece deve accomodarsi al turno di ripescaggio. A votare sono sempre i ‘consumatori di musica’: chi ha comprato almeno uno o due dischi, assistito a uno o più concerti, chi suona uno strumento e, successivamente, chi è abbonato a un servizio streaming.

Nel 2013 Nando Pagnoncelli e la sua Ipsos, nuovo sondaggista ufficiale del Festival, elaborano un nuovo sistema di divisione dei punteggi il sistema di voto della giuria demoscopica, non più riunita nelle sedi Rai ma interpellata telefonicamente attraverso una Web App: invece di esprimere un punteggio da 1 a 10 alla fine di ogni canzone, ogni giurato aveva un numero fisso di punti da distribuire tra i cantanti in gara. Questo sistema impedisce che di fatto il televoto, che concentra le preferenze su pochi artisti, avesse una «salienza» maggiore delle giurie del pubblico e degli orchestrali. Nello stesso tempo, distribuire punti e non assegnare voti penalizza un po’ gli interpreti che presentano al Festival una canzone non particolarmente forte puntando tutto sulla qualità della loro interpretazione. In certe edizioni la giuria demoscopica assegna nuovamente preferenze secche. Ogni giurato indicava solo i suoi sue, tre o quattro cantanti preferiti.

Il cambiamento di quest’anno sembra piccola cosa, ma può fare la differenza. Se un cantante bravissimo presenta una canzone nella media magari la si ignora, ma se si deve dare un voto da 1 a 10 le si assegna un ‘6’, o un ‘7’ per stima. E a forza di ‘6’ e di ‘7’ si sono vinti tanti Festival.

Seguici