Robbie Williams e i Take That, l’intervista esclusiva di Sorrisi

La band inglese, ospite questa sera della finale di X Factor, racconta i retroscena della clamorosa scelta di tornare insieme. La pace tra Robbie Williams e Gary Barlow, la realizzazione in segreto del nuovo album «Progress» e i preparativi del tour che il prossimo 12 luglio li porterà a Milano per un grande concerto a San Siro...

22 Novembre 2010 alle 00:07

Fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla possibilità di un ritorno di Robbie Williams nei Take That. Poi, però, tra l’istrionica popstar inglese e il suo ex gruppo (Gary Barlow, Howard Donald, Mark Owen e Jason Orange), da cui era uscito polemicamente nel 1995, è scoppiata la pace. I loro fan non attendevano altro e in poche ore hanno comprato tutti i biglietti (oltre 1 milione e mezzo) delle tappe inglesi del Progress Live Tour 2011 che il prossimo 12 luglio li porterà al Meazza di Milano. «Non vedo l’ora di cantare a San. Siro, il tempio del calcio» dice Gary Barlow all’inizio dell’intervista con Sorrisi, realizzata a Londra. «Io l’ho già fatto quattro anni fa» gli ricorda con orgoglio Robbie. «L’Italia aveva appena vinto i Mondiali e per il primo quarto d’ora  il pubblico ha cantato “po po po po po poo po”. Mi sono sentito come un invitato a una festa». Il tour prende il nome dal nuovo album, «Progress» (in uscita il 23 novembre), un disco di svolta per la band più amata in Gran Bretagna. «È il primo su cui abbiamo lavorato davvero tutti insieme» spiega Gary. «In passato scrivevo le canzoni da solo. Questa volta, invece, abbiamo lavorato in gruppo: cinque persone piene di energia, di progetti, di passione. Quando abbiamo finito il primo singolo “The Flood” è stato come se non avessimo mai scritto una canzone prima».

Le canzoni di «Progress» sono diverse, più ritmate ed elettroniche, rispetto agli ultimi due album. A che cosa è dovuto questo cambiamento?

Gary: «Al ritorno di Robbie. Deve sapere che quando siamo tornati insieme l’idea era quella di registrare un disco sotto falso nome, “The English”, una nuova band insomma, distinta dai Take That. Per questo fin dall’inizio ci siamo sentiti liberi di sperimentare».

Come avete fatto a mantenere il segreto?

Howard: «E’ stato facile perché siamo uomini. Fossimo stati donne non ce l’avremmo fatta».

Robbie: «Mi raccomando, lo scriva» (ride)

Come avete risolto le dispute durante la lavorazione del disco?

Robbie: «Alla vecchia maniera: urlando e sbattendo la porta» (ride).

Jason: «In realtà, quelle poche volte che è capitato di non essere d’accordo ne abbiamo parlato arrivando sempre a una soluzione pacifica. Quindici anni fa era tutto diverso, perché non c’era una vera comunicazione tra di noi».

Robbie: «In quegli anni ognuno di noi lavorava per se stesso, cercando di prevalere sull’altro. Questa volta tutti e cinque lavoriamo per un obiettivo comune, quello di far funzionare il gruppo a livello emotivo, spirituale e, perché no, anche finanziario».

Che cosa rispondete a chi insinua che l’unico motivo della riunione siano i soldi?

Robbie: «Per smentire questa cosa basta la matematica: con un altro disco solista e un altro tour avrei guadagnato cinque volte di più, e lo stesso vale per loro. Certo faremo un sacco di soldi, ma non è per questo che siamo tornati insieme».

Quindici anni fa, la rivalità tra Robbie e Gary causò la scissione. Come ricordate oggi quei giorni?

Gary: «Io e Robbie eravamo due Wayne Rooney nella stessa squadra. Era inevitabile che ci separassimo, solo che lui è andato a giocare nel Manchester United  e io nel Chesterfield United. È strano, perché oggi siamo due persone diverse da quelle di allora».

Robbie: «All’epoca mi sono lasciato incantare dalla cosiddetta “lad’s culture”, la cultura del giovane maschio. Nel 1995, per essere “figo” dovevi essere come gli Oasis: bere, passare da un letto all’altro, odiare tutto e tutti. Per un po’ è stato divertente e forse anche giusto. Ma non mi sono fermato in tempo e mi sono lasciato trascinare, mi sono buttato via. Alla fine recitavo una parte e gli insulti a Gary facevano parte di questa routine. Non ne vado fiero».

Gli altri tre come hanno vissuto quella rivalità?

Howard: «Io sostenevo Gary, l’ho anche seguito nel suo primo tour solista».

Mark: «Ero arrabbiato con entrambi. Ma capisco che fosse inevitabile che due persone che non comunicavano finissero con il prendersi a sassate».

Robbie: «Gary, in realtà, contro di me non ha mai tirato nessun sasso».

E’ davvero così Gary?

Gary: «È vero, ma non mi sono mai voltato per guardare chi avevo intorno e preoccuparmi per lui. Ora ho imparato. Se ti guardi intorno puoi scoprire di essere circondato da ottime persone che possono migliorarti la vita».

Robbie: «Aggiungerei che i media hanno alimentato la polemica. Da noi giorrnali e tv sanno essere molto cattivi, con il loro “sense of humor”, la loro satira che si trasforma in bullismo. Anche per questo a un certo punto ho deciso di andare a vivere a Los Angeles».

Gary: «È per questo che è stato così facile dimenticare tutto e fare pace. La verità, Robbie, è che anch’io mi sono comportato male con te, e neanche tanto tempo fa. È facile fare una battuta cattiva, tirare un colpo basso quando i media ti mettono sotto pressione».

Quanto durerà?

Gary: «Abbiamo inciso un album, adesso sappiamo che ci sarà anche un tour, ed è quello che volevamo. Nei prossimi mesi penseremo solo a come non deludere tutti quelli che verranno a vederci, in Inghilterra e in Europa. Poi vedremo».

Perché, dopo 20 anni, i Take That riempiono gli stadi come nessuno aveva mai fatto prima?

Robbie: «Non saprei, non riesco neanche a spiegare come mai io sia riuscito a vendere così tanti dischi. Però so una cosa (rivolto agli altri quattro): in questi tre anni, osservandovi da fuori, sono rimasto colpito dal vostro entusiasmo, dalla gioia di stare insieme che comunicavate. Avete avuto una seconda possibilità e l’avete colta con grazia. Ecco perché sono tornato da voi».


GUARDA I TAKE THAT NELLA PUNTATA DI X FACTOR UK DEL 14 NOVEMBRE 2010

GUARDA I TAKE THAT NEL VIDEO DI «THE FLOOD»

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