“Una storia”, l’autobiografia di Ligabue

Dalla nascita a “ieri l’altro”, sorrisi e lacrime compresi, arriva l’autobiografia del rocker

3 Maggio 2022 alle 08:28

Minuto per minuto, nota dopo nota, sorrisi e lacrime compresi, Ligabue racconta Ligabue dalla nascita a “ieri l’altro”: il rocker di Correggio torna in libreria con “Una storia”, autobiografia densa di informazioni ed emozioni pubblicata da Mondadori (22 euro, 480 pagine). La qualità di scrittura di Luciano è nota: da “Fuori e dentro il borgo” (1997) a “Scusate il disordine” (2016), passando naturalmente per i suoi film, s'è capito che ha il “fiato” per raccontare il mondo sfondando il muro dei pochi minuti di una canzone.

La storia di “Una storia”, poi, nessuno potrebbe raccontarla meglio di lui, perché l'ha vissuta e costruita dal mezzogiorno di domenica 13 marzo 1960, primo giorno di vita e prima pagina del libro. “Una storia” ha una presentazione ufficiale fissata per il 5 maggio allo spazio Ogr Torino, come anteprima del Salone del Libro. Sorrisi, però, aveva già qualche domanda per il Liga e lui non s’è tirato indietro.

Luciano, nella foto di copertina è un ragazzino…
«Dev’essere uno scatto del 1987 o giù di lì. In realtà non l'ho scelto io, ma la casa editrice, però devo dire che mi hanno convinto immediatamente. Mi piace, è quasi rubato, sembro sorpreso, ma credo che quello sguardo mi racconti bene. E poi è una foto fatta “nel mezzo del cammin” della mia vita e quindi è perfetta per un libro in cui racconto molto della prima parte della mia vita».

Racconta proprio tutto?
«Nessun libro può contenere l’intera vita di una persona, ma si può provare a metterci tutti i ricordi che contano: quelli qui ci sono. C'è tantissimo della mia famiglia d'origine, della famiglia che ho messo su io, e della mia nuova famiglia; c'è poi tantissimo dei miei amici, che sono parte “effettiva” della mia storia; e c'è tantissimo del mio amico e manager Claudio Maioli, che è la persona con ho fatto la scommessa di questa vita 35, 37 anni fa, e siamo ancora insieme a fare questo percorso… Insomma, credo che non si potesse vuotare il sacco più di così».

Quanto si è fatto aiutare?
«Ho fatto tutto io, comprese le verifiche sui riferimenti storici che affiancano il racconto. Paradossalmente ho avuto più bisogno d’aiuto con i ricordi della mia vita “professionale”, perché era facile che facessi confusione su questi trenta e passa anni vissuti praticamente sempre sulle montagne russe, come dentro una betoniera che continuava a rifrullare».

Che l'artista debba dare tutto di sé sul palcoscenico è pacifico. Quando hai sentito di voler dare anche tutto della tua vita personale?
«È una cosa partita lentamente, direi con “Miss Mondo” (1999), un album che, come racconto nel libro, doveva risolvere una mia crisi. Dopo il successo di “Buon compleanno Elvis” (1995) e del film “Radiofreccia” (1998), avevo pensato di ritirarmi, perché non mi sentivo in grado di reggere quel livello di popolarità. Poi ho scritto quel disco, appunto, raccontando proprio le difficoltà, la parte in ombra del successo: è un argomento di cui è brutto e di cattivo gusto lamentarsi, ma che comunque mi serviva per raccontare le mie vere sensazioni. Credo che da quel momento si sia lanciato un rapporto di fiducia con chi mi segue ancora più forte… Credo sempre di più di aver pensato che dovevo restituire a chi mi aveva dato fiducia almeno tutto quello che potevo dire di me, e così è andata sino a questo punto, in cui sono arrivato addirittura a eccedere con questa autobiografia in cui, ripeto, ho svuotato il sacco per quanto era possibile».

Come avrebbe reagito se una sua biografia di questa importanza l'avesse scritta qualcun altro?
«Di mie biografie ne sono già uscite diverse, magari costruite partendo da mie interviste: è una cosa che metti in conto, sai che a un certo punto può succedere, e devo dire che non mi sono mai sentito defraudato di chissà che. Non sempre ho trovato la precisione che mi sarebbe piaciuta, è vero, perché magari chi aveva scritto quelle interviste aveva un po' “arrotondato” il mio pensiero, ma anche questo fa parte del gioco. E poi ho sempre pensato che se qualcuno decideva di pubblicare un libro su di me, voleva dire che in qualche modo ne valeva la pena».

Pensi al ragazzo Ligabue che giorno dopo giorno scopriva il rock: di quale artista avrebbe voluto conoscere la biografia umana e artistica?
«La mia prima folgorazione fuori dal mondo delle canzonette, la prima “cotta” musicale, la prima vera botta, è stata per i Genesis. Avevo 12 o 13 anni quando sono incappato in “Foxtrot” e “Selling England by the pound”, album che ho ascoltato non so quante volte in vita mia e ascolto ancora… So che molti penseranno che i Genesis non c’entrano nulla con la musica che faccio, ma le cose stanno così, e allora sarei stato sicuramente interessato alla loro storia».

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