Vasco Rossi: «Sono prontissimo per i miei concerti!»

Il tour è alle porte e il rocker si confida a Sorrisi

Vasco Rossi  Credit: © Pigi Cipelli
14 Aprile 2022 alle 08:39

Questo è un anno speciale per Vasco Rossi. Prima di tutto perché segna il suo ritorno dal vivo con un tour che si preannuncia epocale: basta nominare i concerti e gli occhi di Vasco, che non sale su un palco dall’estate 2019, si illuminano di felicità. Anche noi abbiamo voluto partecipare alla festa consegnandogli il nostro nuovo Telegatto.

Ma c’è stato anche un compleanno importante, che Vasco ha in comune proprio con Sorrisi. Ed è da qui che iniziamo la nostra chiacchierata.

Vasco, come hai festeggiato i tuoi 70 anni il 7 febbraio?
«Molto tranquillamente. Una volta ai compleanni si andava nei locali, si saltava sui tavoli, ma non avevo voglia di fare una festa o una grande cena, ho preferito stare con la mia famigliola. Ho fatto una cenetta intima con mia moglie in un posto tranquillo. Ma poi sono stato anche ore al telefono a rispondere ai tanti messaggi di affetto che ho ricevuto».

Che effetto ti ha fatto questo compleanno?
«Un effetto pazzesco! Ho pensato: 70 anni ce li aveva mio nonno, non io (ride). Non avrei mai pensato nemmeno di arrivarci, e invece guarda, l’ho fatto allegramente, sto bene, non ho problemi. Però è vero, 70 è una cifra importante… Senti questa: a 60 anni è come quando in discoteca arriva la sigla e si accendono le luci. A 70... è quando sei già tornato a casa (ride)».

Tu e Sorrisi siete coetanei, nati entrambi nel 1952. Faceva parte della tua vita anche prima di diventare famoso?
«Eh sì, io sono nato con Tv Sorrisi e Canzoni! Quand’ero piccolo mia mamma amava la musica e quindi lo comprava per leggere i testi dei brani di Sanremo, era di certo un giornale che girava in casa mia».

E poi?
«All’inizio della mia carriera ci sono stati anni duri perché venivo etichettato dalla stampa come un corruttore dei giovani, e i giornalisti scrivevano un sacco di sciocchezze su di me. Il vostro giornale invece mi è sempre stato vicino, e non solo, mi mise addirittura in copertina, portandomi nelle famiglie italiane. Rosanna Mani di Sorrisi è stata sempre una presenza costante per me. Quando c’era una manifestazione di Sorrisi, come “Vota la voce”, partecipavo sempre volentieri e mi divertivo molto a fare “l’asino” in compagnia degli altri colleghi. Mi sentivo a casa».

E vincevi tanti Telegatti.
«A volte anche due o tre all’anno. Una volta anche di platino!».

Dove li tieni tutti i Telegatti?
«Sono un po’ sparsi. Ne ho alcuni qui in ufficio (mi mostra quattro Telegatti belli ordinati in fila su una mensola, ndr), ma in tutto ne ho più di 20 e sono quasi tutti a casa mia a Bologna, qualcuno però a casa di mia mamma».

Ci ha molto colpito la tua scelta di ospitare Marracash nel tuo brano “La pioggia alla domenica”. Non avevi mai fatto un duetto di questo tipo.
«Questa mania dei duetti è esplosa negli Anni 80 per farsi pubblicità, ma non mi sono mai piaciuti, ero un “fondamentalista rock”: mi sembravano delle bambinate, volevo che ognuno cantasse le proprie canzoni. E in più non mi interessava far successo all’estero, perché la mia America è qua».

E cos’è cambiato?
«Negli ultimi anni ascoltando tanta musica nuova ho notato questa moda del “featuring”, cioè brani rap che hanno una parte melodica, lo stesso Marracash ne ha fatti molti. Mi ha colpito molto quello con Madame, che è una ragazza molto dotata, con un gran carattere e scrive da Dio».

E il singolo com’è nato?
«L’idea è arrivata da Marracash, che avevo già incontrato a Los Angeles a una cena a casa mia. Ci sono tanti rapper bravi, ma lui lo sento vicino a me in modo particolare, anche se la sua musica è un altro mondo rispetto alla mia. Mi ha detto: “Ti va se ti metto due barre?”... perché nel gergo del rap si dice così. Io all’inizio ero titubante ma mi ha mandato le sue frasi e si sposavano perfettamente con la canzone. Il singolo è nato così, a distanza. Per me è una novità eccezionale ma non ho voluto chiamarlo “featuring”, preferisco dire: “Vasco con Marracash”».

E avete deciso di devolvere tutti i proventi in beneficenza.
«Sì, in questo momento c’è una terrificante situazione in Europa, ci è sembrato giusto aiutare “Save the Children”, che è una garanzia per aiutare i bambini in questa immane tragedia che sta vivendo l’Ucraina».

Vasco, tra poco tornerai sul palco. Come ti sei sentito quando hanno dato il via libera definitivo al tour?
«È successo poche settimane fa, sono due anni che aspettiamo, stavo sempre con le orecchie aperte. Quando è arrivata la certezza è cambiato completamente il mio umore».

Negli ultimi mesi come hai vissuto questa attesa?
«Con un’ansia continua. Se un artista non può fare i concerti, cosa sta al mondo a fare? Ti devi trovare un altro mestiere! Mi mancava quell’adrenalina che ora è tornata... e adesso partono i preparativi. Tra pochi giorni andrò in Puglia in un luogo dove non c’è niente e nessuno, lì mi posso allenare nel verde, non ci si distrae. E poi prove, prove e prove».

La scaletta?
«L’abbiamo studiata, ci sono i pezzi del disco nuovo, ma anche delle chicche che abbiamo preso dai primissimi album, dei pezzi che non canto da tantissimi anni».

Ce ne sveli uno?
«È meglio che non ve lo dico perché dobbiamo ancora provarli e metti che cambiamo idea… (ride). Comunque dopo due anni e mezzo non vedo l’ora di salire sul palco. Sai qual è la cosa assurda? Che vedo tutte le “cover band” cantare le mie canzoni… e io non posso! C’è qualcosa che non quadra...».

Band confermatissima?
«La squadra è sempre la stessa, con Vince Pastano a fare da “capo orchestra”: ha curato lui gli arrangiamenti. Ma ci sarà una grande sorpresa che non ti posso anticipare, e che darà un colore molto più festivo e festoso ai concerti. Dobbiamo fare festa!».

Hai tastato il polso del tuo popolo? Com’è l’attesa? Molti tuoi fan hanno comprato i biglietti di questo tour ormai due anni fa…
«Quando li incontro chiedo: “Ma si sono scoloriti?” (ride). Scherzi a parte, non sono stati chiesti rimborsi, e pare che questa sia la volta buona. Ma nel frattempo i concerti si sono accumulati e ora devo farne 11!».

Ma la vita in tour ti piace ancora?
«Ma guarda, per me è molto chiusa, non ho tempo né modo di girare per le città, alla fine come sempre starò per due mesi nel “tunnel” e quando salirò sul palco vedrò la luce. Sul palco mi diverto, sto benissimo. Di solito il crollo psicofisico ce l’ho alla fine, quando torno a casa».

Tra le canzoni di “Siamo qui” quale sei impaziente di fare?
«Beh, prima di tutto “XI comandamento”, ma anche tutte le altre, non le ho mai cantate dal vivo. È sempre la parte più bella del mio mestiere».

Ma è vero che hai già venduto 650 mila biglietti?
«Sono allibito anch’io. Sarà un tour straordinario, erano anni che non ne facevo uno così».

Insomma, sei pronto?
«Prontissimo!».

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