Zucchero e “Oro incenso e birra”: 30 anni portati alla grande

Il 13 giugno 1989 usciva uno degli album italiani più amati di sempre: il capolavoro di Sugar Fornaciari. Un enorme monolite di "italian blues". Ora ne esce una versione speciale celebrativa

Zucchero  Credit: © Meeno
14 Giugno 2019 alle 14:40

"Ti amo perché ne ho bisogno / non perché ho bisogno di te." (Adelmo "Sugar" Fornaciari)

John Belushi era morto da sette anni: overdose letale in un bungalow fatiscente dello Chateau Marmont di Los Angeles. Brutta, bruttissima storia che fece scoppiare in lacrime perfino l'amico Robert De Niro. E sempre durante quella primavera del 1982 usciva nei negozi un certo Sheffield Steel, l'album della resurrezione di Joe Cocker su cui un misconosciuto musicista originario di Roncocesi (piccolo comune alle porte di Reggio Emilia) aveva posato le sue attente orecchie. «Suonava moderna e trascinante come produzione. Era un'idea innovativa di rhythm 'n' blues, ideale per gli anni '80. Divenne subito uno dei miei dischi preferiti.» Eric Clapton, in compenso, usciva da un po' con una showgirl italiana ed era spesso a Milano per ragioni di cuore. Il nostro Paese viaggiava a ritmi vertiginosi, pure troppo. Il limite era il cielo.

Blue's, il capolavoro numero uno di Adelmo Fornaciari (per tutti Zucchero), era in circolazione da circa due anni ed era stato un successone sia di vendite che di critica. Tutti lo cantavano, tutti lo esaltavano, tutti lo volevano. Era un vero artista di cui andare fieri: il livore dei TG satirici sarebbe arrivato solamente molti anni dopo. Perfino Miles Davis s'era invaghito di quell'anomalo disco italiano e volle aggiungere la sua tromba alla melodia dell'ipnotica Dune Mosse. Miles Davis, il più grande sciamano del Novecento, mica bruscolini. Terminata la session il jazzista posò due dita sulla gola di Sugar e gli disse con la sua voce minacciosa: «Canti bene, Zucchero. Canti dannatamente bene. Si sente che ci metti il cuore in quello che fai.». Insomma, quel 13 giugno 1989, era tutto pronto perché accadesse qualcosa di veramente grosso. I tempi erano finalmente maturi.


https://youtu.be/r9UcpueERpg

I pianeti erano quindi allineati nella giusta sequenza anche se il suo autore, giusto per usare un eufemismo, non se la stava passando benissimo. Per via di un tormentato rapporto sentimentale con la sua allora moglie Angela Figliè. Una che leggeva avidamente il filosofo Friedrich Nietzsche e scaricava teorie superomistiche sul suo povero marito ogni volta che si alzavano i toni delle loro discussioni. Che poi Nice che dice? Boh. «Ero sotto le rotaie di un treno per via di Angela, ma credo che tutta questa rabbia abbia fatto bene all'album. Alla fine gli ha dato un bel carattere.». E quell'album, ovviamente, si chiamava e si chiama Oro Incenso e Birra. Un titolo "pop" spudorato come pochi. Avrebbe venduto otto milioni di copie nel mondo (di cui oltre due in Italia) e reso ogni sua mirabile canzone una memoria preziosa per ogni suo singolo ascoltatore. Tramutando di conseguenza il suo autore, Zucchero, in una superstar globale.

E il motivo di tanto, straripante successo fu chiaro fin dalle prime note di Overdose (d'Amore), un travolgente gospel rock molto alla Traffic reso orgiastico dalla tastiere nere di David Sancious (uno che si era fatto le ossa nella primissima E Street Band di Bruce Springsteen) e soprattutto dall'organo Hammond di Jimmy Smith, il pionere del jazz-soul nato in Pennsylvania e attivo fin dagli anni '50.


A Sugar evidentemente piaceva osare, eccome se gli piaceva. E quello lo aveva capito qualche mese prima. Andando a cena con Eric Clapton e la sua famosa fidanzata veronese. «Lory Del Santo era una mia grande fan e una volta decise di farmi conoscere Eric. Io all'inizio ero emozionatissimo, molto devoto, ma poi mi feci coraggio e gli chiesi di suonare su un brano che avevo in mente da un po'...». In fondo Slowhand, in quei tardi anni '80, era più stimato per il suo passato con i Cream e da solista ai tempi di 461 Ocean Boulevard che per le sue produzioni recenti ispirate e seguite da Phil Collins. Adelmo capisce che bisogna smettere di mitizzare le rockstar straniere perché «loro in definitiva sono musicisti come noi, mica supereroi. Gente in grado di esaltarsi per le idee più disparate. Se non ci lanciamo, non cambierà mai niente.». Bingo.

Tempo un anno e Clapton, gentilissimo come al solito, donerà una serie di assoli («Scegli pure quello che preferisci, Sugar») per il brano più pop e suadente del disco che sta nascendo: Wonderful World. E non volle nemmeno essere pagato per il disturbo. «Il suo cachet, da vero signore, mi disse di devolverlo completamente in beneficenza». Adelmo esegue e si porta a casa un bel pezzo.


Un altro che fece comprendere a Zucchero che ai grandi non è il caso di lisciargli il pelo, ma semplicemente chiedere, fu Francesco De Gregori. «Stava terminando il suo disco (Mira Mare 19.4.89, NDR) all'Umbi Sudio di Modena dove io stavo lavorando alacremente al mio, molto più indietro come tempistiche d'uscita. Avevo questa ballata dedicata a mia nonna Diamante e ad una certa idea di 'piccolo mondo antico' emiliano. Se avessi scritto io quelle liriche forse avrei rischiato di essere troppo stucchevole o nostalgico. Così lo chiesi a lui e, poco dopo, venne fuori il testo di Diamante. Francesco, da grande autore qual è, aveva capito perfettamente ciò di cui avevo bisogno ». Diamante resta tuttora un capolavoro della nostra musica e non sarebbe mai più uscita dalle future scalette dei concerti di Zucchero. I suoi fan, d'altronde, non glielo permetterebbero mai. 'Delmo, 'Delmo, vin a cà!


Tutto Oro Incenso e Birra, in pratica, suona così. Genuino. Caldo. Sfacciato. Fresco. Erotico. Libero eppure precisissimo nella produzione allo stato dell'arte curata da Corrado Rustici. La rivoluzione del rock alternativo sarebbe arrivata solo da lì a qualche anno e, in quel 1989, i dischi li si faceva ancora per bene tra lunghe prove, pre-produzione, turnisti di lusso e cura speciale negli arrangiamenti. Poi - ci mancherebbe - potevano uscire ispirati o meno, belli o brutti, commerciali o di culto, ma l'importante era che nulla fosse lasciato intentato. Sia che si trattasse di una partitura firmata da Ennio Morricone (Libera l'Amore) o dell'eruzione del sax di Clarence Clemons (un altro della E Street Band), elemento chiave nella pruriginosa e chilometrica Il Mare Impetuoso al Tramonto Salì sulla Luna e Dietro una Tendina di Stelle. Ispirata da una poesia di Piero Ciampi e conclusa da una sconceria sessuale, Il Mare possiede un feeling blues rock avvolgente, con la batteria bella secca, quasi da disco dei Led Zeppelin o dei Def Leppard. E ritmico, pazzescamente ritmico grazie alle chitarre calibrate dello stesso Rustici. La You Can Leave Your Hat On del disco (sempre Joe Cocker, ovviamente) stava esattamente lì. Alla traccia numero 3, il numero della perfezione.


La torrida estate 1989 non sarebbe mai stata la stessa senza quel brano "stellare" e ovviamente l'arcinota Diavolo in Me dove a farla da padrone erano l'introduzione sguaiata e soul di Rufus Thomas (uno degli idoli assoluti di Sugar) e i fiati viziosi dei Memphis Horns. Pura musica black cantata ruvidamente da uno che si era fatto le ossa in balera, nei cupi anni '70, suonando beat e Creedence Clearwater Revival. Non c'era juke box in Italia che non l'abbia irradiata fino alla nausea. I got the devil in me.

Eppure le canzoni che avrebbero lasciato gli stranieri a bocca aperta erano altre due. Entrambe ballate, concedetemi il termine, post-battistiane e affogate in una tristezza urlata che non faceva prigionieri, ma solo vittime. Una si chiamava Madre Dolcissima ed era introdotta da alcuni campionamenti tratti da dei telegiornali nazionali ed esteri (forse un omaggio a 29 Settembre della Equipe 84?) prima di esplodere in una melodia che avrebbe esaltato anche il più volte citato Cocker. Quello di Woodstock '69, naturalmente. Di Mama (il suo titolo inglese che riecheggiava l'omonima canzone dei Genesis) ne esiste anche una versione arricchita da un assolo di Stevie Ray Vaughan che leva letteralmente il fiato. Anche perché il chitarrista texano sarebbe morto da lì a poco in un tragico incidente a bordo di un elicottero. Quel passaggio sarebbe spettato in un primo tempo a Eric Clapton che però, sempre molto gentilmente, lo cedette all'amico Stevie...


E poi c'era l'indescrivibile Iruben Me, storpiatura di una parola danese tutta giocata sul pathos ambient-soul (lo stesso che aveva colpito Miles Davis ai tempi di Dune Mosse) e sul crescendo di un assolo hard blues (eseguito dallo stesso Rustici) che non aveva nulla da invidiare a quelli di David Gilmour, Gary Moore o Jeff Beck. Capolavoro assoluto anche questo che non ha perso un'oncia della sua pelle d'oca.


Posso aggiungere una cosa? Oro Incenso e Birra altro non era che la ferrea volontà italiana di spiegare, una volta tanto, a inglesi e americani come si produceva un disco internazionale bello e intenso dall'inizio alla fine. Niente di paragonabile agli album anni '80 di Steve Winwood o a Journeyman di Eric Clapton e A Night Of Sin di Joe Cocker che uscivano proprio in quel 1989 e non erano niente di ché rispetto al quinto LP di Zucchero. L'allievo aveva giustamente superato i maestri.

Ora la vera notizia è che il redivivo Oro Incenso e Birra esce il 14 giugno 2019, in versione ampliata di 3 CD col titolo didascalico di The 30th Anniversary. Il primo dischetto è l'album originale rimasterizzato e succosissimo. Il secondo si intitola Zucchero ed è la ristampa di un vecchio album del 1991 con alcuni dei brani più famosi del bluesman emiliano eseguiti in inglese (ci sta pure la celebre Without a Woman in coppia con Paul Young) e nel terzo ci sono sette demo/provini cantati a loro volta "in un inglese maccheronico".

Tutto molto bello, curioso e lussuoso (ne esiste anche una versione "deluxe" con dvd allegato), ma volete mettere il vinile originale - con tanto di copertina satinata - o la musicassetta della Polydor consumata nell'autoradio durante quella calda estate di trent'anni fa? Quella d'altronde era un'Italia che non si poneva limiti e Zucchero, da onesta popstar, ne fu la sua testa d'ariete più ispirata e wild.

Tant'è che l'eredità più bella di Oro Incenso e Birra resta essenzialmente questa: che "con le mani" si può anche forgiare l'oro. A patto di saper usare le prime e avere la vista lunga per il secondo. Senza mai scordarsi un po' di salutare ironia. A quel punto sì che le strade (delle signore) saranno davvero infinite. Vero, Sugar?


**La tracklist di** “**Oro Incenso & Birra 30th Anniversary"**

CD1: “ORO INCENSO & BIRRA Original Album”
1)      Overdose (d'amore)
2)      Nice (Nietzsche) che dice
3)      Il mare (impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle...)
4)      Madre dolcissima
5)      Diavolo in me
6)      Iruben me
7)      A Wonderful World
8)      Diamante
9)      Libera l'Amore

CD2: “ORO INCENSO & BIRRA International Album”
1)      Diamante - english version
2)      Wonderful World - feat Eric Clapton
3)      Il mare (impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle...)
4)      Mama
5)      Dunes of mercy
6)      Senza una Donna (without a woman) - feat Paul Young
7)      You're Losing me
8)      Solo una sana e consapevole libidine...
9)      You're Chosen me
10)   Diavolo in me
11)   Overdose (d'amore)
12)   Nice (Nietzsche) che dice

CD3: “ORO INCENSO & BIRRA Unreleased Demo Version”
1)      Overdose (d'amore)
2)      Nice (Nietzsche) che dice
3)      Il mare (impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle...)
4)      Madre dolcissima
5)      Diavolo in me
6)      Iruben me
7)      Diamante

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