Antonio Ricci: «Compio 70 anni e guardo avanti»

Il papà di "Striscia la notizia" e "Paperissima" festeggia il compleanno il 26 giugno

Antonio Ricci
25 Giugno 2020 alle 08:05

Antonio Ricci, con “Paperissima” si diletta da 30 anni. Certi numeri fanno impressione?
«È una grande gioia fare questi numeri. E pensare che tutto era nato per scommessa. Anche il nome era la presa in giro delle trasmissioni di Canale 5, “Premiatissima”, “Risatissima”, nomi altisonanti».

La scommessa qual era?
«Volevo fare una trasmissione con gli scarti, le “papere”, che quei programmi buttavano via, e che avesse pari successo. Li abbiamo superati. Ora a stento ci si ricorda di “Premiatissima”».

Aveva scommesso dei soldi?
«No! Sono sempre scommesse alla ligure».

“Paperissima” va in onda tutto l’anno. Non stacca mai?
«A un certo momento sembrava che, andando quasi tutte le trasmissioni in diretta, venissero a mancare gli scarti, le “papere”. Poi Internet, le telecamere, i telefonini ci hanno fornito la possibilità di avere le “papere” del pubblico da tutto il mondo».

Non si è stufato di vedere “papere”?
«La “papera” per la sua imprevedibilità fa sempre ridere. Sorprende. Una battuta riesci a volte a prevederla. Quando guardi la “papera” di una caduta non sai mai come finisce e scatta la risata».

La “papera” che tutti dovrebbero vedere?
«Quella di un vescovo veneto: aveva un microfono in mano, a un bel momento, pensando di tenere l’aspersorio, lo immerge nel secchiello con l’acqua benedetta e comincia a benedire i fedeli. Bella e anche dissacrante».

Le veline conducono “Paperissima” per il secondo anno. Le rivedremo anche a “Striscia”?
«Sì, vengono confermate, sono bravissime».

Il 26 giugno lei compie 70 anni. Festeggia i compleanni?
«La mia religione mi imporrebbe di festeggiare tutti i giorni tranne quelli comandati, per cui non dovrei festeggiare compleanni, Natale, Capodanno e Pasqua. Ogni tanto faccio delle eccezioni. Mi tocca. Mi fanno delle feste a tradimento e devo far finta di non accorgermene».

Ha espresso, soffiando sulle candeline, un desiderio che poi si è avverato?
«Mentre soffiavo desideravo ardentemente che la torta fosse buona e, a breve, il desiderio si è sempre realizzato».

Il giorno dopo, il 27 giugno, va in onda l’ultima puntata di “Striscia la notizia”. Un consuntivo di questa stagione particolare?
«Molto positivo. Stando ai dati di ascolto, c’è stata una crescita del 5% rispetto all’annata precedente. Per un prodotto maturo, giunto alla 33ª edizione, è importantissimo. Siamo riusciti a rinnovarci. Quest’anno abbiamo introdotto il “deep fake” (i video contraffatti, ndr) e aggiunto inviati come Philippe Daverio, Roberto Lipari, Erica, Paolo Marchi e due giovani consulenti scientifici, Gabriele Scola e Leonardo Tiralongo».

In un periodo di repliche voi avete prolungato di tre settimane. Mai avuto un’esitazione?
«È stata una sfida: andare in onda senza uscire tra la gente, senza consegnare tapiri, senza gli striscioni delle partite, senza pubblico in studio. Per motivi di sicurezza dovevamo contare su una riduzione del personale, si lavorava a rotazione, in distanziamento. Riunioni due volte a settimana e tutti con le mascherine: per fortuna siamo una squadra affiatata e ci si capiva anche solo guardandosi negli occhi».

Avete pure il record di inviati malmenati: 22 casi in una stagione.
«Le reazioni violente sono aumentate e così anche le cause giudiziarie, abbiamo sempre molte denunce. Mi sembra evidente che non molliamo. Il povero Vittorio Brumotti, con il Covid, andava in giro da solo con una telecamerina attaccata a un bastone e pieno di telecamere sul corpo».

Lo scorso settembre ha battezzato Striscia “la voce della resilienza”. Una premonizione?
«Io mi baso sempre su quello che sta per succedere o che succederà. La “resilienza” nasce in un momento molto caotico e frenetico. Dopo, casualmente, è arrivato il Covid. Ma il bisogno di fermarsi e ragionare in termini diversi e “resilienti” c’è da un po’».

Ha già scelto il prossimo sottotitolo?
«Non ancora. Se fossi davvero profetico mi impegnerei anche sui numeri da giocare al lotto».

Quasi metà della sua vita è stata con “Striscia la notizia”. Ci pensa mai?
«Mi sono trovato questa giustificazione: io avrei comunque fatto “Striscia”. Nella mia vita c’è sempre stato il desiderio di essere informato, di non subire ingiustizie, resto male se qualcuno subisce un’ingiustizia. Ho questo spirito qui. Senz’altro la mia vita e “Striscia” coincidono».

Dell’altra metà cosa considera predominante?
«Prima di “Striscia” ho lavorato con grandi artisti, da Comencini a Walter Chiari, Sandra e Raimondo, Gino Bramieri, Garinei... Ho avuto la fortuna di avere i piedi nel passato e la testa nel futuro. A 28 anni come autore firmavo “Fantastico”. Un funzionario Rai disse: “Come facciamo a dare il sabato sera in mano a un ragazzo?”. E io: “Allora come ospite perché non chiamate Luciano Tajoli invece di Miguel Bosè?”».

Cosa o chi le manca dei tempi passati?
«Mi capita di ripensare a “Te la do io l’America” o “Te lo do io il Brasile”, i viaggi con Beppe Grillo ed Enzo Trapani, gli artisti e i cantanti incontrati, Abbe Lane, Fonzie, Chico Buarque. Quando ci penso dico: “È passato tanto tempo!”. Ma non sono di natura nostalgico».

Ha un sogno televisivo nel cassetto ancora da realizzare?
«Tutti i miei sogni li ho messi sul letto e io dormo nel cassetto da un po’ di tempo».

Mai pensato: «Quando arrivo a 70 anni smetto»?
«L’avevo pensato a 40 anni. Ero realizzato, in tv avevo già fatto tutto. Per fortuna non ho smesso, perché poi sarei diventato un essere molesto in giro, nei cantieri, ai giardinetti...».

Le hanno dedicato tesi di laurea, premi, 30 Telegatti. Più onore o più responsabilità?
«Onori senz’altro, ma anche tanta responsabilità. Uno dei motivi della durata di un gruppo è che ci vuole uno che si prenda la responsabilità, le critiche, che ci metta la faccia e vada pure a giudizio».

Se prima o poi le dedicassero una statua che reazione avrebbe?
«Uscendo dal casello di Albenga, sulla rotonda, c’è la statua di un bambino e una bambina. Dovevano avere il volto mio e di mia sorella (essendomi opposto alla costruzione di alcuni grattacieli), ma non ho voluto. Fare le statue porta sfiga a chi è in vita. Io sono un anti-statua, sono dalla parte dei piccioni colitici. Nasco piccione e voglio morir piccione».

Seguici