Un capofamiglia (che rimarrà anonimo) ci racconta come vive la tv una «famiglia campione»

Qualche mese fa, in una noiosa mattinata di lavoro, squilla il cellulare. Una voce femminile mi chiede inaspettatamente: «Le piacerebbe diventare una famiglia Auditel?». Dieci secondi buoni per pensarci.
Ho sempre avuto la curiosità di sapere la verità su quei temutissimi dati di ascolto, che hanno potere di vita e di morte sui palinsesti televisivi. «Perché no, come funziona?». Dopo qualche precisa rassicurazione su privacy ed eventuali fastidi, accetto verbalmente la dettagliata informativa sui miei diritti e doveri (che poi mi arriverà anche per posta, da controfirmare). Ciliegina sulla torta, il mio disturbo sarà ricompensato da un buono acquisto annuale di 40 euro, da spendere in oltre 8.000 punti vendita convenzionati.
Ovviamente do anche la mia disponibilità a ricevere a casa un tecnico per l’installazione dell’apparecchiatura di rilevazione, il cosiddetto «meter». Ci accordiamo sugli orari e, come da copione, un venerdì pomeriggio il «signor Auditel» sbarca a casa mia. Cortese e professionale, mi dà subito un consiglio: «Caro signor XY, lei e la sua famiglia dovrete continuare a comportarvi come vi comportavate prima. Insomma, dimenticatevi di noi».
In un’oretta il meter viene puntualmente installato e collaudato. Dopo avermi spiegato il meccanismo di invio dei dati, il tecnico si collega dal suo pc al server aziendale e mi fa cambiare qualche canale («Adesso vedrà che cosa succede»), mostrandomi l’andamento del mio zapping. Coincide al minuto, il marchingegno funziona. «Siamo finalmente una famiglia Auditel» penso tra me e me. Provo una vaga sensazione di onnipotenza catodica, consapevole del fatto che, quando cambio canale io, è come se lo facessero migliaia di persone.
Ora, a mente fredda e dopo qualche mese di «rodaggio», posso dire che quando accendo la tv non mi viene più da pensare all’Auditel e al meter collegato all’apparecchio. Le abitudini televisive, mie e della mia famiglia, sono rimaste le stesse di prima. Moglie e figli continuano a guardare i programmi di prima, incuranti dell’impatto delle loro scelte. In questo periodo, tra l’altro, non sono mai stato contattato per «modificare» i miei gusti in tivù, né per qualunque altro motivo. Bene così. Nessuno riuscirà a farmi cambiare canale davanti all’ennesima replica dell’Ispettore Barnaby...