Bruno Vespa: «Quel giorno che dissi in tv: “Hanno rapito Moro!”»

Il giornalista ricorda le drammatiche ore al centro della fiction di Rai1 "Esterno notte", girata da Marco Bellocchio

14 Novembre 2022 alle 08:28

Fu proprio lui, Bruno Vespa, a dare la notizia in un’edizione straordinaria del Tg1 che sarebbe rimasta nella storia della televisione italiana (e che appare anche nella nuova fiction di Rai1, "Esterno notte"). Erano le 9.58 del 16 marzo 1978.

Vespa, ricorda cosa stava facendo quando la raggiunse la notizia del rapimento di Aldo Moro?
«E come potrei dimenticarlo? Ero nella redazione del Tg1. Fui io a raccogliere le tre righe di agenzia che annunciavano il sequestro. Con il foglio della telescrivente in mano feci a rotta di collo tre piani di scale e andammo subito in diretta con un’edizione straordinaria. Non ci fu neppure il tempo di avvertire il direttore, la notizia andava data subito».

Quale fu la sua prima reazione?
«Non riuscivo a crederci. E devo dire la verità: ancora oggi mi sembra incredibile che le Brigate Rosse possano aver portato a termine da sole un’operazione militare di quella efficienza».

Poi cosa successe?
«Cominciò lo stillicidio dei 55 giorni di prigionia di Moro, scanditi dai comunicati delle Brigate Rosse e dalla speranza che ci fossero progressi nelle indagini o nelle trattative».

Com’era l’atmosfera nel Paese?
«È stato il momento più buio della Repubblica dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. Noi cercavamo di mandare segnali rassicuranti, di dare l’idea di un Paese sotto controllo. Ma non lo era. Da una parte, scioperi e manifestazioni agitavano le piazze; dall’altra, leader politici come Ugo La Malfa e Giorgio Almirante invocavano la reintroduzione della pena di morte. E poi c’era l’atroce indecisione sulla linea da tenere con le Brigate Rosse: se trattare o no».

Secondo lei cosa bisognava fare?
«Devo dire che in redazione eravamo concordi nel sostenere la linea della fermezza. Non dimentichiamoci che c’erano già stati cinque morti, gli uomini della scorta trucidati dai terroristi. Come si poteva trattare con degli assassini del genere?».

Ma Moro si sarebbe potuto salvare?
«Oggi io credo di sì, perché poi si capì che anche le Brigate Rosse erano divise al loro interno, indecise sul da farsi. In effetti uccidere Moro fu il loro grande errore. Dal loro punto di vista avrebbero fatto meglio a liberarlo: avrebbero dato una grande dimostrazione di forza e gettato scompiglio nella politica italiana. Nulla sarebbe stato più come prima. Invece, uccidendo Moro, di fatto si suicidarono. A quel punto lo Stato non aveva alternativa a una lotta totale».

Ma perché proprio Aldo Moro?
«Perché Moro era il padre del “compromesso storico”, che avrebbe portato in modo pacifico i comunisti a sostenere un governo insieme alla Democrazia cristiana. E le Brigate Rosse, che sostenevano la lotta armata, volevano fermare questo processo a tutti i costi. A dire la verità, però, furono a lungo indecisi se rapire Moro o Giulio Andreotti. Alla fine scelsero Moro anche per motivi pratici, perché ritenevano di avere più possibilità di successo».

Cosa la stupì di più in quei giorni?
«Mi aspettavo che la moglie di Aldo Moro ci chiedesse di parlare e apparire in tv. Invece non lo fece».

E un ricordo personale che le è rimasto impresso?
«Furono 55 giorni con il respiro sospeso. Ricordo che una volta, per allentare la tensione, mi concessi una serata al cinema. Ma segnalai alle “maschere” dove ero seduto e lasciai alla redazione il numero di telefono del cinema. Poteva succedere qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, e io dovevo essere sempre reperibile».

Sei puntate per raccontare l’italia in crisi

Ci sono tutti i protagonisti di allora, da papa Paolo VI (interpretato da Toni Servillo) a Giulio Andreotti (Fabrizio Contri), dai brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda (Gabriel Montesi, Daniela Marra) al futuro Presidente della Repubblica ma allora ministro degli Interni Francesco Cossiga (Fausto Russo Alesi). E naturalmente c’è lui, l’allora presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, che l’attore Fabrizio Gifuni fa rivivere con umanità e precisione straordinarie; e vale la pena notare come l’attore viva ormai “in simbiosi” con la figura dell’uomo politico da almeno quattro anni, avendo portato in teatro uno spettacolo basato sulle lettere scritte da Moro durante la prigionia. La storia del rapimento viene raccontata in sei puntate, tre prime serate tv, da Marco Bellocchio, un maestro del cinema, già vincitore di cinque David di Donatello e premiato sia con il Leone d’oro alla carriera a Venezia (nel 2011) sia con la Palma d’oro d’onore a Cannes (2021). Alla vicenda Bellocchio aveva già dedicato il film “Buongiorno, notte” nel 2003. Qui però lo sguardo si allarga: nella serie “Esterno notte”, come suggerisce anche il titolo, il racconto abbraccia tutto quello che accadde fuori dal covo dove era tenuto prigioniero Moro. Un Paese sull’orlo della guerra civile; le convulsioni di una politica litigiosa e incerta sul da farsi; le vicende personali di tutti i protagonisti (con un’attenzione speciale a quella di Eleonora, la moglie di Aldo Moro, interpretata da Margherita Buy). La serie è stata presentata fuori concorso al Festival di Cannes e poi è uscita brevemente nei cinema (in due parti). È il primo esperimento di Bellocchio (che il 9 novembre compie 83 anni) con la fiction. Un esperimento splendidamente riuscito.

Seguici