Carlo Conti: «Come mi sento? Direi… maturo!»

Il conduttore ha compiuto 60 anni e si racconta tra lavoro, famiglia e gli amici di sempre. «Non ho rimorsi né rimpianti» dice. «E sono contento di ciò che ho costruito». Intanto prepara il ritorno in tv con "Top Dieci"

Carlo Conti  Credit: © Iwan Palombi
25 Marzo 2021 alle 08:58

Ha la voce appena un po’ affaticata. «Scusi, sto rientrando dal supermercato, ho preso l’acqua» dice Carlo Conti. «Le cose pesanti le porto io (ride)».

È il regalo per i suoi 60 anni appena compiuti?
«Già».

Come ci si sente?
«Direi... maturo (ride)».

Quanti messaggi di auguri le sono arrivati?
«Ho perso il conto, ma ho cercato di rispondere a tutti, è stata una enorme dimostrazione di affetto. Saranno stati un centinaio sul telefono e tanti altri su Instagram ma io sono piuttosto “a-social”...».

I suoi amici Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello come l’hanno festeggiata?
«Già una settimana prima del 13 (giorno del compleanno, ndr) Leonardo aveva iniziato il conto alla rovescia scrivendomi “meno 6... 5... 4...” e chiudendo con un 60 ripetuto all’infinito: non vedeva l’ora di potermi prendere in giro. Giorgio invece è stato più tranquillo perché lui c’è già passato (ride). Si è limitato a un “Ben entrato nel club!”».

Il messaggio più divertente?
«Tanti. Fiorello mi ha scritto: “Oggi è tutto bello, ti fanno festa, c’è allegria. Poi da domani comincerai a renderti conto che... sono 60!”».

Il messaggio arrivato da più lontano?
«Quello di Roberta, una mia carissima amica che vive a Los Angeles. Lei e la sua famiglia erano i dirimpettai di pianerottolo nella casa di Firenze nella quale sono cresciuto: siamo rimasti legatissimi. È come una sorella per me».

Il più sorprendente?
«La lettera che mi ha scritto Alessandro “Chicco” mi ha commosso. Lui e sua sorella Valeria erano i bambini a cui mia mamma faceva da tata. Siamo quasi coetanei e siamo cresciuti insieme come fratelli acquisiti, in pratica. Beh, Chicco mi ha davvero fatto piangere con la sua lettera: scrive benissimo e ha fatto un racconto incredibile delle nostre vite “parallele”».

Il giorno del compleanno ha avuto un dolce risveglio...
«Eccome... alle 8 Matteo mi ha svegliato tutto pimpante: “Auguri babbooo!” battendomi il cartoncino di auguri sulla faccia. L’aveva scritto e preparato lui nei giorni precedenti a scuola. Il regalo più bello!».

E sua moglie Francesca?
«Alle 6 di pomeriggio mi ha mandato via di casa perché voleva farmi una sorpresa. Ora, io non è che sia proprio un tipo da sorprese... comunque sono andato da mio suocero a guardare la partita della Fiorentina (che mi ha fatto il regalo pure lei, vincendo 4 a 1). Poi sono rientrato a casa e ho trovato la tavola apparecchiata benissimo per noi tre, una super cena a base di pesce preparata da uno chef professionista, e tamponato, che Francesca aveva chiamato per l’occasione. C’era un enorme palloncino a forma di 60, nel caso avessi dimenticato che erano proprio così tanti, e palloncini a forma di cuore ovunque».

Quando era piccolo come si immaginava a 60 anni?
«Guardavo i professori, che avevano 45 o 50 anni, e mi sembravano vecchi, con le loro cravatte bordeaux e i completi grigi. Ora che sono arrivato a 60, dentro me ne sento 30. Poi prendo in braccio Matteo e mi rendo conto che non sono esattamente 30... Però lo spirito e l’entusiasmo sono ancora quelli di un ragazzo. Forse il fatto che ho una famiglia giovane contribuisce a rinvigorirmi!».

Come è il Carlo sessantenne?
«Di certo ha più voglia di stare in famiglia e un pochino meno voglia di correre per il lavoro. Un professore, un luminare di Firenze, diceva: “Dai 20 ai 30 devi correre per capire quale sarà la tua strada. Dai 30 ai 40 corri perché pensi di aver trovato la strada giusta e devi investire. Dai 40 ai 50 devi correre per materializzare. Dai 50 ai 60 devi consolidare la tua posizione. Dopo i 60 anni se continui a correre sei un bischero!”».

Quando si guarda allo specchio le piace il sessantenne che vede?
«Sì. Nonostante le rughe, la stempiatura, gli acciacchi, posso essere soddisfatto. E sono contento di quello che ho costruito da solo con onestà, con umiltà e rispetto degli altri. Il talento, il mestiere, tanto impegno e quel pizzico di fortuna, mi hanno portato fin qui».

È riuscito a realizzare i suoi sogni?
«Io non ho mai vissuto dandomi dei traguardi. Il mio grande sogno era poter vivere della mia passione e questo l’ho esaudito. Non ho mai detto voglio arrivare a “Domenica in”, a “Miss Italia” o a “Sanremo”. Tutto quello che è arrivato è stato una sorpresa. Ho sempre considerato questa vita come un Gran premio della montagna: ci può essere un po’ di discesa, ma poi devi continuare a pedalare. La fortuna è stata che tutto sia arrivato al momento giusto, quando ero pronto per certe sfide».

Ha dei rimorsi?
«No, per carità: mai vivere di rimorsi! Anche dagli errori nella vita impari qualcosa. Io poi sono uno impulsivo, può capitare di sbagliare un programma, una decisione, un amore... ma con i se e con i ma non si fa il mondo».

E rimpianti?
«Assolutamente no. Se vogliamo scherzarci sopra, forse avrei dovuto sposare Francesca un pochino prima e diventare babbo di Matteo con qualche anno in meno: magari avrei meno dolori alla schiena e sentirei meno “cric” quando lo prendo in braccio (ride)».

Cosa l’aspetta fino ai 70?
«Vorrei continuare così. Lasciare il programma quotidiano tre anni fa è stato il primo passo per rallentare. Sono riuscito a trasferirmi a Firenze per crescere qui Matteo, per stare molto tempo con lui e con Francesca. Per dedicare più tempo alla famiglia, insomma».

Quale augurio si fa?
«Spero di riprendere a fare qualche viaggetto appena sarà possibile. Io da ragazzo non ho avuto la possibilità di farlo e invece vorrei che Matteo potesse conoscere il mondo. Mi auguro che sarà presto perché significherebbe un ritorno alla normalità. E poi mi auguro di continuare a lavorare fino a che il pubblico mi vorrà vedere. Quello che ho capito in tutti questi anni è che nel mio lavoro ci sono due elementi fondamentali che decidono la tua carriera, oltre ovviamente alle tue capacità: il pubblico e il tempo. Sono i due garanti del nostro mestiere».

Intanto ricomincia ad aprile con la seconda edizione di “Top Dieci”.
«Sì. È stato un esperimento fatto in emergenza un anno fa in tempi di lockdown, adattando la scenografia della “Corrida”, che avevamo dovuto bloccare. È andato bene perché è un programma che ha un sapore che non c’è in giro: è un modo di ricordare, di giocare sugli usi e i costumi degli italiani e sulle classifiche musicali, e non solo».

Ci saranno delle novità?
«Saremo all’Auditorium del Foro Italico e vedremo se sarà possibile avere il pubblico. Nel caso di classifiche di abiti più venduti invece dei manichini spero di riuscire ad avere ragazzi e ragazze che possano indossarli. Però il format è quello: due squadre di personaggi noti che si divertono a individuare queste classifiche e poi uno o due ospiti, che giocano con le loro classifiche personali».

Non finisce qui.
«Già. A fine aprile tornano i David di Donatello: quest’anno spero che qualche protagonista possa venire ospite in studio. Poi a fine maggio condurrò la finale dello Zecchino d’Oro in prima serata con Mara Venier. Infine, l’8 giugno sarò ad Assisi, per il mio tradizionale appuntamento “Con il cuore, nel nome di Francesco”. Meno male che volevo rallentare con il lavoro... (ride)».

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