Parla Duilio Giammaria, il conduttore di Petrolio su Raiuno

Con la puntata speciale di Petrolio dedicata ai temi della legalità e della mafia, in onda lunedì 23 maggio dopo la fiction "Boris Giuliano", ha raccolto 1.255.000 spettatori e l'11,43 per cento di share.

Duilio Giammaria, conduttore di "Petrolio".
18 Maggio 2016 alle 17:40

Duilio Giammaria, 55 anni, due figlie (Livia di 31 anni e Nina di 11), è nato professionalmente a Mixer di Giovanni Minoli («Una grande palestra per tantissimi giovani»), poi con Michele Santoro («Lì ho imparato il linguaggio del racconto in presa diretta: oggi lo fanno tutti ma allora…»), quindi a Raidue con Carlo Freccero e poi per anni inviato del Tg1.
Dal 2013 conduce Petrolio, programma di approfondimento in onda su Raiuno, il lunedì sera in seconda serata: «La prima volta andammo in onda con quattro puntate in agosto: avevo tanto insistito e sembrava una specie di contentino. Tornammo, sempre nel 2013, a Natale, un altro momento in cui la tv “normale” va in vacanza».

Lo speciale «Petrolio»,andato in onda ill 23 maggio dopo la fiction «Boris Giuliano», è stata seguita da 1.255.000 spettatori con l'11,43 per cento di share. E' stato così ripetuto, dal punto di vista degli ascolti, il successo di «L’isola del tesoro», andata in onda in coda all’ultima replica di «Il commissario Montalbano», una puntata che ha fatto registrare 1.430.000 spettatori (il secondo migliore ascolto di questa stagione). «Sono fiero di quella puntata perché realizzava una di quelle “serate tematiche” in cui ci leghiamo al programma di prima serata della rete, e poi perché i contenuti erano interessanti e le immagini meravigliose».

Iniziamo con una domanda che si fanno in molti: ma perché «Petrolio» non va in onda tutto l’anno?
«Diciamo che per molto tempo il palinsesto di Raiuno è stato un po’ rigido. Ora degli spazi si stanno aprendo: magari a ottobre torniamo per tutta la stagione. Sarebbe importante abituare il telespettatore all’appuntamento fisso».

Come nasce un ciclo di «Petrolio»?
“Si comincia mettendo insieme la redazione che è composta da interni Rai e da esterni, soprattutto da persone che arrivano e dicono: “Ho visto il programma ed è proprio quello che voglio che fare io”. Con i nostri mezzi l’entusiasmo è una risorsa fondamentale per arrivare alla fine».

«Con i vostri mezzi…». Perché, cosa vi manca?
«Nel 2014 abbiamo mandato in onda una puntata intitolata “La spia invisibile”. L’avevamo comprata dalla Bbc ed era diretta da Michael Radford. Sì, il regista de “Il postino”, il film con Massimo Troisi. Pochi giorni fa avevamo ospite un produttore di Canal+: mi raccontava che per realizzare un’ora di programma ha a disposizione un milione di dollari!”».

Un’ora di «Petrolio» quanto costa?
«Tenuto conto dell’impegno che richiede un prodotto come il nostro, il costo è molto contenuto: molto meno di un decimo di quella cifra, che è comunque eccezionale».


Quali sono i costi medi in Europa?
«Tra i 300 e i 400 mila euro per ora di documentario».

Perché servono così tanti soldi?
«Per realizzare prodotti che non siano da buttare il giorno dopo. Perché esportiamo moda, design e non invece, a parte alcune lodevoli eccezioni, televisione?”.


In fondo anche questo potrebbe essere il nostro «Petrolio»?
«Raccontare le incredibili risorse di questo Paese, il nostro «Petrolio», rimane l’obiettivo del programma. E potremmo inziare proprio dalla nostra tv!».

Si è fatto le ossa sui fronti di guerra di tutto il mondo, dall’Afghanistan all’Iraq. Le manca quella vita?
«L’anno scorso sono stato per tre giorni in Libia, a Tripoli: ero l’unico giornalista occidentale in città. È stata una doccia di realtà, e non, come si potrebbe pensare, per l’adrenalina, ma perché ti ritrovi da solo, senza connessioni, senza fonti… Sei tu la tua sola fonte delle notizie!».

Esiste un legame tra quell'esperienza professionale e Petrolio?
«Il programma nasce proprio dallo stupore dell’inviato che torna a casa e dice: “Ma l’Italia è un Paese fantastico! Non ci rendiamo conto di quanto sia bella”. Ecco, raccontare il bello del Paese è la nostra passione!».

Ma che cosa fa tra un ciclo del programma e l'altro?
 «Oltre a condurre, stare al montaggio e in regia, mi diverte molto anche tenere i contatti internazionali, guardare quello che producono gli altri, la Bbc innanzitutto, e anche cercare nuovi spunti e nuove idee. E quando non lavoro viaggio molto. L’anno scorso sono stato in giro per 40 giorni tra Singapore, Honk Kong e il Sud-est asiatico. Mi piace riprovare quel senso di smarrimento che per anni è stata la costante del mio lavoro».


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