Enrica Bonaccorti: «Mi notarono a teatro per… le gambe»

Conduce su Tv8 un programma tutto nuovo ("Ho qualcosa da dirti") e a Sorrisi racconta i suoi incredibili esordi

Enrica Bonaccorti nella caffetteria del suo programma, prodotto dalla Ballandi Arts  Credit: © Marinetta Saglio
13 Settembre 2019 alle 17:40

«Prego, si accomodi. Le posso offrire un caffè? E soprattutto, ci possiamo dare del tu?». Enrica Bonaccorti è accogliente, garbata. Radiosa nel suo abito blu semplice e raffinato allo stesso tempo. Siamo nello studio in cui sta preparando “Ho qualcosa da dirti”, il programma quotidiano di Tv8 che vede il suo ritorno in tv. E che riproduce, appunto, una caffetteria, un luogo intimo, ideale per le sue interviste “emozionali”.

Un programma in cui i protagonisti raccontano con l’aiuto di Enrica le loro vicende personali, che sono storie di rimorsi, di rimpianti, di ricongiungimenti, di richieste di perdono, di ringraziamenti e di amore che si prova a recuperare. «È un programma tutto autentico, nulla è costruito dagli autori, chi viene a raccontare la sua storia l’ha vissuta sulla sua pelle» specifica la Bonaccorti. «E sono sorpresa dal fatto che la realtà spesso superi la fantasia: ci sono vicende che fanno restare a bocca aperta».

L’emozione, quindi, è la chiave del programma?
«Io stessa, che non incontro mai i protagonisti prima di intervistarli in studio, mi emoziono ogni volta. Sono grata a questa trasmissione perché fa capire che rispetto ad alcune storie che raccontiamo, i nostri problemi di tutti i giorni vanno ridimensionati. E ho scoperto che spesso parlarsi può risolvere le cose. Non solo perché ti alleggerisci il cuore, ma perché affrontandola, la questione si può chiarire. Ogni vicenda è un’iniezione di forza e positività».

E lei avrebbe qualcosa da dire a qualcuno?
«Vorrei dire un grande “grazie” al pubblico, a tutte quelle persone che da 50 anni mi seguono».

Si immaginava questo ritorno in tv?
«Credo di essere una donna fortunata perché la mia vita è piena di sorprese. Io non ho mai cercato niente, dico sempre che il successo... mi è successo. Poi certo, quando ti capita l’occasione qualcosa devi saper fare».

Più di qualcosa nel suo caso: “Italia sera”, “Pronto, chi gioca?”, “Non è la Rai”, “I fatti vostri”, “Buona domenica”… sono solo alcuni dei tanti programmi che ha fatto. E non parliamo del teatro, della musica e della radio...
«Il minimo sindacale (ride). Parlare mi viene facile, sono sempre curiosa di tutto, leggo tantissimo. È importante per il mio lavoro, perché leggendo le parole ti rimangono dentro e quando ti servono le tiri fuori e vanno da sole. In realtà solo adesso mi rendo conto di tutto quello che ho fatto. L’età non regala solo acciacchi ma anche lucidità. E cominci a volerti più bene».

Ha sempre pensato di voler fare questo lavoro?
«Nei miei temi da bambina c’era scritto: “Da grande voglio fare l’attrice di teatro, la giornalista e il medico”».

Cominciò con il teatro.
«Nel 1969 ero in un teatrino di Trastevere, partiva una tournée e un’attrice ha dovuto dare forfait, così ho alzato la mano: “Posso provarci io?”. Mi fecero un provino e mi presero. Avevo solo due battute, la seconda era: “Vive la révolution!”. La recitavo attraversando il palcoscenico in braccio a un soldato avvolta solo di una bandiera francese e con le gambe nude al vento. Evidentemente queste gambe hanno attirato l’attenzione di qualcuno in sala: l’amministratore della compagnia di Domenico Modugno, che poi mi chiamò per un provino per lo spettacolo “Mi è cascata una ragazza nel piatto”. Mi presero. Avevo tre frasi una delle quali era una battuta sulle gambe lunghe. E cominciai la tournée con il grandissimo Modugno. Quando una delle attrici principali si dovette ritirare per problemi personali, bisognava trovare qualcuna che la sostituisse. Anche in quel caso io, che ero sempre dietro le quinte per imparare da tutti, alzai la mano e dissi: “Io la parte la so”. Feci il provino e mi presero per l’altro ruolo. Abbiamo fatto 209 repliche in 102 città diverse. Avevo 20 anni e appena finita la tournée il grande produttore Lucio Ardenzi mi chiese di fare la co-protagonista in teatro con Sandra Mondaini in una commedia di Plauto con Nino Taranto».

Che ricordo ha di Domenico Modugno?
«Aveva delle mani bellissime: le più belle che abbia mai visto. E poi ricaricava di energia vitale chiunque gli stesse accanto, era straordinario».

Per Modugno lei ha scritto due brani famosissimi.
«A 19 anni ho scritto “La lontananza”, a 21 “Amara terra mia”. In realtà i primi versi di “La lontananza” erano sul mio diario dei 14 anni mentre alcune cose di “Amara terra mia” erano sul diario dei 17».

Teneva dei diari?
«Dagli 11 anni in poi ho sempre tenuto un diario quotidiano. Li conservo tutti: riempiono l’anta di un armadio. Li “sigillavo” con dei cerottoni che sono ancora incollati».

Quella per la scrittura è una sua passione?
«I primi soldi li ho guadagnati con i concorsi scolastici nazionali di scrittura. La prima borsa di studio l’ho vinta in quarta ginnasio: 110 mila lire. Poi anche in quinta ginnasio e nei tre anni del liceo, qui il premio era di 150 mila lire all’anno. Quello della scrittura è un dono, come chi nasce con una bella voce. Per me è sempre stata una cosa naturale. In quel periodo davo ripetizioni di latino alla figlia di Joe Sentieri (un cantante famoso dell’epoca, ndr). Chiedevo 1.000 lire l’ora, che era quanto mi serviva per pagarmi le lezioni di chitarra. Finché il mio insegnante mi disse: con la chitarra sei negata, lascia perdere. E allora ho lasciato stare anche le ripetizioni di latino».

E di Sandra Mondaini che ricordi ha?
«Con Sandra abbiamo lavorato tanto anche in tv. Abitavamo vicino a Roma e ogni tanto alle 9 di mattina mi chiamava: “Vieni a farti una partitella con me?” E alle 10 ero già da lei a giocare a Scala 40. Ci facevamo compagnia giocando a carte».

Che altre passioni ha?
«Quella vera è l’informazione, mi piace stare attenta a tutto ciò che succede. Ho un grande interesse per la scienza e in particolare per la neurologia, per il cervello, il suo funzionamento e le sue potenzialità. E poi gioco a tutto: carte, biliardo, bocce, ping pong, dadi, flipper, e sono forte a tutto (ride). A casa ho una coppa di cui vado fiera: primo premio del Bar Gino, unica femmina in un torneo di flipper. Era l’81 e arrivai in finale: “l’attrice”, io, contro “er cìppica”, soprannominato così perché quando giocava a poker chiamava sempre il cip. Ho vinto io (ride). Giocare è meglio degli antidepressivi: il gioco “giocoso”, quello in cui sei in concorrenza con te stesso e non hai paura di perdere soldi o amicizie, ti salva dal cattivo umore».

In tv cosa guarda?
«Tutto. In particolare sono appassionata di documentari: adoro tutti gli animali tranne le zanzare femmine, che sono quelle che pungono, e poi seguo i talent di tutto il mondo. Osservare le televisioni dei vari Paesi è meglio di un trattato di sociologia. Si capisce tanto di una nazione dalla sua televisione».

Quanti televisori ha in casa?
«Troppi. E sono pure sempre accesi...».

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