È da poco entrato nella squadra di "Striscia la notizia" per raccontare l’elezione del Presidente

Difficile pensare a una situazione migliore, per lui e per il pubblico, con cui esordire come inviato di “Striscia la notizia”: Enrico Lucci si è catapultato alla sua maniera nel grande gioco dell’elezione del Presidente della Repubblica, portando nelle strade di Roma, tra Palazzi della politica e ristoranti, il suo microfono e la sua candida sfacciataggine, irresistibilmente provocatoria.
Lucci, partiamo dal Presidente: chi porta nel cuore?
«Sandro Pertini: un partigiano, un antifascista, una persona schietta che trasmetteva un’umanità non rituale».
Non è rituale neppure l’umanità che lei riesce a far emergere dai suoi “intervistati”...
«E non è neppure molto difficile. Basta buttarsi in mezzo a questo caos in cui ognuno ricerca un proprio palcoscenico fingendo di interessarsi al Paese e registrare quello che si vede. Non vale solo per la politica, ma per qualsiasi altra cosa: oggi tutti sfruttano ogni occasione per ritagliarsi una parte, quasi sempre senza alcun talento o alcuna formazione professionale per quello di cui si occupano».
Dopo tanti anni com’è possibile che le sue incursioni continuino a ottenere l’effetto desiderato? Ormai si dovrebbe sapere che Lucci è Lucci, no?
«Il mio è l’intervento del bambino che fa la domanda che non va fatta. Non voglio “complici”, non sopporto i simpatici: mi interessano quelli che, dopo qualche secondo, iniziano a prendersi sul serio. Ho una tecnica “naturale” che s’avvicina a quella del tenente Colombo: non prevarico. E non sai mai se sto scherzando o dico cose serie».
Questa somiglianza con Colombo la sente da sempre o l’ha trovata riflettendo sulla sua tecnica?
«Colombo mi è sempre piaciuto: capisce subito chi è l’assassino, ma gli fa credere di aver di fronte un fesso, così questo abbassa le difese e gli lascia tutto il tempo per incastrarlo».
La “finta simpatia” è la reazione che la fa arrabbiare di più?
«In realtà nessuna reazione mi fa arrabbiare».
Quindi non vive consumando tonnellate di digestivi?
«Ma no! Io modulo la mia contro-reazione sulla reazione che ricevo. Vuoi fare il simpatico, per esempio? Allora io sarò smaccatamente super simpatico».
È stato querelato molte volte?
«No, sono sempre stato bravo, ho preso solo un paio di querele. So benissimo come girarci intorno. Non mi acchiappi: sono viscido come un’anguilla!»
Arriviamo a “Striscia la notizia”. Com’è nata questa avventura?
«Ho contattato Antonio Ricci e lui evidentemente ha trovato interessante la cosa. Devo ringraziarlo davvero: oltretutto, mi ha accolto meglio che se fossi stato Claudio Baglioni».
Che cos’è che rende “Striscia”… “Striscia”?
«Quand’ero ragazzino le persone dicevano: “L’ha detto la televisione!”, e tutto ciò che veniva dalla tv era sacro. “Striscia la notizia” ha insegnato a non fidarsi neanche della televisione, e la sua caratteristica principale rimane proprio quella di far capire dove c’è l’inganno. Mi sono sentito subito integrato: da tantissimi anni non sentivo una simile sinergia di intenti e cervelli».
Dopo la saga dell’elezione presidenziale, sa già di che cosa si occuperà per “Striscia”?
«Vedremo quello che capiterà, ma tanto in Italia c’è sempre una qualche fase emergenziale... Finito con il Presidente della Repubblica, ci sarà quello del Consiglio e via via a scendere fino all’amministratore del condominio».
E se la invitassero a fare un periodo di conduzione?
«Che dire… Vedo due giganti come Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti, e mi sento una minuscola formica. Sono talmente integrati e naturali, che mi sembrano abbastanza irraggiungibili… E poi m’hanno fatto un’accoglienza così affettuosa, che mia madre Agrippina s’è commossa!».
Potrebbe condurre con loro…
«Ma no, sono come Stanlio e Ollio: non potrei stare al loro fianco. Se devo pensare a un collega, il primo nome che mi viene è Ilary Blasi, perché ha quell’ironia intelligente da ragazza romana che va in discoteca».
Lei non sembra proprio un ragazzo romano che va in discoteca…
«E infatti le farei solo da spalla!».
Ha parlato del suo mestiere: come lo descriverebbe?
«Sono riuscito a farmi pagare per fare ciò che mi è venuto naturale fin dall’asilo: già lì trovavo il modo per fregare la suora evitando le sberle. Quindi il mio mestiere è questo mio eterno gusto del raccontare la grande scemenza generale che avvolge l’epoca in cui viviamo, un’attività che mi ha sempre dato un enorme piacere».
Lo faceva anche coi suoi genitori?
«Sempre!».
Le sarà arrivata qualche sberla?
«Qualche schiaffo sì. Affettuoso, però. E poi io sono scappato subito via, quindi non c’è stato tempo per approfondire, per fortuna».