Il conduttore di "Che tempo che fa", in attesa di tornare in tv dal 9 ottobre, ha trovato anche un altro lavoro...

Non so se andate matti per il cioccolato. Io sì. E ora ho un amico che ha una fabbrica di cioccolato (il che promette bene sulla tenuta della nostra amicizia...). Si chiama Fabio Fazio, lo conoscete tutti e tornerà su Raitre con “Che tempo che fa” dal 9 ottobre, ma non sono venuto qui a Portofino per parlare di televisione... Cominciamo dall’inizio.
Circa sei mesi fa mi telefona Fabio: «Tienti libero per il 15 settembre». Perché, che succede, chiedo. «Oh, vedrai, tu cerca di essere libero». Penso che la mia vita è abbastanza incasinata da non sapere cosa faccio domani, figuriamoci fra sei mesi. E il 15 settembre è lontanissimo. Invece il 15 settembre arriva e qualche giorno prima arriva anche l’invito: Fabio presenterà a Portofino la sua fabbrica di cioccolato. Slurp!
Ed eccomi a Portofino, al ristorante di Carlo Cracco che ospita la presentazione. Dice Fabio: «Durante la pandemia vengo a sapere dal mio amico Davide Petrini, un brillante imprenditore e ristoratore, che a causa del Covid sta per chiudere la Lavoratti, una storica fabbrica di cioccolato di Varazze che fa parte della mia vita sin da quando ero bambino e vivevo a pochi chilometri da lì. Davide e io ci siamo detti che dovevamo provare a salvarla, anche se di cioccolato sapevamo solo che ci piace e fa bene all’umore».
Fabio è un perfezionista, quindi si butta nell’avventura e sceglie il meglio: su consiglio di Carlo Cracco e Massimo Bottura (due tra i più grandi chef del mondo) ingaggia Corrado Assenza, pasticciere di fama internazionale, proprietario del celebre Caffè Sicilia di Noto (in provincia di Siracusa), dove guarda caso quest’estate, durante le mie vacanze siciliane, andavo tutti i giorni a fare colazione. «Maestro Assenza» gli dico «conosco tutti i suoi cioccolatini, la granita con le brioche, lei è... un pericolo pubblico!». In effetti andare al Caffè Sicilia è un po’ come fare colazione in paradiso (scusate la divagazione).
Fabio dunque si affida ad Assenza per scegliere le materie prime (e lui decide che le fave di cacao proverranno dalla fattoria ecuadoriana “San José”, più volte “campione del mondo” nel concorso che si tiene a Parigi tra oltre duemila produttori), per fare le ricette, scegliere i pistacchi e gli agrumi per i ripieni, eccetera. E così la Lavoratti rinasce con dei prodotti buonissimi e con delle confezioni originali ed eleganti: come vedete nella foto sotto, le tavolette sembrano libri.

«Perché vogliamo che il nostro cioccolato rappresenti una specie di racconto» spiega Fabio. Sulle confezioni c’è scritto che “il cioccolato è perfetto, coinvolge tutti e cinque i sensi per crearne un sesto: la memoria”. Alla Lavoratti, di cui Fabio è proprietario e presidente (Petrini è l’amministratore delegato, le loro mogli le altre proprietarie) lavorano una decina di persone e i progetti sono solo all’inizio.
Finita la presentazione vedo su un tavolino tanti cioccolatini, ma nessuno si avvicina. Chiedo a Gioia, la moglie di Fabio: «Faccio brutta figura se ne assaggio uno?». Lei ride: «Ma no, assaggia!» e beh, se lo dice la proprietaria... Prendo una scorza al bergamotto. Da svenire per la bontà. Ho dato il cattivo, anzi il buon esempio e ora tutti assaggiano i cioccolatini, in una sinfonia di «mmmmh», «buonissimi!», «wow!», eccetera. Sul sito della fabbrica, lavoratti.it, trovate il catalogo dei tanti capolavori (come le creme) che qui non ho lo spazio per descrivere.
Arriva il momento di tornare a Milano, saluto, prendo la borsa con i prodotti della Lavoratti giurando a me stesso di non aprire nulla finché non arrivo a casa per far festa con la mia famiglia e soprattutto con i miei nipotini, che di cioccolato sono golosissimi (hanno preso dal nonno). In fondo devo resistere solo un paio d’ore. Invece succede che rimango bloccato in autostrada per un incidente e in quell’ora e mezzo non ho niente da fare: la radio è disturbata e lì tra i monti dell’Appennino ligure non prende nemmeno Internet. Guardo le scatole di cioccolatini... Voi nei miei panni cosa avreste fatto?