Alessandra Mastronardi: «Mi preferite dottoressa o dama rinascimentale?»

L'attrice è protagonista di due attesissime fiction di Raiuno: «L’allieva» e «I Medici»: «A darmi fiducia è stato... Woody Allen»

Alessandra Mastronardi  Credit: © Assunta Servello
19 Ottobre 2018 alle 12:34

Alice veste gonne corte e larghe, camicette femminili, giubbetto jeans e calza stivaletti con tacco comodo. Lucrezia indossa abiti rinascimentali maestosi, pesanti, complicatissimi da indossare al mattino e sfibranti da portare tutto il giorno. Alice è una giovane specializzanda in Medicina legale nata dalla fantasia della scrittrice Alessia Gazzola. Lucrezia è una fine poetessa rinascimentale, donna di arte e di cultura realmente esistita, di cui Lorenzo il Magnifico si innamorò perdutamente. Eppure qualcosa in comune le due donne ce l’hanno: saranno protagoniste di due serie televisive in onda contemporaneamente su Raiuno, «L’allieva 2» e «I Medici - Lorenzo il Magnifico». E a interpretarle sarà la stessa persona, Alessandra Mastronardi.

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Alessandra, sarà ospite fissa nelle case degli italiani...
«Già. Ho un po’ di ansia, temo di stancare il pubblico. Però sono due progetti molto diversi e questo mi rincuora. Uno è una commedia moderna, allegra, con una ragazza che si sta costruendo la vita e che potresti incontrare oggi nelle aule dell’università. L’altro vede una donna dalla personalità fortissima, che sa già la sua vita qual è».

Dice che teme di stancare il pubblico, ma ha scelto di vivere a Londra e di lavorare spesso all’estero.
«Non mi voglio fermare né pormi limiti. Cerco di guardare oltre, di non fossilizzarmi. È un lato del mio carattere, può essere un bene o un male».

Un male? Perché un male?
«Perché in questo modo scegli una strada più faticosa, che comporta più sacrifici. Ma i risultati in fondo sono più gratificanti».

Nel 2012 è stata scelta da Woody Allen per il film «To Rome with love».
«Ero convinta di non piacergli e pensavo: “Farà come succede a volte sui set, giriamo tre giorni e poi mi elimina dal film”. Ne ero convinta: non mi guardava, non mi parlava. Poi un giorno mi trovai a fargli da interprete con delle persone italiane, lui sorrise, cominciammo a parlare e da lì non abbiamo più smesso. E mi spiegò: “Se io non ti dico quello che devi fare è perché mi fido di te”. Io mi sono sciolta: Woody Allen che si fida di me! Ricordo che finivo le riprese, tornavo a casa, mi buttavo sul divano e mi ripetevo: “È successo veramente, è successo veramente, è successo veramente”».

Dalla sua Napoli a Hollywood...
«Sono stata una bambina felice, che giocava molto. La nostra è una famiglia unita, ricordo le domeniche piene di gente a casa, i pranzi lunghissimi con il tavolo dei bambini. E poi le passeggiate sul lungomare, la graffa al parco giochi...».

La graffa?
«Sì. È la ciambella, enorme, con lo zucchero sopra. Chissà perché poi a Napoli si chiama graffa...».

Aveva i poster dei divi del cinema in cameretta?
«Sì. Ma mio padre non voleva che li attaccassi alle pareti per non rovinarle e allora li incollavo nelle ante dell’armadio».

E chi c’era... nell’armadio?
«Leonardo DiCaprio in “Titanic” con Kate Winslet. Ma anche i Take That e i Backstreet Boys. E poi i nomi dei personaggi che interpretavo nei primi piccoli film. Dopo le riprese per ricordo prendevo il foglio con il nome che attaccavano fuori dal camerino».

Il primo personaggio qual è stato?
«Avevo 13 anni, interpretai Anna in “Il manoscritto di Van Hecken” del 1999. La protagonista era Barbara d’Urso».

E Leonardo DiCaprio l’ha poi conosciuto?
«Sì, anni fa. Eravamo a Londra, a una festa ai Bafta (i prestigiosi premi inglesi del cinema e della televisione, ndr).

Era emozionata?
«Beh, non era esattamente il DiCaprio di “Titanic”. Diciamo che era meglio quello dell’armadio (ride). A volte i propri miti sarebbe meglio non incontrarli. Anche se oggi le star condividono tutto quello che fanno sui social: come si vestono, cosa mangiano per colazione, dove vanno a fare la spesa. Non c’è più nulla da scoprire».

Lei vive a Londra da ormai tre anni. Come mai ha deciso di lasciare l’Italia?
«Avevo bisogno di un cambiamento, volevo ricominciare qualcosa di mio, di bello. Volevo andare oltre il limite».

Viaggia spesso?
«Sempre. Anche perché la mia famiglia è a Roma».

Che cosa non manca mai nella sua valigia?
«Il computer portatile. Mi piace scrivere e disegnare oggetti di arredamento. Soprattutto quando sono in aereo».

Che cosa disegna?
«Ha presente le riviste che si trovano nella tasca del sedile davanti? Beh, se trovo una pagina bianca e una penna... è finita. Faccio schizzi di tavoli, sedie, angoli di case arredate. Poi richiudo e rimetto a posto».

Quindi se troviamo bozzetti di arredamento disegnati sulle riviste in aereo sono firmati da lei...
«Sì. E chiedo scusa a tutti, ma è più forte di me. Non riesco proprio a resistere (ride)».

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