Alessandra Mastronardi: «Sarò ancora L’Allieva? Mai dire mai!»

L'attrice sta girando l’attesissima terza stagione della serie. E risponde alla domanda sulla bocca di tutti...

Alessandra Mastronardi
2 Luglio 2020 alle 08:30

«È bello chiacchierare un po’ al telefono. Sono in fila per fare il tampone e mi fa compagnia. Anzi, mi distrae, dal momento che non è proprio una cosa piacevolissima...» dice Alessandra Mastronardi. In tempi di coronavirus succede anche questo: l’intervista pre-tampone.

• Riaprono i set di fiction e soap

Alessandra, il set di “L’Allieva 3” è stato uno dei primi a riaprire. Quali sono le regole sanitarie che seguite per lavorare?
«Ringrazio Endemol che ci ha permesso di ripartire e di riportare alla normalità le nostre giornate. Siamo tutti pieni di energia nell’affrontare questi due mesi di riprese mancanti. Quanto alle regole, gli attori fanno il tampone ogni settimana. La troupe fa il test sierologico ogni due settimane, sul set si indossano sempre guanti e mascherine e viene misurata la temperatura ogni giorno. I truccatori, i parrucchieri, le sarte, i microfonisti, che hanno un contatto più diretto con noi, indossano anche la visiera sopra la mascherina. Gli attori sono gli unici a poter restare senza protezioni dopo il ciak. E poi in generale si cerca di mantenere le distanze».

E voi attori come fate?
«Ci sono solo delle piccole differenze. Le sceneggiature si sono adattate alla situazione, evitando scene di massa e togliendo quelle più intime quando non è necessario».

Vuole dire che per Alice e CC (Claudio Conforti, interpretato da Lino Guanciale) sarà una stagione più “casta”?
«(Ride) Non vi preoccupate, le scene più intime ce le eravamo portate a casa già prima dell’emergenza. Per la gioia dei fan».

A proposito di fan: è successo un putiferio quando ha detto che questa sarà la sua ultima stagione de “L’allieva”. Ma è vero o no?
«Mai dire mai, non chiudiamo subito tutte le porte. È vero però che non amo la lunga serialità. Credo fermamente, e l’ho sempre detto, che bisogna rispettare i personaggi e le loro storie: non è mai giusto portare avanti dei caratteri quando hanno finito di raccontare o di farti emozionare, proprio per il rispetto di quello che ti hanno dato. Anche da spettatrice. Poi magari i personaggi si riprendono... come quelli di “Friends” che faranno una riunione dopo 16 anni».

Intanto però è risalita in sella alla bicicletta di Alice Allevi. Una passione che condivide con Don Matteo...
«È vero! Alice è una tipa ecologica. La sua bici elettrica la fa da padrona e quest’estate sfreccerò per le strade di Roma sotto il sole».

Nel frattempo Alice è cresciuta professionalmente.
«Non è più un’allieva, è un medico legale, affianca CC, anzi a volte segue lei stessa le perizie. È proprio questo che la porterà spesso a trovarsi nei guai. E si troverà a dover scegliere a quale parte della sua vita dare una priorità: se alla carriera o alla sua vita privata. Che è quello che succede a tante donne ancora oggi».

Lei ha fatto il liceo classico e poi Lettere all’università, Alice invece sguazza nei numeri.
«Io con i numeri, i termini scientifici e medici sono un disastro. Normalmente se non mi ricordo una frase ci giro intorno: chi come me ha fatto il liceo classico viene da anni di gavetta con la professoressa che ti chiede un argomento che non sai e tu sei lì a fare voli pindarici per non dire poi niente. Invece con i termini scientifici c’è poco da scherzare, devi essere preciso e io mi ci perdo dentro...».

Tornando al coraggio e all’esigenza di dire di no alle lunghe serialità, lei “no” ne ha ricevuti?
«Eccome… ce ne sono state di porte in faccia!».

Magari non è sempre una cosa negativa come sembra sul momento.
«Proprio così. Certo, all’inizio fa male perché subentra l’orgoglio e la prendi sul personale, ma è vero che poi spesso capisci che non era il tuo treno. Ho visto film per i quali mi era stato detto di no, e devo riconoscere che quasi sempre ho pensato: “Era giusto così”. Un personaggio non dipende solo dai tuoi occhi o dai tuoi capelli, ma da quanto il tuo bagaglio personale può regalare. E la maggior parte delle volte non ci sono rimpianti».

Un esempio?
«Un progetto estero: non ero riuscita a essere presente all’ultimo incontro e così il mio coinvolgimento è sfumato. Sono stata malissimo, pensavo potesse essere la mia grande occasione. Invece mesi dopo ho scoperto che il progetto si era arenato mentre giravano e non sarebbe mai più ripreso. Mi sono detta: “Vedi? È andata meglio così”. Come diceva mio nonno Carmine: “Ogni impedimento è un giovamento”. E nel frattempo ero riuscita a fare una deliziosa commedia, “Si muore solo da vivi”».

A proposito di film, colleziona ancora i fogli attaccati sulla porta del camerino con i nomi dei personaggi che interpreta?
«No, quelli non più ma i mini ciak sì. Sono quelli che vengono utilizzati per girare le scene minori. Alla fine di ogni produzione mi metto in ginocchio e chiedo se posso averlo in regalo. Ne ho parecchi e sono tutti sistemati su una lunga mensola a casa mia a Roma».

Roma, Londra, Hollywood... lei viaggia spesso per lavoro. Ma cosa si porta sempre dietro della sua Napoli?
«Un cornetto che mi è stato regalato. Una moka per il caffè quando so di dover stare fuori a lungo e poi... il mio Dna. Più cresco e più mi sento napoletana».

In che cosa?
«In generale nel temperamento, ma anche in questa ossessione perenne che ho per il mare. È diventata ormai una vera necessità per me osservare, annusare, sentire e respirare il mare: non riesco più a starne lontana. Almeno non per troppo tempo».

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