L’attore bergamasco si sta ancora godendo il grande successo della fiction "La compagnia del cigno" e adesso è tornato sullo schermo nei panni di un altro personaggio dalle grandi passioni: Dolcino da Novara, frate combattente e rivoluzionario
È proprio il momento di Alessio Boni. L’attore bergamasco si sta ancora godendo il grande successo della fiction "La compagnia del cigno", dove interpretava il maestro Marioni.
E adesso è tornato sullo schermo nei panni di un altro personaggio dalle grandi passioni. Ma questo è realmente esistito: si tratta di Dolcino da Novara, frate combattente e rivoluzionario, tra i protagonisti di "Il nome della rosa", la fiction di Raiuno tratta dal capolavoro di Umberto Eco.
Due grandi storie, due grandi personaggi.
«È il bello del mio mestiere: ogni volta è come tuffarsi in un mondo diverso. Altro che realtà virtuale. Del set di "La compagnia del cigno" mi ha impressionato la passione di quei giovani musicisti: pur non essendo attori professionisti, si sono buttati nel progetto con tutta l’anima».
E de "Il nome della rosa"?
«Ho imparato tantissimo su un periodo oscuro della storia e su un personaggio che non conoscevo. Sono andato persino in pellegrinaggio sul Monte Rubello, vicino a Biella, dove intorno al 1300 Dolcino e i suoi seguaci hanno combattuto per sopravvivere e dove c’è ancora un monumento a lui dedicato».
Furono dichiarati eretici.
«Ma volevano solo riformare la Chiesa: Dolcino predicava la povertà, considerava le donne sue pari ed era contro l’obbligo della castità. Un libero pensatore nei secoli bui».
Ma lei subisce il fascino del Medioevo?
«Sì, ma non ci vivrei. Non era un’epoca di libertà. Preferisco il Rinascimento».
Mai pensato di farsi frate?
«Mai. Rispetto i religiosi, ma non potrei mai vivere un’esistenza piena di regole come fanno loro. Ricordo ancora quando mio fratello Andrea, che è stato prete a lungo, studiava in seminario e io lo andavo a trovare: anche uscire a mangiare una pizza era un problema! Non fa per me. Sono troppo innamorato della mia libertà».