«Amore pensaci tu», Leonardo e Jacopo sono i pestiferi gemellini della fiction di Canale 5

E alla giornalista di Sorrisi raccontano «Sul set abbiamo perfino guidato lo scuolabus!»

Carmine Recano, Martina Stella, Leonardo e Jacopo in Amore pensaci tu
24 Febbraio 2017 alle 12:20

Uno è esuberante, l’altro è più riflessivo. Uno ama leggere, l’altro disegnare. Uno ama i Pink Floyd, l’altro Adele. Entrambi hanno una passione per gli insetti. I gemelli Leonardo e Jacopo, nipoti di Gianni Morandi, sono tra i bambini protagonisti di «Amore pensaci tu», la fiction di Canale 5 in cui interpretano Kevin e Leone, i pestiferi figli di Jacopo (Carmine Recano) ed Elena (Martina Stella). Mentre Leonardo si gusta un cono gelato al cioccolato e fragola, Jacopo aspetta paziente che arrivi la sua crêpe alla Nutella.

Com’è fare le interviste?
Leo: «Noioso».
Jacopo: «Stranoioso».

Ma sul set vi siete divertiti?
Jacopo: «Era bello fare dei giorni di vacanza da scuola. E giocare con l’iPad nelle pause».
Leo: «Dipende».

Da cosa?
Leo: «Da quello che dovevamo fare. Alcune scene erano divertenti».

Quali sono state le più belle?
Jacopo: «Quella dove abbiamo guidato lo scuolabus».

Avete guidato un pulmino da soli?
Jacopo: «Sì, ma c’era uno stuntman nascosto: eravamo in braccio a lui…».
Leo: «Poi ci siamo divertiti a distruggere la cucina: abbiamo svuotato i pacchi di biscotti per terra, abbiamo infilato le mani nei barattoli di Nutella e l’abbiamo spalmata da tutte le parti. Se lo facciamo a casa la mamma si arrabbia».

E invece cosa non vi è piaciuto?
Leo: «Girare d’estate con i maglioni pesanti. E la maestra che ci faceva studiare mentre noi volevamo giocare».
Jacopo: «Quando dovevamo ripetere le scene più volte: o per il cambio dell’inquadratura o perché si alzava un capello a Martina (Stella, ndr)…».

Vi piacciono Kevin e Leone, i bambini che interpretate?
Jacopo: «Non mi piaceva come ci facevano vestire: sempre con i jeans e le camicie. Non eravamo comodi».

E voi come preferite vestirvi?
Leo: «Con la tuta».
Jacopo: «Col pigiama».

Il provino come è andato?
Jacopo: «È stato divertente: Leo doveva fare il dottore e io dovevo fare finta di aver ingoiato una lucertola».

I consigli di nonno Gianni?
Leo: «Di essere educati».
Jacopo: «Di divertirci».

Che nonno è?
Leo: «Il più bello di tutti».
Jacopo: «Simpatico, ci fa divertire. Ci porta nel bosco con la jeep, ci fa sedere in braccio a lui e ci fa guidare. Una volta stavamo andando in un fosso».

Cantate insieme con lui?
Leo: «Lui suona e ci inventiamo le canzoni sul momento».

Le sue canzoni che preferite?
Leo: «Non le ascolto. Mi piacciono Elio e le Storie tese, i Pink Floyd e i Coldplay».
Jacopo: «“Banane e lampone”. Ma ascolto Battiato, Adele e i Coldplay».

Quando vi siete rivisti in televisione vi siete piaciuti?
Leo: «Insomma. Non ci piaceva la nostra voce, era stranissima».

Cosa volete fare da grandi?
Leo: «Il biologo marino a Bali. Il subacqueo. L’astronauta. Il pianista. L’etologo che studia gli insetti (l’entomologo, ndr)».
Jacopo: «Il pittore».

E gli attori?
Leo: «Nooo».
Jacopo: «Mi piacerebbe pure, ma senza le interviste».

Il regista: «li ho scelti così»

«Non ho mai visto tanti bambini come durante i provini per “Amore pensaci tu”» scherza il regista Vincenzo Terracciano. «La serie è incentrata sui racconti familiari e il ruolo dei bambini era determinante. Abbiamo cominciato a cercarli sei mesi prima dell’inizio delle riprese. I ruoli più importanti erano quelli dei due gemelli e delle tre bambine. I gemelli, in particolare, non erano facili da trovare: spesso succede che uno vada bene, mentre l’altro meno. Leonardo e Jacopo invece li ho trovati da subito molto reattivi entrambi. Hanno fatto tre provini, nel primo non sapevo che fossero i nipoti di Gianni Morandi: mi sono stati presentati solo con il nome e non con il cognome. È stata una scelta giusta perché sono stati bravi sul set: ottima memoria e capacità di comprendere subito quello che chiedevo». I requisiti fondamentali? «Un po’ di timidezza iniziale è normale, ma è fondamentale che reagiscano agli stimoli che vengono dati». Quali sono le difficoltà maggiori dei bambini sul set? «La prima cosa è non guardare la macchina da presa, mentre loro sono abituati, con i filmini delle recite scolastiche, a guardare nell’obiettivo. Poi c’è il momento in cui devono piangere o arrabbiarsi: per questo sul set c’è un coach che li segue. Si cerca di creare un clima di gioco, ma quando arriva il momento in cui bisogna girare la scena non si gioca più: non per tutti è facile». Sul set i bambini non possono lavorare per più di cinque ore consecutive e c’è sempre un insegnante che li segue per svolgere il programma scolastico e fare i compiti.

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