Antonia Liskova: «Amo le donne che si fanno sentire!»

L’attrice si racconta a partire dai personaggi che interpreta in "L'allieva" e "Nero a metà". «Se sono forte e determinata lo devo alla nonna con cui sono cresciuta: ha fatto di tutto per educarmi all’indipendenza»

Antonia Liskova è nata Bojnice, in Slovacchia. Vive in Italia da quando aveva 18 anni
8 Ottobre 2020 alle 09:05

Elegante, autorevole, carismatica: in altre parole, la “Suprema”, cioè la professoressa Andrea Manes, nuovo direttore dell’Istituto di Medicina legale dove lavora Alice Allevi (Alessandra Mastronardi). Stiamo parlando, naturalmente, di “L’allieva 3”, la serie in cui Antonia Liskova, nuovo personaggio della stagione (insieme con Sergio Assisi), ha già iniziato a portare un bel po’ di scompiglio. Perché Alice, che la “Suprema” ha scelto come assistente personale monopolizzandone tempo e attenzione, è letteralmente affascinata da questa donna così diversa da lei e finisce per avere sempre meno tempo per Claudio (Lino Guanciale), rischiando di mandare all’aria il loro rapporto.

Antonia, con Andrea Manes un’altra donna inflessibile è entrata nel suo curriculum.
«Effettivamente la Manes è una donna tosta, con gli altri ma soprattutto con se stessa. Una che non ammette di sbagliare perché lo ha già fatto in passato e che è concentrata esclusivamente sul suo lavoro perché lì, e solo lì, si sente infallibile. In fondo fa quello che facciamo tutti: sceglie quello che pensa non la deluderà».

Vuol dire che la “Suprema” in qualche modo le assomiglia?
«In lei c’è tanto di me. Anche io sono una persona rigida e fin da bambina ho imparato a pretendere molto da me stessa. Quando ero piccola i miei genitori lavoravano e io sono cresciuta con la nonna materna. Era una donna fortissima, la amavo ma nello stesso tempo la odiavo perché sembrava volermi mettere i bastoni tra le ruote a ogni costo. Lo faceva per me, per educarmi a quell’indipendenza che lei considerava essenziale. Ma io allora non lo capivo...».

Diversamente dalla Manes, però, lei ha una famiglia.
«Per fortuna! Soprattutto mia figlia Liliana: ha 15 anni e le dedico la maggior parte della mia vita. Durante l’isolamento per il Covid me la sono goduta per due mesi interi mentre lei studiava e dipingeva. Poi, certo, il lavoro è molto importante e io, che sono molto pignola, soffro quando ce la metto tutta e non vedo intorno a me la stessa dedizione. Si figuri che riesco a essere puntigliosa anche quando scartavetro un mobile: non smetto finché non sono riuscita a togliere anche la più piccola delle imperfezioni».

Anche Micaela Carta, la dirigente della Squadra mobile che interpreta in “Nero a metà”, è una donna inflessibile.
«È vero, ma come Andrea Manes lo è a fin di bene. Sono donne rigide che però hanno ragione. Micaela, poi, è stata capace di fare un passo indietro quando ha capito di avere ottenuto i risultati sperati e di doversi assumere anche le responsabilità di altri. Lei è un chiaro esempio di come sia importante non fermarsi mai alle apparenze. Non solo nella fiction: a me è capitato di conoscere persone e giudicarle insopportabili, salvo poi apprezzarle in un secondo momento e farle entrare nella mia vita. Mi vengono in mente le campanule che ho piantato qualche tempo fa, alcune bianche e alcune rosse. Quelle bianche sono fiorite subito ed erano bellissime, ma poco dopo sono morte. Quelle rosse, più tardive e forse un po’ meno belle, sono ancora là».

Tra tante donne forti, le è capitato di interpretare anche... un uomo.
«Nel film “Basta un paio di baffi” ero una chef che si travestiva da uomo perché convinta di avere più chance per ottenere un lavoro. È difficile darle torto».

In che senso?
«Noi donne sul lavoro siamo capaci di diventare delle iene, ma viviamo in un mondo maschilista che sperimentiamo fin da giovanissime. L’altro giorno la scuola di mia figlia ha mandato una mail alle famiglie con le regole di abbigliamento per le alunne. Quando l’ho letta sono andata su tutte le furie. Qualcuno si è mai sognato di dire ai maschi come devono andare vestiti? No, loro possono andare a scuola in maglietta e pantaloni corti. Se continuiamo così, le cose non miglioreranno mai. Io, però, non demordo: il prossimo film che farò sarà tutto al femminile».

Di cosa si tratta?
«Si intitola “Addio al nubilato” ed è la storia di quattro amiche che si ritrovano a casa di una di loro per festeggiare un addio al nubilato. In quella notte succede veramente di tutto. Le riprese stanno per iniziare e la regia è di Francesco Apolloni».

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