Che Dio ci aiuti 5, Valeria Fabrizi: «Quanto mi piace fare l’impicciona»

L'attrice parla del suo ruolo nella fiction di raiuno con Elena Sofia Ricci, del suo grande amore e di un amico speciale

Valeria Fabrizi
24 Gennaio 2019 alle 16:59

In televisione o al cinema il passare del tempo può diventare talvolta un ostacolo alla carriera e costringere a ruoli secondari. Non è questo il caso di Valeria Fabrizi: lei è la prova che il talento e il fascino di una donna non hanno età. E nella serie di successo di Raiuno Che Dio ci aiuti 5, il suo personaggio, suor Costanza, la madre superiora del convento, è amatissimo.

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Suor Costanza è la colonna portante del convento. Ma lei, non è stanca di indossare il velo?
«Ma no. Suor Costanza è un elisir alla mia età. Il successo, l’affetto delle persone e la simpatia che suscita questo personaggio mi regalano ogni giorno grandi gioie. Lei è entrata in punta di piedi nella prima stagione, poi man mano si è ritagliata il suo spazio accanto a suor Angela (Elena Sofia Ricci, ndr) e alle altre attrici del cast. La cosa divertente è che io, nella vita privata, sono davvero suor Costanza…».

Cioè, si comporta proprio come lei?
«Sì, sono furba quanto basta. Sono impicciona nel senso che mi intrometto nelle cose sempre a fin di bene, do consigli anche se non sono richiesti e mi faccio sentire se non sono d’accordo. Ma sono una compagnona, una persona allegra. Grazie a suor Costanza la mia vena comica è emersa ancora di più. Inoltre sono molto credente. La fede cattolica l’ho ereditata da mia madre che mi ha fatto crescere con le suore Canossiane. Dopo la guerra sono stata in collegio dove ho frequentato le elementari e le medie. Ero una ragazzina ribelle. Mamma era disperata».

Crescendo si è calmata?
«Intanto sono maturata. Nella mia famiglia c’erano due correnti di pensiero per cui ho vissuto in un continuo clima di confronto».

In queste cinque stagioni ne avrà viste e vissute tante. Ha un aneddoto da raccontare?
«Mi trovavo a Trastevere, a Roma, per girare la fiction. Durante una pausa andai a prendere un caffè vestita da suora. Tornando, mi accesi una sigaretta e, mentre ero intenta a controllare il cellulare, inciampai. Tutti gridarono: “È caduta la monaca”. Nessuno mi aveva riconosciuto. Le persone mi aiutarono ad alzarmi ed io ripetevo loro che ero un’attrice che recitava la parte della suora. Ma un signore si avvicinò e con tono disgustato mi disse: “Questa monaca fuma pure. Per questo il Vaticano va male…” (sorride)».

Ogni artista vive alti e bassi nella carriera. Lei per molto tempo ha smesso di recitare.
«Nella mia vita privata il momento più doloroso è stato quando ho perso mio figlio di sei mesi. Ma per la mia vita professionale sono stati decisivi due eventi: la morte di mio marito (Tata Giacobetti del Quartetto Cetra, ndr) e quella del mio amico Walter Chiari. Devo ringraziare Pupi Avati che nel 1994 mi volle nel suo film Dichiarazioni d’amore. Da lì sono ripartita».

Con suo marito è stato un grande amore.
«Da giovane avevo tantissimi corteggiatori, ma lui mi ha conquistata semplicemente stando al suo posto. Era un uomo meraviglioso».

Lei parlava di Walter Chiari, amico d’infanzia e fidanzato di gioventù.
«Le nostre famiglie si conoscevano perché abitavano in un palazzo di Verona. Siamo diventati amici da bambini, poi crescendo c’è stata una liaison e quando la storia è finita, tra noi è rimasto un profondo legame. Grazie a lui ho conosciuto tantissime persone ed è stato il primo a credere nelle mie qualità. È stato un enorme artista, un gigante purtroppo maltrattato dal mondo dello spettacolo. Per cinque anni Walter ha vissuto con me e Tata nella mansarda della nostra casa. Lo controllavo a vista e tenevo d’occhio le sue frequentazioni. Lui si sentiva in famiglia».

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