L'attrice recita con Giuseppe Fiorello in "Gli orologi del diavolo" e ci racconta la sua vita tra amore, figli e musica
Nella prima puntata di “Gli orologi del diavolo” la vediamo solo per pochi minuti, ma nel corso della fiction prenderà sempre più spazio accanto al protagonista Marco, interpretato da Giuseppe Fiorello. Parliamo di una donna misteriosa, Alessia. «Al momento ai telespettatori viene dato un “assaggio” del mio personaggio» dice Claudia Pandolfi. «Tra lei e Marco c’è un contatto visivo: lei lo guarda, lui le sembra felice con la moglie, mentre sono insieme a cena e cantano al karaoke. Invece, di lì a poco, la vita di entrambi cambierà completamente. E loro due si avvicineranno».
Nel primo episodio la vediamo piangere. Perché?
«Anche Alessia è sposata, ma suo marito la picchia. Ma con tre figli, uno adolescente e due gemelle di 7 anni, è in cerca di affetto. E con Marco troverà la sua “normalità”, anche se la scelta di seguirlo, quando tutti gli altri lo abbandoneranno, compresa la moglie Flavia (l’attrice Nicole Grimaudo, ndr), di normale non ha nulla. Perché lui, un bravo meccanico nautico, è un infiltrato della polizia tra i narcotrafficanti spagnoli che usano le sue barche per trasportare la droga. E presto dovrà entrare in un programma di protezione per testimoni per sfuggire alla vendetta dei criminali».
All’idea di iniziare sul serio una nuova esistenza così, lontano dalla sua vita di tutti i giorni, cosa la farebbe soffrire di più?
«Sentirei il peso delle rinunce e delle privazioni a cui sottoporrei i miei figli. E mi mancherebbe Roma. Se mi chiedessero di restare un anno intero all’estero per girare un film, non lo farei. Neanche se mi chiamasse Quentin Tarantino. O forse, magari, per lui potrei pensarci. Ma no, dai... Preferirei la mia isola felice, casa mia, qui a Roma, in periferia».
Giuseppe Fiorello ci ha raccontato che sul set lei gli diceva che il mestiere di attore è solo un gioco. Lo pensa davvero?
«Sì. Sul set sono molto disciplinata, ma fondamentalmente mi diverto. Perché non “sono” un’attrice, faccio l’attrice. Questo lavoro mi è piovuto addosso a 16 anni. Provo un senso di gratitudine primordiale perché mi è capitato, ma in realtà io da ragazza volevo fare l’insegnante di ginnastica artistica. Peccato che ormai sia tardi per farlo diventare il mio piano B».
Però in “Baby”, la serie di Netflix, ha il ruolo di una prof di ginnastica.
«Educazione fisica nei licei non è proprio la stessa cosa, ma va bene lo stesso: del sogno dell’adolescenza almeno è rimasta la tuta (ride)».
Sbaglio o per lei è difficile dire: «Sono brava»?
«Ma perché non sono brava comunque. Sono brava se mi dirigono bene, altrimenti sono scarsa. Quelli bravi sempre e comunque sono altri tipi di attori. Io preferisco accettare i miei limiti, io sono un foglio bianco in mano al regista. Poi posso provare a diventare la ragazza della porta accanto che sbatte gli occhioni, la donna matura, la mamma agli albori, la donna volitiva, quella buffa…».
Lei è un’interprete molto versatile. Basti solo ricordare “Un medico in famiglia”, “Distretto di polizia”, “Il tredicesimo apostolo” in tv. E al cinema i film di Paolo Virzì, da “Ovosodo” a “La prima cosa bella”. Preferisce i ruoli drammatici o comici?
«Amo i ruoli monicelliani, il comico che passa attraverso il dramma, la commedia amara. Perché in fondo la vita è una commedia scritta da un sadico».
Pur essendo bellissima, non ha nel curriculum ruoli da “femme fatale”. Una sua scelta?
«Macché! Non si fidi mai degli attori che dicono di scegliere: i ruoli da fatalona non mi sono mai capitati. Anche se, a dire il vero, nella nuova serie tv di Mediaset “Tutta colpa di Freud”, con Claudio Bisio, interpreto una dottoressa che per certi versi è un po’ seduttrice».
Lavoro a parte, nella quotidianità sceglie d’istinto, di pancia, o razionalizza e rimugina prima di agire?
«Decido d’istinto. Cosa che mi ha portato a fare grandi danni, ma mi ha anche salvato da errori madornali. La pancia ha una certa coerenza con il cervello».
Una curiosità: che cosa le piace fare durante le pause tra le riprese?
«Se possibile, la pausa non la faccio proprio, perché mi deconcentra: io tirerei 10 ore su un set. Prima del Covid, non me ne stavo mai chiusa in camerino col mio panino, ma andavo in giro, mangiavo per strada, scoprivo posti. Sarebbe bello poter tornare a quella socialità lì».
Invece siamo costretti a stare molto in casa. Che cosa detesta delle quattro mura domestiche?
«Stirare. Ma davvero c’è gente che stira gli asciugamani e le mutande? Io non stiro nulla, anche perché, si sa, il segreto è stendere i panni bene».
E che cosa ama?
«Il silenzio. Quando il mio compagno (il produttore Marco De Angelis, ndr) non c’è e si porta dietro con sé i nostri figli. La solitudine mi commuove. E nel silenzio mi metto a suonare. Suono il piano, la batteria o la chitarra. Tutti male».¶
Lei ha avuto due figli a 10 anni di distanza. Gabriele (con il musicista Roberto Angelini) è nato nel 2006 e Tito nel 2016.
Com’è adesso la vita tutti insieme?
«Spassosa. Abbiamo tutte le fasce d’età: da zero a 10 anni Tito, da 10 a 20 Gabriele, da 30 a 40 Marco. Sì, lui è più giovane di quanto sembri: la vecchia di casa, insomma, sono io».
Come festeggerà il suo 46° compleanno il 17 novembre?
«Cantare “Tanti auguri a te” a una che invecchia mi mette una malinconia…».
Neanche una torta? Due pasticcini?
«Alla torta non si sfugge mai: vorrei una crostata morbida con la frutta dura… Alle mele, ma anche con qualche fragola. E per finire un po’ di cioccolato».