Claudio Santamaria è il protagonista di “L’Ora, inchiostro contro piombo”

«Nella fiction sono un giornalista che combatte la mafia. Ma fuori dal set mi aspettano biberon e notti in bianco...»

Claudio Santamaria
8 Giugno 2022 alle 14:34

Impermeabile, cappello e fiuto per la notizia

Nella serie “L’Ora, inchiostro contro piombo” Claudio Santamaria interpreta Antonio Nicastro, un giornalista ispirato alla figura di Vittorio Nisticò, storico direttore del quotidiano “L’Ora” di Palermo. La storia si apre con un giallo: a Corleone sparisce un sindacalista e un giovane cronista gli porta la notizia. Nicastro intuisce che sotto c’è qualcosa di grosso. Venuto da Roma con la moglie Anna (l’attrice Silvia D’Amico) per tagliare i costi del giornale licenziando, si ritroverà con un’inchiesta contro la mafia da prima pagina.

Ci incontriamo alle sei di pomeriggio sui Navigli. A Milano il cielo è limpido: l’ideale per scattare delle belle foto a Claudio Santamaria, che vive qui in zona, con la moglie Francesca Barra e la loro famiglia allargata, i figli Emma, Greta, Renato e la piccola di casa, Atena, nata a febbraio, che dorme placida nella culla. Sul tavolo della cucina, Francesca prepara un panino per i ragazzi e poi giusto il tempo di stirare una camicia bianca e si va tutti insieme sul set all’aperto.

In strada Claudio, che è il protagonista della fiction di Canale 5 “L’Ora, inchiostro contro piombo”, al via per cinque serate da mercoledì 8 giugno in prima serata, è “marcato stretto” dai suoi cani, il labrador Zeus e la trovatella Luce. «Lui sembra un adolescente: dove lo metti sta. E mi somiglia, cammina come me. Lei invece è curiosa come Francesca, vuole sempre scoprire i fatti di tutti» scherza l’attore. Tra uno scatto e l’altro, i cucciolotti fanno il loro aperitivo rubando qua e là una fettina di salame agli avventori dei locali e poi si mettono in posa per la copertina di Sorrisi. Concluso il servizio, inizia il racconto della nuova avventura televisiva: la serie ripercorre, nella Palermo degli Anni 50, l’epopea del giornale “L’Ora”, il quotidiano fondato nel 1900 dalla famiglia Florio che in quel periodo iniziò a pubblicare scottanti inchieste contro la mafia.

Claudio, che lavoro ha fatto per diventare Antonio Nicastro, il protagonista ispirato a Vittorio Nisticò, direttore del quotidiano “L’Ora” dal 1954 al 1975?
«Con Piero Messina e gli altri registi ho fatto molte prove, cercando di lavorare sulla “scorza dura” di quest’uomo che va al sodo nella comunicazione con i suoi giornalisti. È un po’ ruvido, salta le buone maniere perché al centro di tutto mette la notizia, la ricerca della verità e della giustizia. Non scende a compromessi, ignora gli amici degli amici. Anzi, si fa solo dei nemici».

La storia è liberamente tratta dal romanzo “Nostra Signora della necessità” (Einaudi), scritto da Giuseppe Sottile che ha lavorato per anni a “L’Ora”. Vi siete incrociati?
«Sì, ed è stato proprio Peppino (il papà di Salvo Sottile, ndr) a ricordarmi che il suo direttore gli chiedeva sempre di portargli “la foto della mamma che piange”, perché il lettore doveva essere coinvolto emotivamente. Sul set ho avuto anche un incontro fugace ma molto commovente con Claudio Fava (figlio del giornalista Pippo Fava, ucciso da Cosa nostra nel 1984, ndr), uno degli sceneggiatori ma anche il presidente della Commissione regionale antimafia in Sicilia. È bastato uno sguardo. Mi ha detto solo: “Forza!”. E ho sentito su di me la responsabilità di far conoscere ai telespettatori una storia così importante».

È significativo che la serie vada in onda a 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio.
«Avevo 17 anni nel 1992 e ricordo quel momento di grande lutto, il sentimento di rabbia, di dolore, di paura. I giudici Falcone e Borsellino sono degli eroi, continuano a essere un simbolo forte e fonte di ispirazione. Vuol dire che non hanno perso, che la mafia non è riuscita a sconfiggerli. Sono fiero di poter dare il mio contributo da attore perché di mafia si continui a parlare. Nel periodo in cui è ambientata la fiction, la parola “mafia” non si poteva neanche pronunciare e invece Nicastro la sbatte in prima pagina».

Nicastro arriva in Sicilia da Roma e a “L’Ora” trova conti in rosso e giornalisti allo sbando. Ma alla fine con i colleghi formerà una “famiglia”. Lei come è stato accolto sul set?
«Si è creato un bel clima. A Palermo, città che amo, alloggiavo in pieno centro: ai Quattro Canti, a due passi da “Piazza della Vergogna”, come la chiamano i palermitani, perché in Piazza Pretoria, dove c’è la sede del Comune, le statue sono nude».

La fiction mostra un mondo editoriale che non c’è più: il rumore delle macchine per scrivere, il fumo delle sigarette in redazione.
«Però quelle che vedete nella fiction non sono sigarette vere, ma alle erbe. Una volta fumavo, ora non più».

Nicastro ha un look affascinante, con impermeabile e cappello. Si piace vestito così?
«Molto. Mi sono sentito a mio agio con i pantaloni a vita alta, fedeli all’epoca, ma riadattati dalla costumista perché avessero un’aria più contemporanea. Mi piacciono anche le cravatte eccentriche, danno l’idea di che giornale fosse “L’Ora”, un polo culturale che attraeva artisti del calibro di Louis Armstrong e Maria Callas».

Perché il suo personaggio beve latte in continuazione?
«Perché ha un’ulcera, quindi niente alcolici. Beve solo latte freddo, ne ha sempre un bicchiere sulla scrivania. Ho usato quello senza lattosio, ogni tanto aggiungevo un goccio di caffè per farlo diventare una specie di cappuccino».

Con i colleghi siciliani del cast ha assaggiato le specialità locali?
«Un’arancina e una brioche col gelato di rado, per non ingrassare».

Sarà difficile stare a dieta con le cose buone che cucina sua moglie Francesca...
«Per fortuna il mio fisico è abituato a fare la fisarmonica. Perché Francesca è una chef e i piatti del suo blog (Aocchioequantobasta.com, ndr) sono una tentazione».

C’è un piatto sfizioso che preparate insieme?
«I gyoza, i ravioli di carne e verdure giapponesi, ci vengono molto bene».

Guarderete la fiction con la vostra bella famiglia allargata?
«Sì, è un rito. Con tutti i figli ci piazziamo sul divano e ordiniamo la pizza. Mi rende orgoglioso condividere i risultati del mio lavoro con la famiglia».

Francesca è lucana, lei mezzo lucano e mezzo romano. Vi trovate bene al Nord?
«Benissimo, perché Milano è una città fattiva, dove sento che con Francesca abbiamo la possibilità di realizzare tanti progetti insieme».

Siete molto uniti, qual è il segreto della vostra complicità?
«Se è un segreto, è segreto (ride). Ho sempre desiderato incontrare una donna come Francesca. Mi corrisponde, mi comprende. Ciascuno di noi due rispetta, sostiene e valorizza il lavoro dell’altro. Il segreto è questo».

Qual è la prima cosa che vi dite al mattino, appena svegli?
«Continuiamo il discorso della sera prima. C’è un filo unico: “Ti stavo dicendo che ci tocca andare là domani... ah, buongiorno amore!”».

Avete appena fatto battezzare Atena. La bambina vi lascia dormire la notte?
«Come tutti i bambini... diciamo che è abbastanza brava».

Chi dei due si alza per darle il biberon e cambiarle il pannolino?
«Ci alterniamo, ma senza seguire “turni”. Mi piace prendermi cura della nostra bambina».

Tra un po’ andrete in vacanza. Destinazione?
«Un salto a Pantelleria lo faremo sicuro quest’estate e ci portiamo dietro anche i cani. Luce ci è già stata, per Zeus è la prima volta. Ci siamo innamorati di quest’isola e abbiamo preso una casa che rispetta la sua anima selvaggia. Sembra di stare sopra un animale preistorico, si vede la Tunisia, è un posto incantevole. Abbiamo anche un uliveto e produrremo il nostro olio, si chiamerà “Barrasantissima”».

E i suoi prossimi impegni professionali?
«Dopo aver finito le riprese del nuovo film di Stefano Cipani, “Educazione fisica”, sto girando la seconda stagione della serie tv “Christian” per Sky».

Lei è un attore camaleontico. C’è un ruolo che le darebbe tanta soddisfazione?
«Mi piacciono le storie in cui si realizzano i sogni. Sarebbe bello interpretare un cuoco di talento, oppure l’astronauta in un film di fantascienza».

Il suo Antonio Nicastro che domanda le farebbe per chiudere questa intervista?
«Forse, visto il suo amore per la verità, me ne farebbe una sul mio amore per il cinema. Mi chiederebbe: “Come scegli i tuoi film?”».

La risposta?
«Scelgo quelli che vedrei io. Perché il pubblico si fida di me e voglio ripagare la sua fiducia».

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