Il passaggio di testimone fra Terence Hill e Raoul Bova ha funzionato e la fiction appena conclusa ha ottenuto ascolti straordinari
Partiamo dalla fine, dalla notizia che tutti stavamo aspettando: al netto dell’ufficialità che arriverà presto, “Don Matteo 14” si farà, forte (anche) dell’ascolto record dell’ultima puntata: 34,3% di share, con quasi 6 milioni e 200 mila spettatori. E Raoul Bova ci sarà: «Sì, certo. È stato un buon inizio e mi sono trovato molto bene». Non solo: la serie, che dovremmo vedere nel 2024, continuerà ad avere lo stesso titolo nonostante il nuovo protagonista si chiami don Massimo perché, grazie allo stratagemma pensato dallo sceneggiatore Mario Ruggeri, nell’ultima puntata della stagione appena conclusa abbiamo scoperto che il nome di battesimo del nuovo parroco di Spoleto è in realtà Matteo, come il suo illustre predecessore, e che i suoi genitori l’hanno chiamato così proprio in suo onore.
«Continueremo a chiamarla “Don Matteo”» conferma Ruggeri, che ora può cominciare a pensare a nuovi intrecci e, forse, anche a nuovi personaggi per le prossime puntate: «Io sono un conservatore, li terrei sempre tutti. Ma, poi, dobbiamo fare i conti con la realtà e con le esigenze degli attori. Quando Terence Hill ci ha detto che era stanco, abbiamo cominciato a pensare a come fare senza di lui. Altre volte, invece, capiamo noi in che direzione dobbiamo andare. Nell’ultima puntata, per esempio, abbiamo visto il bacio tra la capitana e il pm Nardi: se dovessimo avere entrambi anche in futuro, dovremo pensare per loro a una storia più familiare e meno sentimentale».
Sulla presenza in futuro dei due innamorati, in realtà, non ci sono ancora certezze. Almeno per uno dei due: «Non è mai successo nella storia di “Don Matteo” che un pm sia rimasto per più di tre stagioni» osserva Maurizio Lastrico. «La relazione con la capitana, incluso il bacio che avete visto, apre a diverse possibilità. La loro storia è stata tirata a lungo ed è impensabile continuare con il tira e molla. Vedremo se gli sceneggiatori avranno un’idea talmente forte da farci andare avanti. Altrimenti “Don Matteo 14” avrà dei nuovi fan, felici di esserci stati per un po’. Del resto, la forza della serie sta nel format, non nei singoli personaggi, e nel lieto fine: sapere che c’è un mondo, pur se solo immaginario, in cui le cose vanno a finire bene, fa bene a chi guarda».
A proposito di lieto fine, i fan della serie stanno anche aspettando di sapere se il maresciallo Cecchini sposerà la sua Elisa: «Non lo so nemmeno io» esclama sorridendo Nino Frassica. «Lui è innamorato e si sente quasi pronto al grande passo, ma forse è ancora legato a Caterina, la sua prima moglie. È una cosa che, nella vita di tutti i giorni, capita a molti vedovi». Quel che è certo è che Cecchini continuerà a far parte della caserma di Spoleto ancora per un bel po’: «Finché ce la faccio, ci sarò. Per tutti noi “Don Matteo” è la fiction del cuore. Possiamo fare altri cento film ma non sarà mai come questa serie». Nella quale tra l’altro, in concomitanza con il passaggio di testimone tra Terence Hill e Raoul Bova, Frassica ha visto crescere ulteriormente il suo ruolo: «Mi hanno dato la responsabilità della commedia e sono molto contento. Così come lo sono dei risultati che abbiamo ottenuto. Con alcuni colleghi avevamo fatto il toto-share per l’ultima puntata ma nessuno aveva immaginato un numero così alto. Abbiamo superato anche le previsioni più ottimistiche. Possiamo dire che questa 13a stagione è stata una scommessa vinta, soprattutto per Raoul che era quello che rischiava di più».
Eppure, riprende Ruggeri, è stato proprio Bova la chiave del successo di “Don Matteo 13”: «La sua entrata ha rivitalizzato la serie. Il format è sempre quello, il protagonista è un prete che indaga, ma Raoul ha portato freschezza, dando nuova linfa anche agli altri personaggi». Con un successo che lo stesso Bova non si aspettava: «Per me sarebbe andata bene se fossimo rimasti sugli stessi numeri che “Don Matteo” aveva fatto fino al mio arrivo» ammette l’attore. «All’inizio ero fiducioso e avevo voglia di entrare dentro al meccanismo di questa serie perché mi dava serenità. Ci sono momenti della carriera in cui scegli progetti che sono fatti in un certo modo e la proposta di Luca Bernabei è arrivata, per caso, proprio al momento giusto. Però un po’ di paura ce l’avevo, come mi capita sempre quando devo confrontarmi con un personaggio nuovo. Nonostante questo, mi sono concentrato su don Massimo e non ho sentito molto la pressione».
La parola, che sarà inevitabilmente un “sì”, passa ora a Rai Fiction e alla Lux Vide. Per quest’ultima intanto parla il produttore Luca Bernabei, amministratore delegato della Lux Vide, Gruppo Fremantle, che definisce Bova «il nuovo condottiero che, con umiltà e grazia, è riuscito a conquistare un pubblico vasto ed eterogeneo. Il risultato dell’ultima puntata non era scontato, ma il pubblico ha premiato questa grande famiglia: “Don Matteo” continua a scaldare i cuori di milioni di persone anche dopo 22 anni, grazie alla fedeltà e all’amore di un gruppo di persone che da sempre si dedica a questa serie con passione».