Enrico Ianniello: «Nel mio caso possiamo dirlo: galeotto fu il set»

Il commissario Vincenzo Nappi indaga accanto a Daniele Liotti nella serie "Un passo dal cielo", dove ha trovato anche la donna della sua vita

Enrico Ianniello
15 Aprile 2021 alle 09:05

Con le donne è un vero disastro. Il commissario Vincenzo Nappi, protagonista di “Un passo dal cielo” fin dalla prima stagione (2011), è decisamente più a suo agio tra indagini e laghi alpini che nelle vesti di seduttore. Ed Enrico Ianniello si diverte a interpretarlo. «Non riesce a raggiungere una stabilità in amore, è uno che non fa calcoli» ammette l’attore casertano, che il pubblico ha apprezzato anche nella serie di successo “Il commissario Ricciardi” accanto a Lino Guanciale.

Enrico, ma cosa combina il suo commissario? Sta per sposarsi e si lascia baciare dall’organizzatrice del suo matrimonio (Serena Iansiti). Però dà buoni consigli all’amico Francesco Neri (Daniele Liotti)...
«Credo che il pubblico si sia affezionato a Vincenzo proprio perché è un buono e un pasticcione. Fa simpatia uno così, no?».

Ma anche lei è un pasticcione in amore?
«No, ironia del destino, se il mio personaggio vive altalene emotive, io al contrario sono molto stabile. Con Gabriella (Roca, la sua compagna, ndr) viviamo a Barcellona, stiamo insieme da dieci anni e da cinque abbiamo il nostro piccolo Lorenzo che ci riempie la vita».

Lei e Gabriella vi siete conosciuti proprio sul set di “Un passo dal cielo”.
«Sì, era la controfigura della mia ex, Silvia, interpretata da Gaia Bermani Amaral, nelle scene a cavallo. La cosa divertente è che alla fine mi sono ritrovato a baciare la controfigura. E da quel bacio è nata una storia d’amore».

Come mai avete deciso di vivere in Spagna?
«Non solo per stare vicino al mio primogenito (nato da una precedente relazione, ndr) ma anche perché lì ci troviamo bene. Viviamo in un piccolo paese poco distante da Barcellona e conduciamo un’esistenza tranquilla in un posto incantevole che ha tutto, collina e mare. Naturalmente per lavoro faccio sempre avanti e indietro con l’Italia».

Non le pesa stare così lontano dalla sua famiglia di origine?
«Ho fratelli più grandi con cui ho vissuto poco perché mi sono trasferito molto giovane a Firenze. E ho una sorella che, al contrario della sorella della fiction Giusy Buscemi, non è mai scappata dall’altare, tutt’altro (ride)! E poi abbiamo vite diverse. Sono legato ai miei familiari, ma li vedo raramente, ormai sono in Spagna da 17 anni».

Come ha fatto un uomo del Sud come lei, che vive in Spagna, ad adattarsi alle fredde montagne del Nord?
«Semplice: ho usato la tecnica dei napoletani. Avendo avuto la fortuna di incontrare amici sul set e anche fuori, mi sono subito ambientato. Il napoletano quando si trova a proprio agio dà il meglio di sé. Noi campani ci adattiamo a tutto e riusciamo a farci apprezzare».

E la voglia di pizza... con cosa l’ha sostituita?
«Con i casunziei delle Dolomiti alle rape rosse».

Lei è uno di quegli attori che hanno raggiunto la popolarità a 40 anni. Che sapore ha il successo quando arriva che non si è più giovanissimi?
«Non ho mai smesso di fare teatro e di dedicarmi alla scrittura e alla traduzione di testi teatrali. È stata la televisione a “mettersi a camminare” in parallelo con la mia carriera. La popolarità non mi ha cambiato per niente, anzi ne ho sempre colto l’aspetto ironico. Quando incontro le persone, mi accorgo che tendono ad aprirsi, mi raccontano le loro cose, i loro guai. Per indole a me piace l’anonimato e vivere in Spagna si concilia con questo mio desiderio di stare nell’ombra».

Crescendo a Caserta ha avuto la fortuna di lavorare con artisti importanti…
«Mi sono formato alla scuola di Toni, Peppe e Paola Servillo. È stato un grande gruppo del quale fanno parte Antonio Pascale, Francesco Piccolo, Roberto Saviano…».

La “squadra dei casertani” nell’arte e nello spettacolo.
«Sì, è stata un’esperienza meravigliosa anche perché abbiamo gestito il teatro di Santa Maria Capua Vetere organizzando tanti spettacoli. Ci sentiamo spesso e, quando è possibile, cerchiamo di lavorare insieme».

Tornando a “Un passo dal cielo”, ci può raccontare un aneddoto di questa sesta stagione? L’abbiamo vista alle prese con elicotteri in luoghi impervi…
«Appunto, ce n’è uno che non dimentico. In una scena ero salito per la prima volta a bordo di un elisoccorso guidato da un signore che sembrava portasse un’Ape. A un certo punto, ci solleviamo di duemila metri e poi scendiamo in picchiata in un crepaccio. Vulevo morì (ride)!».

Ora si prenderà una pausa?
«Macché. Il 15 giugno debutto a Barcellona a teatro con “Filumena Marturano” nel ruolo di Domenico Soriano. Tutto rigorosamente in lingua: non napoletana, ovvio, ma un riadattamento in versione catalana».

E poi la rivedremo nei panni del medico antifascista Bruno Modo in “Il commissario Ricciardi”, di cui è attesa la seconda stagione.
«Sì. Le riprese cominceranno l’anno prossimo. Credo che il mio personaggio continuerà a essere amato perché ha la serenità necessaria per dire quello che pensa senza troppi problemi. E lo abbiamo visto (nella prima stagione il dottor Modo è stato arrestato per le sue idee politiche, ndr) che essere troppo trasparenti e diretti porta guai…».

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