“Fino all’ultimo battito”, Marco Bocci: «Ho letto il copione e ho detto: è la fiction per me»

Su Rai1 interpreta un chirurgo diviso tra l’amore per il figlio e i ricatti della mala

Violante Placido, Marco Bocci e Bianca Guaccero
18 Settembre 2021 alle 08:29

Marco Bocci, dopo tanti personaggi interpretati in tv, al cinema e a teatro, stavolta, e per la prima volta, indossa il camice del dottore e su Raiuno diventa un grande cardiochirurgo, Diego Mancini, che si trova suo malgrado a fare i conti con un figlio gravemente malato proprio di cuore. Per salvargli la vita Diego infrange le regole e precipita nelle grinfie e nei ricatti della malavita.

La serie, sei serate a partire dal 23 settembre, s’intitola “Fino all’ultimo battito”, è prodotta da Luca Barbareschi, diretta da Cinzia TH Torrini ed è stata girata in Puglia quasi un anno fa.

Marco, come è andato l’incontro con il medico Diego Mancini?
«C’è stata grande attrazione da subito, da quando ho letto la prima volta la storia e il personaggio».

Attrazione per cosa?
«È una di quelle storie che leggi e non riesci a smettere, racconta la vita di un medico, le sue scelte e le conseguenze che subisce in base alle scelte che ha fatto. Diego parte in un modo, si sente un dio, un eroe, è bravo, orgoglioso, pieno di sé, e piano piano si trasforma, è costretto ad ammettere le sue imperfezioni e le sue fragilità».

Mentre girava ha detto: «Dalla primissima lettura mi ha dato un’emozione importante».
«La serie ti costringe a pensare a quanto sia complicato proteggere i propri cari, la propria famiglia, i propri figli a 360 gradi sia da persone che possono minacciarli, sia dalle fatalità che possono mettere in discussione la nostra esistenza. Questa è una serie che in maniera diretta e molto evidente tira fuori queste cose, ti emoziona per forza».

Si è chiesto cosa avrebbe fatto al posto di Diego?
«Credo che avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui, questo è il vero punto di unione fra me, Marco, e il personaggio Diego, che dopo quella scelta si trasforma totalmente. In questo c’è qualcosa che ci unisce».

Alla fine si ama o si odia questo personaggio?
«Ci sarà un grande conflitto. Si capirà quello che ha fatto, ma molto spesso si odierà. Non riesci a non entrare in empatia con lui, ma nello stesso tempo rifiuti quello che fa. C’è una grande difficoltà nel provare a prendere posizione».

Essere a sua volta padre di due bambini l’ha mai posta di fronte a scelte difficili?
«Nel mio lavoro è un continuo. Per quanto sia innamorato del mio mestiere quando hai una famiglia e dei bambini non segui semplicemente la passione per la carriera».

Ci sono ruoli che ha scartato per loro?
«Ho rinunciato a progetti che seppure in qualche modo mi appassionavano però mi avrebbero portato via tanto tempo e lontano dalla famiglia».

E lavori che ha accettato per i suoi figli?
«Personaggi adatti anche a loro me ne sono capitati pochi finora, i bambini sono ancora piccoli. Elia ha 6 anni e si spaventa subito, basta che parta la musica di un film di azione. Pablo invece, il più piccolo, si è visto il mio film “Bastardi a mano armata”, ha già capito che è finzione, non si lascia influenzare da quello che vede».

È la prima volta che interpreta il ruolo di un medico.
«Sì, ed è stato molto interessante. È stata l’opportunità di conoscere in maniera diretta quello che fanno i chirurghi. Anestesisti veri e chirurghi veri, con degli strumenti e un manichino, mi hanno insegnato passo dopo passo come si taglia con un bisturi o come si usa un divaricatore per aprire il costato. Mi ha molto colpito il loro talento e la freddezza quando hanno a che fare con delle vite umane mentre fuori ci sono delle famiglie che aspettano».

Con i medici ha avuto a che fare da paziente tre anni fa, quando è stato ricoverato per una grave infezione.
«Sono i medici che mi hanno salvato, ti affidi a loro, non hai alternative. Per me è stata un’esperienza strana e particolare, non mi ricordo nulla, non perché abbia rimosso, ma proprio in quel periodo ho avuto un danno che non mi permetteva di immagazzinare le cose che avvenivano intorno a me, ho ricordi vaghissimi e lontanissimi, ogni tanto mi vengono in mente delle cose, degli sprazzi».

Cosa ne pensa di una certa sfiducia nella medicina che oggi serpeggia sui social?
«Sono tutte chiacchiere. Uno ce l’ha fin quando non ha bisogno dei medici.Quando ne hai bisogno vedi come ti affidi».

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