«I Bastardi di Pizzofalcone», parla Tosca D’Aquino

L'attrice che interpreta Ottavia nella fiction di Rai1 è felice di questo personaggio: «Finalmente un ruolo diverso, solo lavoro e computer»

Tosca D'Aquino
23 Gennaio 2017 alle 12:12

Parlare con Tosca D’Aquino è un po’ come affrontare un fiume in piena (di parole). E pensare che il suo personaggio nella serie tv di Raiuno, la vice sovrintendente Ottavia, è tutt’altro che chiacchierone.

Tosca, come si trova tra «I bastardi di Pizzofalcone»?
«Sono stata una lettrice appassionata dei romanzi di Maurizio de Giovanni (a cui si ispira la serie, ndr), li ho tutti. Il giallo è un ingrediente all’interno di una struttura più vasta. Ti innamori dei personaggi, delle loro vite e di Napoli».

Da lettrice, con quale personaggio si era identificata?
«Con Letizia, la proprietaria della trattoria dove l’ispettore Lojacono (Alessandro Gassmann, ndr) mangia quasi sempre. Ma sarebbe stato quasi scontato: la Tosca che cucina, un po’ procace, un po’ caciarona».

E invece l’hanno scelta per il ruolo della ligia Ottavia.
«È un personaggio pieno di sfaccettature. Ha un marito “perfettino” e un figlio con un serio problema, eppure non si lamenta mai, tiene tutto per sé. È poco d’azione, sempre seduta, con la camicia stirata, non dice brutte parole. È tutta casa e computer insomma».

Già, una maga del computer. Lei con la tecnologia come se la cava?
«Negata! Sul set hanno dovuto insegnarmi a usarlo perché quando le prime volte digitavo sulla tastiera si vedeva proprio che non ero abituata».

Non frequenta i social network?
«Non ho Facebook e da poco mi sono iscritta a Instagram per pubblicare le foto, ma solo quelle ufficiali. Adoro avere una vita privata. Abbiamo fatto tante lotte contro i paparazzi e poi c’è chi mette in rete qualunque foto».

Cosa ritrova della sua Napoli in questa serie tv?
«È una Napoli molto elegante e molto bella. Spesso si parla solo di bassifondi e violenza, invece Napoli è piena di cultura e di arte, di chiese barocche, musei e biblioteche. Ora sta vivendo un momento di grande vitalità, c’è una movida che sembra di stare a Barcellona».

Perché lei è l’unica della squadra a indossare la divisa?
«Gli altri escono per fare le indagini e devono essere vestiti in borghese. Ottavia lavora in commissariato, dove rappresenta la legge».

Questa divisa non «imbriglia» un po’ il suo carattere vivace e allegro?
«Certo! Nel momento in cui indossi la divisa ne senti tutto il peso. Io l’ho vissuto come un’investitura».

Non le era mai capitato prima nella sua carriera?
«Sì, nel film di Vincenzo Salemme “Volesse il cielo!” (uscito nel 2002, ndr), anche lì ero una poliziotta, ma di tutt’altro genere. Facevo pure uno spogliarello perché Salemme, in una fantasia erotica, mi immaginava così».

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